• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Passa al piè di pagina
  • Luoghi
    • Italia
    • Europa
    • Mondo
    • A letto con ALIBI
  • Mostre
    • Arte
    • Fotografia
    • Storia
  • Spettacoli
    • Teatro & Cinema
    • Musica & Danza
  • Biblioteca
  • Interviste
  • Egitti

Alibi Online

Voi siete qui: Biblioteca » “Il pianeta delle piante”: Stefano Mancuso all’Auditorium

23 Febbraio 2025

“Il pianeta delle piante”: Stefano Mancuso all’Auditorium

Ieri sera, sabato 22 febbraio, all’Auditorium di Milano si è tenuto un evento dal titolo Il pianeta delle piante. Organizzato in collaborazione con la rivista Focus, si è trattato di un concerto – dialogo (o dialogo – concerto), terzo dei quattro appuntamenti in cui si articola il calendario del programma Intersezioni. Dialoghi di musica e altre discipline.

Ospiti della serata lo scienziato e divulgatore Stefano Mancuso e il compositore Nicola Campogrande che hanno dialogato non soltanto tra loro, ma con l’Orchestra Sinfonica di Milano, diretta da Nicolò Jacopo Suppa, con Claudio Bonfiglio al pianoforte.

Stefano Mancuso e Nicola Campogrande al concerto - dialogo "Il pianeta delle piante" all'Auditorium di Milano

«L’applauso che ci avete tributato è tutto per Mancuso e per il maestro Suppa», ha celiato Campogrande a inizio serata, per poi passare a illustrare come si sarebbe svolto il programma. Sarebbe stata un’esplorazione del rapporto tra musica (e musicisti) e natura. A cominciare da Beethoven, che amava passeggiare nella natura ed era solito prendere appunti durante queste sue camminate. Quegli appunti possono essere utilizzati come traccia per comprendere il suo modo di comporre.

A questo punto l’orchestra ha suonato il primo movimento della Sinfonia 6 “Pastorale” (1807-1808), al termine del quale “assaggio” Campogrande ha esclamato «se gli stuzzichini fossero sempre così!», elogiando la qualità della musica e dell’esecuzione.

Per introdurre il suo intervento, Mancuso si è rifatto alla piramide dei viventi (una concezione molto aristotelica della natura), secondo la quale noi umani saremmo sul gradino più alto della scala. In fondo ci sarebbero le pietre che si limitano a esistere. Un gradino sopra le piante che vivono; ancora più in alto gli animali che sono esseri senzienti, ma soltanto gli uomini hanno la facoltà dell’intelletto e dunque sono i dominatori del mondo naturale. In qualche modo, ha aggiunto il botanico, ci percepiamo al di fuori della natura, ma le cose stanno molto diversamente.

Homo sapiens è comparso soltanto 300 mila anni fa e in un lasso di tempo così breve – in termini assoluti – ha rivoluzionato l’esistenza dell’intero pianeta. L’aspettativa di vita media di una specie è di circa 4/5 milioni di anni. Attualmente è difficile immaginare come potremo proseguire a lungo con lo stile di vita che abbiamo. «Siamo l’ignominia delle specie viventi», ha detto Mancuso, sottolineando la differenza rispetto alle altre specie il cui comportamento è mosso dall’obiettivo della conservazione della specie stessa.

In un tempo brevissimo noi umani siamo diventati una specie urbana. Nel 1970 solo il 30% della popolazione mondiale viveva in città, mentre il restante 70% viveva in ambiente rurale. Oggi, in Italia, ben il 76% della popolazione vive in città e non siamo il Paese con la percentuale più alta: diversi Paesi occidentali superano quota 80%!

Al dialogo tra lo scienziato e il compositore si intrecciava quello tra le loro parole e la musica. È stata poi la volta dell’opera Urban Gardens for piano and orchestra dello stesso Campogrande che l’ha introdotto con un pizzico di ironia (uno degli elementi che ha reso piacevolissima la serata, oltre ovviamente alla qualità della musica e alla profondità delle considerazioni espresse dai due ospiti).

Mancuso ha molto apprezzato la composizione del maestro Campogrande, rivelando che era la seconda volta che l’ascoltava. Aveva infatti avuto il privilegio di ascoltare le prove prima del concerto. E così ha potuto osservare un dettaglio che è diventato uno degli aneddoti più interessanti dell’incontro. Forse non tutti sanno, ha detto, che gli orchestrali non possiedono gli spartiti che hanno davanti: appartengono all’editore. Durante le prove i musicisti li riempiono di segni e annotazioni. Gli spartiti diventano così archivi di indicazioni e informazioni. Sono la memoria condivisa dell’esecuzione di quella musica.

È proprio quello che fa la natura: condividere. Un insegnamento fondamentale che purtroppo stiamo perdendo. Pensiamo a quanto sta avvenendo con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ne esistono due modelli: uno aperto alla partecipazione di tutti e l’altro invece chiuso, esclusivo della società che ne è proprietaria. Ma come sarebbe oggi la medicina se si fosse imposto un modello chiuso e noi potessimo usare solo strumenti scientifici fermi alla metà dell’Ottocento?

Concerto "Il pianeta delle piante" all'Auditorium di Milano

La musica, ha sottolineato Mancuso, è l’arte più vicina al funzionamento della natura, della vita stessa. E il progredire delle arti ricorda la memoria delle piante. È una memoria fisica. Un albero millenario ha mille anelli concentrici, ciascuno dei quali conserva informazioni su quell’anno: il tasso di umidità, se ha fatto caldo o freddo, se ha subito attacchi da agenti patogeni… In breve: è un archivio che conserva una memoria dettagliata.

E poi ancora musica di Campogrande e ancora Beethoven, con la chiusa della Pastorale.

L’ultima parte del suo intervento – quasi un discorso “da sindaco” (nel senso più nobile del termine, sia chiaro) – Mancuso l’ha dedicata al futuro delle città. Il riscaldamento globale e il numero di morti per calore sono allarmanti. Raffreddare le città è una priorità assoluta e una soluzione pressoché obbligatoria è quella di ricoprirle letteralmente di alberi. Piantarne qualche migliaia ha un impatto soltanto estetico. Per produrre un risultato apprezzabile dobbiamo ragionare in termini di centinaia di migliaia o addirittura di milioni di piante.

È proprio su questo tema che si chiude il suo libro Fitopolis, la città vivente (Laterza, 2023), da cui prendo le ultime righe:

Ho una grande fiducia nelle capacità della nostra specie di auto-organizzarsi: se si chiude una strada al traffico, si troveranno autonomamente le alternative più efficienti. Non è necessario che le amministrazioni aggiustino tutto fin nei dettagli: la loro funzione principale, oggi, è rendere le città resistenti al riscaldamento globale e coprirle di alberi è una delle poche cose sagge che si possano fare”.

Saul Stucchi

Tweet
Share
0 Condivisioni

Archiviato in:Biblioteca

Barra laterale primaria

Articoli recenti

  • “Jünger. Una biografia letteraria e politica”
  • “La ballata dell’ultimo ospite” di Peter Handke
  • “Zombie contro zombie – One Cut of the Dead”
  • Capire il mondo tra “Tecno-archía” e “Buio americano”
  • Da Araba Fenice “Alberi maestri. Un bosco di storie”

Footer

INFORMAZIONI

  • Chi siamo
  • Contatti
  • Informativa privacy & Cookie

La rivista online

ALIBI Online è una rivista digitale di turismo culturale, diretta dal giornalista Saul Stucchi. Si occupa di mostre d'arte, storia e archeologia, di cinema e teatro, di libri di narrativa e di saggistica, di viaggi in Italia e in Europa (con particolare attenzione alle capitali come Parigi, Madrid e Londra). Propone approfondimenti sulla cultura e la società attraverso interviste a scrittori, giornalisti, artisti e curatori di esposizioni.

Copyright © 2025 · ALIBI Online - Testata giornalistica registrata al Tribunale di Milano; reg. n° 213 8 maggio 2009
Direttore Responsabile Saul Stucchi