Il professor Maurizio Bettini ha incantato il pubblico arrivato a gremire la sala delle Capriate della Fortezza Firmafede a Sarzana per l’ottava edizione del Festival della mente. Lo ha fatto navigando con la nota abilità tra le fonti letterarie greche e latine, anzi latine e greche, perché, come ha spiegato lui stesso a principio della lectio, la sua formazione di latinista ha prevalso. Dunque per parlare delle forme mitiche presso gli autori classici, Bettini ha preso avvio dal tema della memoria presso i Romani, analizzando il termine “memoria”, spesso ricollegato al verbo memini (io ricordo) e invece più correttamente da ricondurre alla radice MER che indica un sobbalzare della mente, uno sconvolgimento interiore. Dunque memoria come atto di far riemergere un ricordo più che luogo e deposito di esso. Dalla memoria, il professore è passato al suo opposto, l’oblio, in latino oblivio che è più precisamente cancellazione del ricordo.
Citando passi di autori classici e insieme ricorrendo a qualche fugace allusione ironica all’attualità (memore, è il caso di dire, della lezione dei retori antichi), Bettini è poi passato alla Grecia seguendo un percorso a chiasmo che ha avuto l’oblio (da intendersi in questo caso piuttosto come “nascondimento” che “rimozione”) come prima tappa, per concludersi con la memoria.

L’analisi si è soffermata su un passo all’inizio della Teogonia di Esiodo, nel quale il poeta spiega che le Muse sono figlie della Memoria e di Zeus, generate per produrre oblio dagli affanni. A prima vista sembrerebbe un paradosso (le figlie della Memoria che spingono all’oblio…) e invece, a ben pensarci, si tratta di una verità illuminante: la memoria serve anche per dimenticare gli aspetti negativi della vita, attraverso per esempio la poesia. Un altro passo, questa volta dall’Odissea, è molto significativo, anche se spesso – purtroppo – viene banalizzato e reso incomprensibile dai moderni traduttori del poema. Quando Odisseo, tornato a Itaca, chiede di partecipare alla gara con l’arco contro i pretendenti, Eurialo lo schernisce dicendogli che non sembra tanto un esperto di gare, quanto piuttosto “uno che si ricorda delle merci”. Quando ancora non esisteva la scrittura, spiegavano già i commentatori antichi, sulle navi prendevano posto dei commissari di bordo che avevano anche il compito di ricordare la merce imbarcata. Erano delle vere e proprie “bolle d’accompagnamento” umane. Fu per trovare una soluzione più pratica a questo problema che i I Fenici inventarono la scrittura.
Bettini ha concluso la sua lectio facendo una veloce carrellata di episodi – tratti dall’epica – in cui i “ricordatori” (mnemones) ovvero schiavi che avevano la funzione di ricordare ai loro padroni una determinata cosa, vennero meno al loro compito, con conseguenze mortali (per i padroni). Achille ne aveva uno, affidatogli dalla madre Teti, perché si ricordasse di non uccidere Tenes, figlio di Apollo, ma lo schiavo se ne dimenticò e il piè veloce ci rimise la vita! Stessa défaillance per quelli “arruolati” per il bene di Patroclo e di Ettore. Che tragedia quando un “ricordatore” si dimentica del suo lavoro!
FESTIVAL DELLA MENTE – Ottava edizione
Sarzana (SP)
2-3-4 settembre 2011
Informazioni e calendario:
www.festivaldellamente.it