Klaus Mann, a differenza del suo esitante padre, sceglie subito la via dell’esilio. Un esilio che lo porta in Francia, Olanda e Svizzera, sino agli Stati Uniti dove si sarebbe infine arruolato nell’esercito americano. Con il titolo Speed l’editore Castelvecchi traduce I racconti dell’esilio (traduzione e curatela di Massimo Ferraris, 2025) pubblicandoli per la prima volta in Italia.
L’intento dello scrittore, figlio di Thomas Mann, è raccontare quello che chiama «il dramma di una generazione». Per Klaus la sua generazione più di altre è travolta non solo dalla violenza cieca della guerra, ma anche dall’avvento del Nazismo. Indesiderati nella propria nazione, molti come lui si trovano ad andare via e molti di loro non riescono a sentirsi a casa nella nuova patria. Come succede ai protagonisti di questo libro.

La risposta all’esilio è il lasciarsi vivere, l’affondare nell’inquietudine grigia di un luogo che mai li accoglierà o, come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, sfuggire alla realtà sopportando la vita per mezzo di droghe. Come accade al ragazzo che scopre la bellezza della natura e in essa si rifugia; all’uomo solo che percorre le strade di una città e sottostà alle ansie di un presente ispido; all’uomo in macchina che per un gioco all’apparenza innocuo sbanda e annega nel mare; alla coppia di giovani fidanzati che finisce per separarsi, perché non condividono più gli ideali del Socialismo nel quale hanno visto un’opportunità.
Estraneità e spaesamento, precarietà, attesa, solitudine, sono i sentimenti predominanti nel mondo in bilico di quegli anni, declinati spesso in parabole avventurose: ecco cosa devono affrontare i personaggi di Klaus Mann.
Ben presto le speranze si fanno incertezza, insoddisfazione, delusione. Alcuni, disillusi, cercano di evadere affidandosi all’illecito. O si rifugiano nella follia come in Finestra con le sbarre (del 1937), dove si descrive il cadere nell’abisso della follia di Ludovico II di Baviera. (Questo racconto è stato scritto grazie all’intervento di Annemarie Schwarzenbanch − la scrittrice, la nomade e fotografa svizzera − che accoglie Klaus nella sua casa in Engadina. E che si è dimostrata non solo un’amica inseparabile, ma anche colei che più di altri lo incoraggiò a scrivere).
L’abuso di sostanze descritto in Idillio africano (1940), racconta l’avventura di due sprovveduti stranieri che incorrono in un’overdose di hashish, esperienza psichedelica che viene qui descritta con una prosa visionaria.
Il protagonista di Speed, anche lui alle prese con l’uso di droga, è un uomo normale, un uomo qualunque che, per la sua dipendenza, finisce nella malavita: l’intreccio richiama in parte la suggestione del romanzo Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin, pubblicato proprio nel 1929. Speed riflette la Berlino narrata da Döblin nelle sue claustrofobiche atmosfere metropolitane che enfatizzano una solitudine senza scampo dell’individuo. Ma ricordano anche la Berlino descritta da Christopher Isherwood nel romanzo intitolato Addio a Berlino.
Klaus Mann, vissuto all’ombra di suo padre Thomas, è lo scrittore dell’esilio. Un esilio politico, ma anche esistenziale, che si fa smarrimento e precarietà del vivere.
Claudio Cherin
Klaus Mann
Speed
I racconti dell’esilio
A cura e traduzione di Massimo Ferraris
Castelvecchi
Collana Le Vele
2025, 216 pagine
22 €