
Isak: Da qualche tempo faccio di continuo dei sogni strani. Ci sarebbe da ridere…
Marianne: Ridere di cosa?
Isak: Beh, è come se volessi dire a me stesso qualcosa che non voglio ascoltare da sveglio.
Marianne: E che cosa sarebbe?
Isak: Che sono morto pur essendo vivo.
La Morte. Trovarsi faccia a faccia con la Morte. E, rivedere la propria vita. Parliamo del film “Il posto delle fragole” di Ingmar Bergman.
Il professor Isak Borg parte da Stoccolma per raggiungere Lund dove verrà onorato per il giubileo della sua carriera medica. La trama è tutta in questa giornata di viaggio, fatta di vari incontri, ma anche, e soprattutto, di momenti del passato che riappaiono.
Sentendosi vicino alla fine, il professore traccia il bilancio della sua esistenza: si trova di fronte a persone che lo ammirano e che lo amano e a persone che lo detestano, che lo giudicano egoista, disinteressato o sciocco. Rievoca episodi della giovinezza e il primo amore, sbocciato al tempo delle “fragole selvatiche” (questo è il titolo originale).
La pellicola è costruita in modo che la memoria s’intrecci con la realtà: a differenza di altre opere di Bergman, non c’è nulla di oscuro e i pochi simboli che la percorrono sono sempre molto chiari.
“Il posto delle fragole” è un film sul tempo, protagonista del racconto e sul cambiamento che opera in noi; sulla paura della morte e sulla maschera che l’uomo si mette per risolvere le sue crisi, nascondendo le passioni e i dolori. Così, la solitudine a cui l’anziano medico si è volontariamente condannato, viene superata nel momento in cui Borg prende consapevolezza della negazione che, con gli anni, ha operato alla dimensione affettiva.
“Il posto delle fragole” è cinema di immagini: la splendida fotografia in bianco e nero di Gunnar Fischer fa da corollario alle suggestive parti oniriche, alle dissolvenze che alternano passato e presente.
Le chiavi di lettura sono molteplici: dalla analisi dei rapporti di coppia e della famiglia, alla tematica religiosa, al concetto del tempo, appunto, fino alla interpretazione psicoanalitica. Il sogno che c’è all’inizio avrebbe fatto felice Freud, se fosse stato ancora in vita: città senza figure umane, orologi privi di lancette e un carro funebre che si rovescia mostrando al dottor Borg il suo stesso cadavere…
Il film era stato pensato da Bergman durante una lunga convalescenza al Karoilinska Sjukhuset, ispirandosi alla rigida figura paterna. Il regista svedese, figlio di un pastore protestante, aveva ricevuto un’educazione improntata ai principi della religione luterana di “peccato, confessione, punizione, perdono e grazia”. È lui stesso a confessare che l’opera rappresenta una richiesta di aiuto nei confronti dei suoi genitori, una sorta di desiderio di essere ascoltato e capito.
La pellicola ha consacrato il genio di Bergman: a nemmeno quarant’anni, viene già considerato uno dei maestri della settima arte. “Il posto delle fragole” vince l’Orso d’Oro a Berlino, il premio della critica a Venezia e ottiene diversi altri riconoscimenti in giro per il mondo.
Nota: Il cast del film presenta quasi tutti gli attori cari a Bergman. Il protagonista, Victor Sjöström, è un nome illustre del cinema svedese, nonché maestro professionale di Bergman. Sjostrom (1879-1960) morì tre anni dopo le riprese.
L.D.S.