Al Círculo de Bellas Artes di Madrid fino al 22 maggio si può visitare la mostra fotografica Danubio. È un reportage realizzato dal fotografo madrileno Paco González San Agustín sul più lungo fiume dell’Unione Europea o, più precisamente, sull’ormai classica opera di Claudio Magris, di cui ricorre quest’anno il trentesimo anniversario della pubblicazione.
L’incerta origine del fiume sembra rispecchiarsi anche nel percorso espositivo. Entrando nella sala si ha infatti l’impressione di essersi persi qualcosa e invece no: la mostra inizia proprio così. La prima foto raffigura tre clienti al tavolo di una birreria di Donaueschingen, quasi a suggerire che la birra sia meglio dell’acqua, di sicuro di tutte le polemiche e i dibattiti sulla fonte (a cui contribuì anche la Rivoluzione francese).
Le foto sono state scattate tra l’estate del 2012 e la primavera del 2015. Le ricche didascalie sono brevi racconti che aprono finestre sulla storia e sulla geografia dei luoghi immortalati, come Sigmaringen. Oggi sembra un luogo tranquillo, ma verso la fine della seconda guerra mondiale ospitò per alcuni mesi il Maresciallo Pétain, mentre le forze naziste si ritiravano. Chissà, si chiede il fotografo, se lo scrittore Céline abbia letto l’epigrafe murata nel castello che recita: “domi manere convenit felicibus” (ovvero: alle persone felici conviene starsene a casa).
Il Danubio e la Germania… Ha scritto Magris:
Il fiume “bisnominis” come lo chiamava Ovidio, trascina la civiltà tedesca, col suo sogno dell’odissea dello spirito che torna a casa, verso oriente e la mescola ad altre civiltà, in tante meticce metamorfosi nelle quali la sua storia trova il suo compimento e la sua caduta.
E poi Ratisbona con la sua stazione ferroviaria e Ulm col Museo del Pane. Il fiume fa delle comparse veloci, a tratti. Ho contato otto foto grandi e medie in cui lo si vede o intravede, su circa sessanta immagini. Quelle esposte sono foto delle città toccate dal Danubio, dei loro luoghi importanti o simbolici, monumenti, caffè, persone, strade e piazze.
Un’immagine restituisce lapidi con foto di nostri connazionali, scattate in momenti di feste o in altre occasioni. È molto forte e intenso il contrasto con il campo di concentramento di Mauthausen…
Il viaggio prosegue ed eccoci a Vienna, incrocio, luogo d’ingresso e d’uscita di migranti di ieri e di oggi. Si moltiplicano i riferimenti a scrittori, da Magris a Céline, da Joseph Roth a Musil. Ciascuno di loro ha vissuto un “proprio” Danubio.
Alla parete di fondo sono appese foto di formato più piccolo e, sotto, ci sono cartoline in bianco e nero anch’esse con fotografie di paesaggi, scattate (sembra) dal treno.
E ancora Bratislava e Pécs. A Mohács nel 1526 gli Ottomani sconfissero l’esercito ungherese guidato dal re Luigi II; ma poi le presero nel 1687 dagli imperiali asburgici. Budapest dà la sensazione di città sicura di se stessa, del suo ruolo e della sua bellezza. Storia e geografia s’incrociano.
Belgrado ha cambiato nome almeno dieci volte e le foto di González San Agustín immortalano monumenti e testimonianze di un passato spesso tragico.
Ma poi arriva il delta. Qui finalmente il fiume può sentirsi libero di essere se stesso e non frontiera (come era per i Romani) o difesa (come era per l’Impero Asburgico). È il trionfo della natura, ma non va sottovalutata la presenza dell’uomo e il suo ruolo di regolatore dei flussi d’acqua.
Saul Stucchi
Francisco González San Agustín
DANUBIO
Fino al 22 maggio 2016
Círculo de Bellas Artes
Madrid
Informazioni:
www.circulobellasartes.com