Marhaba. Una delle prime parole che mi sento dire appena atterrata ad Amman. Non so cosa significhi tuttavia ha un bel suono. Sorrido, con gli occhi, provo a ripetere e funziona: ho appena salutato! Nonostante sia notte, sento già accogliente questa città che guardo dal finestrino di un taxi mentre mi accompagna verso “casa”. In questo momento di primo incontro con il Medio Oriente non so che emozioni provare ma non posso sceglierle, per cui le accetto come sono: positive. 
La prima cosa che mi colpisce in questa notte è la luce al neon verde dei minareti. Poi, con la luce vera del giorno, riesco ad essere attratta da tante altre cose, che mi lasceranno un segno e che mi faranno innamorare di questo città: il bianco imperante (motivo per cui viene chiamata la “città bianca”), il suo movimento ondulato derivante dalle numerose colline su cui è costruita, lo splendido tramonto che riesci a scorgere da queste, la mancanza di un vero centro, i “circoli” in cui è suddivisa, i taxi gialli che ti accompagnano, a volte solo se sei di strada (la loro ovviamente!), l’immensa e verde zona universitaria, (dove non ti aspetteresti di trovare più ragazze velate di quante tu non lo possa trovare nel suq), ed il passaggio repentino, quasi inaspettato, dalla zona storica, povera, a quella moderna e ricca, che ti introduce subito nella molteplicità di volti che possiede questa città.
La prima zona, quella storica, del suq, rappresenta un po’, per noi europei, l’ immagine classica del Medio Oriente. Qui, nel mezzo di un traffico disordinato, puoi trovare la Moschea al-Hussein (la “Grande Moschea”), il Teatro Romano, il Museo delle Tradizioni Popolari e negozi come Al-Afghani, dove l’anziano proprietario, che parla un italiano quasi migliore del nostro, ti vende, tra la polvere, splendide collane, orecchini, veli, backgammon e manine di Fatima. Qui trovi anche locali come Hashem (e attenzione a come lo si pronuncia, essendo anche il nome della famiglia reale) dove mangiare all’aperto degli squisiti felafel (polpette fritte di ceci), hommus (crema di ceci), baba ghanouj (polpa di melanzane con verdure), mutabal (crema di melanzane), o come la pasticceria di fianco dove puoi mangiare il mansaf, piatto dal sapore decisamente forte, a base di riso, montone e pinoli, accompagnato da yogurt di latte di capra e grasso.
Perdendosi tra le vie della città bassa improvvisamente il paesaggio muta: niente traffico, pulizia nelle strade, ville che hanno acqua anche per innaffiare il giardino; hammam che vale davvero la pena provare (apertura per le donne fino alle 17), locali internazionali (con prezzi altrettanto internazionali) dove servono pizza e alcolici, ma dove nemmeno qui può mancare il fumo di un narghilè (con la differenza che qui le donne lo possono fumare). In questa zona ti può anche capitare di passare di fianco ad una festa reale senza quasi rendertene conto, perché essendo re Abdallah e la sua famiglia davvero amati dal popolo, non è necessario un numero eccessivo di guardie.

Ed infine c’è la zona nuova, residenziale, dove trovi solamente immensi centri commerciali (come il Mecca Mall), dove si concentrano tutti i sauditi venuti qui ad Amman a passare le vacanze estive!
Sì, quello che mi piace di Amman, è questo: i suoi mille volti. Di luoghi, di lingua, di persone, di nazionalità. Sono partita con indotti (dai media, dall’ignoranza o da chissà che) pregiudizi, e paure da donna e lascio questo posto con malinconia e molta insoddisfatta curiosità, che mi fa ringraziare chi mi ha spinto ad avvicinarmi a questo mondo e che mi fa sperare di tornarci presto per cercare di capire qualcosa di più del poco e male conosciuto mondo medio orientale..Inshallah.
Testo di Valeria Lonati
Foto di Cristian Del Giudice