Ultimi giorni per visitare la mostra Carlo II: Arte e Potere alla Queen’s Gallery di Londra: chiuderà infatti i battenti il prossimo 13 maggio. Fortunati quelli che hanno avuto l’opportunità di vederla insieme all’esposizione che la Royal Academy of Arts ha dedicato a Carlo I (chi scrive queste righe è tra loro). Secondo pannello di un dittico straordinario sulla dinastia Stuart, la mostra su Carlo II si concentra sulla figura del sovrano che ha restaurato la monarchia dopo la parentesi repubblicana sotto l’egida di Oliver Cromwell.

Il percorso espositivo si può sommariamente dividere in due parti, con la prima che vale da introduzione storica e la seconda che dà conto del rapporto del sovrano con il mondo dell’arte. Carlo II non era un appassionato collezionista al livello del padre, ma ben comprese il valore strumentale dell’arte. In quell’epoca turbolenta in cui l’istituzione monarchica e la stessa figura del re erano costantemente in pericolo di vita, Carlo II capì l’importanza della magnificenza, del rituale, della pompa regale, delle cerimonie di corte e pubbliche come espressioni della sua autorità. Restaurò le credenze nelle doti taumaturgiche del sovrano per lo stesso motivo per cui ripristinò i banchetti pubblici.
Nato nel 1630, aveva 19 anni quando il padre venne decapitato. Due anni dopo, nel 1651, il suo esercito venne sconfitto nella battaglia di Worcester e Carlo dovette fuggire. Un bel piatto in maiolica raffigura The Royal Oak, ovvero la quercia in cui il fuggiasco si nascose sfuggendo alla cattura da parte dell’esercito parlamentare. Quell’episodio contribuì alla creazione di una mitologia personale che avrebbe puntato a sottolineare gli aspetti di ingegnosità, coraggio e protezione divina del sovrano.
[adsense-inarticle] La morte di Cromwell nel 1658 indebolì notevolmente la Repubblica, tanto che il 29 maggio 1660, il giorno del suo trentesimo compleanno, Carlo poteva fare un trionfale ritorno a Londra, per essere incoronato come Carlo II l’anno seguente.
Nelle teche delle prime sale ci sono oggetti commemorativi, simboli di lealtà e fedeltà alla monarchia, documenti e stampe diffusi all’epoca con il proposito propagandistico di fare di Carlo I un martire, un mazzo di carte con la rappresentazione del cosiddetto complotto di Rye House del 1683 (un attentato alla vita di Carlo II sventato all’ultimo per l’imprevisto ritorno anticipato del sovrano a Londra che gli permise di scoprire la congiura).
Il rafforzamento della legittimità, come dicevamo, passò anche attraverso l’arte e in particolare poggiò su quattro pilastri: il recupero della collezione d’arte paterna, nuove commissioni, acquisti sul mercato e l’apprezzatissimo “dono olandese” (Dutch Gift): l’offerta da parte olandese di un ricco regalo composto da 28 dipinti – di cui ben 24 di scuola italiana – e da 12 sculture antiche. Carlo II l’apprezzò tantissimo, fino a spingersi a promettere di fare pace con l’Olanda, ma non tanto da mantenere a lungo la promessa: cinque anni dopo, infatti, Inghilterra e Olanda erano di nuovo in guerra tra loro.
Una parte di questo “dono olandese” è presente in mostra. In particolare spiccano il Ritratto di Andrea Odoni dipinto da Lorenzo Lotto, il Ritratto di Margherita Paleologo di Giulio Romano e il Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria di Paolo Veronese. Questi tre dipinti sono le perle della sala più spettacolare, l’ultima, posta a suggello del percorso espositivo. Qui ci sono anche opere di Tiziano, Orazio Gentileschi, Carlo Dolci, Marco d’Oggiono, Antoon Van Dyck e Peter Bruegel il Vecchio.
Per arrivarci si devono prima ammirare altre opere interessanti, come i disegni di Leonardo da Vinci e del Parmigianino (appartenuti a Thomas Howard, 14° o 21° – a seconda dei calcoli – Conte di Arundel, la cui storia è magistralmente raccontata da Alexandra Lapierre in Vita straordinaria di William Petty), alcuni volumi delle biblioteche di Carlo II, pezzi del corredo regale come la sontuosa saliera in argento dorato nota come The Exeter Salt o Salt of State (era il primo pezzo che doveva essere messo sulla mensa del re), ma soprattutto bisogna soffermarsi nella grande sala tappezzata in verde in cui sono esposti i ritratti della corte del “Merrie Monarch”, il sovrano allegro, soprannome affibbiato a Carlo II per il suo edonismo.
Sui lati corti della sala campeggiano rispettivamente il Ritratto di Carlo II di John Michael Wright e il Trionfo marino di Carlo II dipinto da Antonio Verrio, mentre sulle pareti lunghe sono appesi i ritratti delle belle della corte, come Mary Bagot, contessa di Falmouth e Dorset e Barbara Villiers, contessa di Castlemaine e duchessa di Cleveland. Ma c’è anche posto per i ritratti di Bridget Holmes, che lavorò come cameriera per quattro sovrani (da Carlo I a Guglielmo III) e di John Lacy, l’attore preferito di Carlo II.
Saul Stucchi
PS: ho parlato della mostra di Carlo II nella trasmissione I girasoli di Radio Popolare. Chi vuole, può ascoltare il podcast della puntata del 28 aprile 2018 sul Radio Popolare (minuti 27:40 – 33:15).
Didascalie:
- John Michael Wright
Ritratto di Carlo II (1676 circa)
Royal Collection Trust
(c) Her Majesty Queen Elizabeth II 2017 - Piatto in maiolica con la raffigurazione della Royal Oak (1680)
- Lorenzo Lotto
Ritratto di Andrea Odoni (1527)
Royal Collection Trust
(c) Her Majesty Queen Elizabeth II 2017
Charles II: Art & Power
Fino al 13 maggio 2018
The Queen’s Gallery, Buckingham Palace
Biglietti: intero 11 £; ridotto 5,50 £
Informazioni:
Royal Collection Trust