Lo scorso 12 dicembre si è tenuta al Teatrino della Fondazione Bracco a Milano la presentazione del libro “Il mistero dell’angelo perduto” di Paolo Jorio e Rossella Vodret, edito da Skira nella collana StorieSkira diretta da Eileen Romano.
A fare da moderatore c’era il giornalista del Corriere della Sera Pierluigi Panza che ha esordito raccontando in breve la storia della prima versione del “San Matteo e l’angelo” di Caravaggio, dipinta nel 1599 per completare il “trittico” dedicato al santo nella Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma, al centro tra la “Vocazione” e il “Martirio”.
Un Caravaggio rifiutato
L’opera venne però rifiutata dalla Congregazione della chiesa. Dal 1815 si trovava nei Musei di Berlino, per andare perduta (distrutta?) alla fine della seconda guerra mondiale nel rogo di Berlino. La seconda versione è quella che ancora oggi ammiriamo nella cappella Contarelli.
Come è nata l’idea di scrivere un libro di fiction su quest’opera di Caravaggio?
Ha risposto Rossella Vodret, specialista della pittura romana del primo Seicento, già curatrice presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica e soprintendente per il patrimonio storico-artistico di Calabria, Puglia, Lazio e del Polo Museale Romano, nonché curatrice della mostra “Dentro Caravaggio” allestita a Palazzo Reale, prodotta dalla stessa Skira (soit dit en passant: è stato prorogato il periodo di apertura della mostra che chiuderà a febbraio invece del 28 gennaio 2018 come previsto), raccontando di una cena a casa sua quando parlò del quadro all’amico Paolo Jorio.
Il quadro era stato sistemato, insieme a numerose altri, in una delle torri di cemento armato (Flaktürme) fatte costruire da Hitler per proteggere le opere d’arte durante la guerra.

Il rogo di Berlino
Nel maggio del 1945, a guerra praticamente conclusa (Hitler si era suicidato il 30 aprile), la torre subì un incendio di vari giorni che distrusse le opere in essa conservate. Tra gli storici dell’arte girava però da tempo la storia secondo la quale il quadro si sarebbe salvato, per finire poi al Museo Puškin di Mosca.
In un’altra torre era conservato il cosiddetto “Tesoro di Priamo”, rispuntato appunto a Mosca nel 1993. Quella della sopravvivenza del “San Matteo e l’angelo” era una diceria talmente consolidata che Irina Antonova, la storica direttrice del museo moscovita (alla sua guida per oltre mezzo secolo), dovette smentirla in un’intervista a un settimanale italiano.
Una sera a cena la Vodret riferì la diceria a Jorio che si mise a scrivere. Chiamato in causa, Paolo Jorio, autore, regista e conduttore di programmi radiofonici, dal 2003 direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli, ha corretto il ricordo del “concepimento” del libro: la cena si tenne in realtà a casa sua, a Napoli, un 31 dicembre salutato da un’inedita nevicata (dev’essere stato il 2014, ndr).
I fatti storici raccontati nel romanzo sono tutti veri. Pagina dopo pagina si dipana un percorso d’arte che tiene insieme l’Italia (in particolare Capri), la Francia, la Germania e l’Unione Sovietica. “L’arte unisce” e “la storia si ripete” sono due convinzioni di Jorio attorno alle quali è intessuta la trama del libro.
Jorio ha poi ricordato le due mostre organizzate da Goebbels, una sull’arte germanica e l’altra sull’arte degenerata. Fu quest’ultima a riscuotere maggior successo, a dimostrazione che le dittature non sempre riescono a manovrare le masse per ottenerne il consenso…
I tre protagonisti del romanzo si conoscono a Berlino nel 1936, in occasione delle Olimpiadi. Helmut è un esperto d’arte al servizio del Terzo Reich. Vika e Olia, invece, sono rispettivamente l’addetta culturale dell’ambasciata sovietica a Berlino e la capo delegazione francese. L’opera di Caravaggio fa da trait-d’union tra i tre personaggi…
Caravaggiomania
“Ma perché Caravaggio suscita tanto interesse nel pubblico?” ha chiesto Panza.
Ha risposto l’ex soprintendente: prima di tutto perché è uno straordinario pittore, con qualcosa di più rispetto agli altri artisti. I protagonisti dei suoi quadri sono persone reali, dipinte in scala 1:1. Lo spettatore, guardandole, tende a immedesimarsi con loro.
Lo sfondo scuro dei suoi quadri fa concentrare l’attenzione sui personaggi e sull’azione che stanno compiendo. Giuditta, per esempio, è colta nell’atto di decollare Oloferne, rappresentato nell’attimo di trapasso tra la vita e la morte. Gli occhi sono già rivoltati, ma la mano sinistra ancora stringe il lenzuolo del letto.
Caravaggio, inoltre, inseriva nelle composizioni almeno un elemento che spezzasse la cornice per dare movimento e tridimensionalità alla scena, come lo sgabello in bilico su cui poggia il ginocchio San Matteo nella seconda versione del quadro, quella superstite. Tutti questi accorgimenti stabiliscono un legame, un contatto diretto con lo spettatore.
Contatto che il pubblico non mancherà di apprezzare nella mostra milanese. E tra le pagine de “Il mistero dell’angelo perduto”.
Saul Stucchi
- Paolo Jorio e Rossella Vodret
Il mistero dell’angelo perduto
Skira – StorieSkira
2017, 133 pagine, 16 €