Ho trascorso una settimana a Madeira, e mi è piaciuta.
Molti (troppi) non sanno cosa e dove sia. “Ma ci vai in moto?” mi hanno chiesto in tanti, mostrando così di conoscere più la mia passione per le due ruote che la geografia. Per la verità, questa affascinante isola atlantica al largo delle coste marocchine, meriterebbe un raid con la mia F800R, perché le sue strade ripide e tortuose, che escono dai piccoli villaggi circondati da viti che ne punteggiano la parte meridionale per poi infilarsi (costeggiate da interminabili cespugli di ortensie blu) in fitti boschi che a loro volta terminano su scogliere brulle scavate dagli elementi, sarebbero anche un perfetto luna park per motociclisti. Non fosse per la logistica che rende difficile il trasferimento, lo farei.

A seconda dei capricci meteorologici, quest’isola può di volta in volta ricordare il Sussex, Rio de Janeiro, oppure Lisbona. Delle terre inglesi ha le ripide e vertiginose scogliere battute dal vento e dall’Oceano Atlantico; della metropoli brasiliana il paesaggio urbano che si mescola all’improvviso con la natura più incontaminata; alla capitale lusitana, uno dei miei “luoghi dell’anima”, assomiglia per l’architettura rétro del centro di Funchal (il capoluogo), le viuzze strette che si insinuano fra le piccole case antiche dai muri affrescati, e per i ristorantini (turistici o meno, ma dove non mancano mai i mariscos cucinati in diversi modi) che riempiono di vitalità la città vecchia ai piedi del quartiere collinare di Monte.
Ho visitato proprio Monte in una grigia giornata di pioggia sottile che ha reso la visita molto suggestiva; ho passeggiato per il rasserenante jardim tropical (uno dei numerosi, rigogliosi, parchi botanici dell’isola) e poi per i vicoli deserti del quartiere, dove il fado riecheggia vigoroso e malinconico sui coppi arancioni, e dove trascorse da esiliato i giorni conclusivi della propria crepuscolare esistenza l’ultimo erede dell’Impero Asburgico, Carlo I, ora sepolto non nella Cripta dei Cappuccini, ma nella austera Igreja de Nossa Senhora do Monte, dagli interni candidi che contrastano con lo scuro degli arredi e l’oro dei decori.
Le scogliere fanno la parte del leone in quest’isola che vive nel mito dell’eroe locale, il calciatore Cristiano Ronaldo, al quale sono dedicati il minuscolo aeroporto, un paio di statue, e un museo dalle dimensioni sorprendenti.
Abbandonando la parte eccessivamente edificata che si srotola da est a ovest per buona parte della costa meridionale, si incontrano numerosi villaggi di pescatori con le loro barche variopinte; da lì la strada comincia a salire fino a giungere a Cabo Girão, uno strapiombo vertiginoso di 580 metri il cui panorama da capogiro merita la visita. Da lì non è infrequente vedere le balene e i delfini che increspano la superficie blu, o di incrociare con lo sguardo la rotta della Santa Maria, la copia di una delle caravelle di Cristoforo Colombo che pare fece sosta qui prima di riprendere il mare verso le Azzorre.
Poco oltre Cabo Girão, si incontra una teleferica che conduce ai piedi del dirupo; attraversando un fitto bananeto si giunge a Faja dos Padres, un piccolo insediamento, che fu di una congregazione di frati. All’ombra dei banani ci si può ristorare dal caldo, lasciandosi accarezzare dalla brezza oceanica, gustando un piatto di ostriche o anche solo un gin tonic mentre si scruta l’orizzonte.
Il tratto costiero che, come un arco da est a ovest, percorre il lato settentrionale dell’isola è quello con minor insediamenti umani e per questo molto più affascinante ai miei occhi. Paesaggi aspri, dove l’attività vulcanica che ha creato l’arcipelago si fa molto evidente con le sue rocce nere e frastagliate, contro le quali le onde si infrangono modellando da millenni il paesaggio. Qui si incontrano villaggi con case colorate dai tetti spioventi in paglia, o inattese fabbriche di Rum o di Madeira il vino liquoroso che ha reso celebre questi luoghi (prima di CR7, ovviamente). L’ho provato con soddisfazione, abbinato a un dolce tipico simile al pan di zenzero.
Imperdibili sono Puerto da Cruz, Santana e Caniçal (dov’è un importante museo che documenta il controverso rapporto fra la popolazione indigena e i cetacei): da quest’ultimo villaggio parte il percorso escursionistico verso Ponta de São Lourenço, la parte più selvaggia dell’isola, un lungo promontorio inospitale battuto dal vento, con numerosi punti panoramici. I colori delle rocce e della vegetazione sono intensissimi.
Proseguendo lungo il tragitto settentrionale si giunge a Porto Moniz, con le sue piscine naturali, scavate nelle rocce rosse dal vento e dalle onde, e alimentate da una sorgente sotterranea di gelida acqua cristallina. Per chi ha la scorza dura o origini nordiche, una nuotata è d’obbligo. Più avanti si incontra Lombada Velha con la Capela Nossa Senhora de Boa Morte, un minuscolo luogo di culto da cui parte un sentiero in discesa che solca in due una collina verdissima, e che conduce a un punto panoramico dalla vista indimenticabile. La Boa Morte (buona morte) sopraggiunge ripercorrendo a ritroso il ripido sentiero sotto il sole cocente.
L’entroterra rappresenta un ulteriore cambio di paesaggio: senza troppi sforzi di immaginazione ricorda i colli delle Alpi francesi. Boschi fitti, cime che arrivano fino ai 2.000 metri, sentieri popolati da escursionisti con zaini e scarponcini, daini, scoiattoli, e rapaci. La torbiera di Paul da Serra è un luogo quasi fatato, un altopiano circondato dalle guglie di roccia rossa dei monti circostanti, con una vegetazione variegata, attraversata dall’omonimo canale che costeggia frequentemente l’unica strada; qui il paesaggio è trasfigurato dalla luce. Quest’isola non smette di sorprendere per la rapida variabilità dei suoi scenari.
Per finire, mi sono concesso una serata a Santa Cruz, la principale località balneare dell’isola (confortato dal fatto che Madeira, grazie a Dio, non è una specie di isla tropicale dove fare vita da spiaggia, con chiringuito, reggaeton e balli latino-americani. La conformazione del territorio, l’acqua dell’oceano e la natura degli abitanti lo escludono).
Un bel lungomare pavimentato, un piccolo centro abitato che ha come centro la piccola ma bellissima chiesa di São Salvador, dagli interni suggestivi a cavallo fra romanico, gotico e barocco, e la piazza punteggiata da tavolini dove è inevitabile prendere un aperitivo e gustarsi la cena, sono stati un ottimo modo per concludere questa breve vacanza.
Simone Cozzi
Dal 15 settembre al 1° ottobre 2023 la galleria Photobastei di Zurigo ospiterà la mostra fotografica METROMORPHOSIS – Cronache di una città che sfugge di Simone Cozzi, autore di libri gialli e collaboratore di ALIBI Online.