Martedì 10 ottobre alle ore 19.00 si terrà al Museo Archeologico Nazionale di Madrid un incontro intitolato “El último garum de Pompeya (Italia)”, ovvero “L’ultimo garum di Pompei”, con Darío Bernal Casasola dell’Universidad de Cadíz (Università di Cadice in Andalusia) e Daniela Cottica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Presenterà Carmen Marcos Alonso del MAN.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Cottica, ricercatrice di Archeologia Classica, Docente di Archeologia delle Province romane, Docente di Metodologia della ricerca Archeologica – Analisi e Classificazione delle ceramiche antiche del Dipartimento di Studi Umanistici (DSU) dell’ateneo veneziano di parlarci del garum.
Quali sono i suoi interessi nella ricerca archeologica?
Nell’ambito della ricerca archeologica i miei interessi primari si organizzano su due filoni tematici principali: l’archeologia della produzione ed il rapporto uomo – ambiente in antico. In particolar modo mi occupo delle modalità di sfruttamento delle risorse del mare in età classica, delle dinamiche di produzione e circolazione ceramica e mi interessa molto sperimentare metodologie integrate ed approcci innovativi per la valorizzazione del rapporto uomo – ambiente (e specialmente uomo – mare e fiume).
I miei progetti di ricerca sul campo attualmente sono a Pompei, ad Aquileia, nella Laguna Nord di Venezia e a Hierapolis in Turchia.
Come è stata organizzata la conferenza al Museo Archeologico di Madrid?
La conferenza al MAN rappresenta il punto d’arrivo di una collaborazione internazionale pluriennale fra l’Universidad de Cadíz e L’Università Ca’ Foscari Venezia. Dal 2008 il collega Darío Bernal Casasola ed io siamo responsabili scientifici di un progetto di ricerca caratterizzato da un innovativo approccio interdisciplinare che ha permesso di unire gli sforzi di un team internazionale di esperti di archeologia, archeobotanica, archeozoologia, archeometria, epigrafia e numismatica al fine di ricostruire i processi di sfruttamento delle risorse del mare nella Campania romana.
Le attività di ricerca sono state cofinanziate dal Ministero degli Affari Esteri spagnolo e dall’Ateneo Ca’ Foscari. Quest’anno il progetto è giunto alla sua fase conclusiva e ci hanno quindi invitato a presentare in anteprima alcuni degli esiti delle nostre ricerche.
Cos’era il “garum” e qual era la sua importanza nel commercio mediterraneo in epoca imperiale?
Le nostre ricerche si sono tra l’altro particolarmente concentrate sulla ricostruzione delle dinamiche di produzione del garum: una famosa salsa di pesce ampiamente utilizzata come condimento nel mondo romano.
Si trattava di una salsa liquida prodotta dalla fermentazione di interiora di pesce e pesce salato, ma potevano essere aggiunti anche altri ingredienti ed aromi. Garum è un termine che ricorre spesso nelle fonti antiche e noi oggi lo usiamo in genere per indicare una salsa di pesce. Tuttavia nel mondo romano vi erano più tipi di salse di pesce: ognuna aveva delle caratteristiche proprie e veniva prodotta secondo processi di lavorazione specifici.
Abbondanti resti di salse di pesce sono conservati presso l’edificio noto come “La Bottega del garum” (I, 12, 8: ovvero ingresso al numero 8 dell’Isolato 12 della Regione I, ndr) a Pompei. Si tratta di un complesso unico nel mondo romano: originariamente a carattere abitativo (domus) venne poi convertito (nell’ultima fase di vita della città) in uno spazio di produzione e vendita di derivati del pescato.
Uno dei nostri obiettivi di ricerca era quindi di utilizzare il caso del complesso I, 12, 8 a Pompei per fare uno studio “filologico” del processo di produzione di una salsa specifica che sapevamo essere in fase di preparazione al momento dell’eruzione pliniana. Abbiamo quindi cercato di capire come funzionava il processo produttivo: dagli ingredienti utilizzati alle varie fasi di lavorazione.
Gli studi recenti effettuati sulle anfore rinvenute presso siti di produzione e di consumo nelle province dell’impero, ci testimoniano che il commercio di pesce sotto sale e di salse di pesce era particolarmente vivace nel mondo romano e molte erano le regioni che producevano ed esportavano questi prodotti: dallo stretto di Gibilterra al Mar Nero.
Conseguentemente molte erano le rotte coinvolte nel trasporto di questi prodotti alimentari il cui consumo era amplissimo… il pesce pescato al largo delle coste della Mauretania Tingitana ad esempio raggiungeva anche le province del nord ed in particolar modo l’esercito di stanza ai confini dell’impero.
Che testimonianze rimangono a Pompei del consumo di “garum”?
A Pompei rimangono molte tracce sia della produzione del garum, sia del suo consumo su larga scala. Gli esempi più interessanti sono i cosiddetti urcei: piccole anforette che contenevano salse di pesce fra le quali appunto anche il garum: un dato che conosciamo grazie ai tituli picti, o iscrizioni dipinte (tipo le nostre etichette), che ancora recano il nome del loro contenuto originario ad esempio G(ari) F(los) SCO[M](bri).
Queste anforette sono state rinvenute quasi in ogni angolo di Pompei ed abbiamo anche delle loro testimonianze iconografiche molto puntuali: sono quindi una chiara attestazione del consumo salse di pesce su scala urbana.
Intervista a cura di Saul Stucchi
Didascalie:
- Darío Bernal Casasola e Daniela Cottica a Pompei (i primi due da destra)
- L’invito all’incontro sul garum a Pompei del Museo Archeologico Nazionale di Madrid
- La Bottega del Garum a Pompei
- Il garum e gli urcei di Pompei
Museo Archeologico Nazionale di Madrid
Calle Serrano 13
Madrid