Fino al 19 ottobre è in cartellone al Teatro I di Milano, in prima nazionale, lo spettacolo Non correre Amleto, opera di Francesca Garolla, per la regia di Renzo Martinelli. In scena Milutin Dapčevic ed Elena Ghiaurov, separati soltanto da una fila di mattoni ma incapaci di comunicare tra loro. Ma si può comunicare la morte? E addirittura arrivare a comprenderla? No, evidentemente no. Soprattutto quando arriva all’improvviso, senza giustificazione, stupidamente.
“29 maggio 1993” c’è scritto sull’immensa lavagna che campeggia sullo sfondo della scenografia. È il rapporto, incompleto e confuso, di un esame autoptico condotto in assenza della salma, il report di un’indagine che non potrà condurre ad alcuna verità processuale. Perché di un delitto stiamo parlando. Quel giorno, infatti, cinque cooperanti italiani vennero assaliti da miliziani in una remota località dell’ex Jugoslavia.
Eppure avevano ottenuto tutti i visti e i permessi necessari per passare indenni: avevano il simbolo della Croce Rossa! Ma la morte attendeva tre di loro. Era destino che morissero uccisi come conigli che saltano nella brughiera? Era inevitabile? Perché quattro di loro si misero a correre e l’ultimo invece rimase fermo? E se invece di usare i piedi avessero usato la testa, si sarebbero salvati? Impossibile rispondere a queste domande che in realtà sono dubbi amletici, secchi lanciati negli abissi del pozzo della realtà da cui più non risalgono.
Certo, i dettagli, nelle tragedie, sono importanti. Ma se pur chiariscono qualche aspetto del dramma (Chi? Quando? Dove?), non arrivano a spiegare il perché? Il perché non si può mai ridurre dentro le caselle dell’oggettività. Sfugge. I fantasmi compaiono malandrini per sollecitarci all’indagine, ma i nostri sforzi sono vani, si arrestano di fronte alla barriera del “perché?”, insormontabile come la fila di mattoni che divide i due attori in scena. Molto bravi a interagire nella separazione (consentitemi l’espressione a ossimoro) e a rendere le mille sfumature emotive provocate da ogni tragedia (e qui è davvero Amleto il punto di riferimento): dalla disperazione all’ironia, naturalmente tragica, passando per l’incredulità e la rabbia.
Non mancano infatti i momenti comici, con la sottolineatura sarcastica di alcuni dettagli. Uno dei due sopravvissuti, per esempio, si è salvato nascondendosi in un fiume, come Rambo. E Ofelia. Ma la nota principale è quella che replica il lamento di chi rimane, impotente, orfano della verità prima ancora che della persona amata, del parente, dell’amico. Di chi vorrebbe mettere in guardia i cinque malcapitati, ricordando loro che si ha la responsabilità di sé, ma anche degli altri.
Ma se anche fosse possibile comunicare con loro, a nulla servirebbe. Ricordate il racconto della morte di Cambise nelle Storie di Erodoto? Un oracolo aveva preannunciato al re persiano che sarebbe morto a Ecbatana ed egli era convinto di morire in tarda età nella città della Media, “dove era il centro di tutta la sua potenza”, la capitale estiva degli Achemenidi. Dunque si stupì, ma in fondo neppure troppo, quando scoprì che la città della Siria in cui si era mortalmente ferito a una gamba si chiamava anch’essa Ectabana. La morte lo aspettava puntuale lì, dove sarebbe arrivato anche senza correre.
Saul Stucchi
NON CORRERE AMLETO
di Francesca Garolla
regia Renzo Martinelli
con Milutin Dapčevic e Elena Ghiaurov
suono Fabio Cinicola
luci Mattia De Pace
produzione Teatro i con il contributo di Regione Lombardia / NEXT
Dal 23 settembre al 19 ottobre 2015
PRIMA NAZIONALE
Orari: lunedì, giovedì, venerdì ore 21.00; mercoledì e sabato ore 19.30; domenica ore 17.00.
Martedì riposo
Durata: 70′ (senza intervallo)
Biglietti: intero 18 €; ridotti 12 – 11.50 – 9 – 7 €
TEATRO I
via Gaudenzio Ferrari 11
Milano
Info e prenotazioni:
Tel. 02.8323156 – 366/3700770
www.teatroi.org