S’intitola Dimenticare Velázquez la bella mostra in corso al Museu Picasso di Barcellona fino al 28 settembre 2008. Si tratta di un titolo paradossale (preso da una citazione di Picasso, come spiega la brochure) perché è impossibile dimenticare una delle più celebri opere del maestro sivigliano, Las Meninas, a cui anzi rendono omaggio – a volte anche dietro un velo d’ironia – la cinquantina di opere selezionate dai curatori dell’esposizione, provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo (la parte del leone la fanno i quarantadue oli su tela, molti dei quali meriterebbero da soli la visita).
L’opera protagonista, ovviamente, è assente: la custodisce gelosamente il Prado. Possiamo però intravederla nella maxifoto realizzata da Thomas Struth che per quasi vent’anni si è dedicato a immortalare musei in giro per il mondo. L’obiettivo del fotografo tedesco ha catturato una piccola folla di visitatori che stazionano davanti alla celeberrima tela, una scena che si ripete quotidianamente.La prima sala è dedicata ai ritratti di Regine e Infante ed è uno dei momenti più emozionanti dell’intera esposizione. Qui si possono ammirare alcune opere che dimostrano la precocità della fama delle Meninas che, pur non essendo accessibili al pubblico (si trovavano infatti negli appartamenti privati nell’Alcázar, fruibili solo alla famiglia reale e a pochi privilegiati) assursero ben presto allo status di capolavoro, prese a modello dai contemporanei e dalle generazioni successive di pittori, non solo spagnoli.
Il Prado ha lasciato invece partire il ritratto di Donna Mariana d’Austria, sempre di Velázquez. Osservandolo da vicino è possibile riconoscere lo stesso naso e lo stesso broncio dello zio Filippo IV, fratello della madre Maria d’Austria. Mariana è stata ritratta dal pittore sivigliano anche nella tela proveniente dal Museo Nazionale d’Arte di Catalogna (in deposito presso la Collezione Thyssen-Bornemisza). Qui la fanciulla indossa il medesimo vestito che porta nelle Meninas, testimonianza della probabile realizzazione contemporanea delle due opere (negli anni 1655-1657). Notiamo un’altra curiosità: gli orologi rappresentati nei grandi ritratti di questa sala indicano tutti l’ora delle 16.55.
Una ventina d’anni dopo (siamo nel 1677) Juan Carreño de Mirana rappresentò Mariana, ormai regina, vestita a lutto, simile a una suora. Dal Metropolitan Museum di New York è arrivata l’Infanta Maria Teresa di Spagna, eseguita da Velázquez tra il 1651 e il 1654. Filippo IV inviò diversi ritratti della giovane figlia alle principali corti europee per avviare contatti pre-matrimoniali. Il ritratto dell’Infanta Margherita d’Austria conservato al Prado era fino a poco tempo fa considerato l’ultima opera di Velázquez, rimasta incompiuta e terminata da del Mazo, a cui invece viene ora attribuita per intero.
Con un lungo salto temporale approdiamo agli inizi del Novecento, alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre. Nel 1916 Diaghilev realizzava un nuovo balletto ispirato alle Meninas e Josep Maria Sert ne disegnava i costumi. Il balletto andava in scena il 21 agosto a San Sebastian: tra le ballerine c’era Olga Khokhlova che avrebbe sposato Picasso due anni dopo. Una ventina di anni prima quest’ultimo era rimasto particolarmente colpito dalla figura di Maria Augustina de Sarmiento (la dama alla sinistra dell’Infanta) durante le sue visite al Prado (nel periodo 1897-98), tanto da realizzare alcuni schizzi di parti dell’opera. Sessant’anni dopo, tra l’agosto e il dicembre del 1957, l’artista di Malaga avrebbe compiuto un intero percorso introspettivo all’interno del capolavoro di Velázquez, domandandosi – da pittore di genio davanti a un altro pittore di genio – come avrebbe dipinto i vari particolari alla sua maniera, “dimenticandosi di Velázquez” (ecco spiegato il titolo della mostra).
Nel 1968 Picasso donava al Museu di Barcellona che prendeva il suo nome cinquantotto opere, tutte realizzate nello studio della sua Villa La Californie a Cannes. Di queste, quarantaquattro sono interpretazioni del dipinto di Velázquez: dieci trattano della composizione originale nella sua interezza; tre fanno a meno di Velázquez e una non comprende né Velázquez né Maria Barbola (la nana in primo piano); un’altra rappresenta la composizione centrale e il resto è dedicato ai vari personaggi del dipinto originale. Di questi quattordici riproducono la figura dell’Infanta Margherita Maria. L’interpretazione picassiana del dipinto è un esauriente studio di ritmo, colore e movimento e un costante gioco di immaginazione nel quale l’artista ha modificato le personalità di numerosi dei suoi componenti. Comunque la fedeltà e il rispetto per l’atmosfera dell’originale sono evidenti in tutte le composizioni.Ora si passa al secondo blocco del percorso espositivo, con le sale D, E ed F. Vale la pena di soffermarsi attentamente davanti alla piccola stampa di Goya che può essere considerata come anello di congiunzione che lega i tre più grandi pittori spagnoli: Velázquez, Goya e Picasso.
Il XVIII secolo è stato un periodo chiave nella storia della recezione critica de Las Meninas, in quanto i pittori spagnoli e gli intellettuali cominciarono a interessarsi all’arte dei secoli precedenti e cercarono di stabilire una tradizione per identificarvisi. Goya è stato uno dei primi esempi di questo fenomeno. L’artista guardò a Velázquez come uno dei principali referenti e condusse un dialogo artistico con lui, dialogo che è ben visibile in molte delle sue opere.
Nella stravagante opera di Hamilton, Las Meninas de Picasso (1973), vediamo invece un Picasso con falce e martello dipinti sulla maglietta che prende il posto del pittore di corte e della sua decorazione della Croce di Santiago, mentre il cane diventa un toro, ulteriore omaggio alla passione per le tauromachie dell’artista di Malaga.
Giusto trent’anni fa, nel 1978, Philippe Comar realizzava un modellino con la riproduzione del dispositivo spaziale delle Meninas. Si tratta di un vero e proprio teatro che svela l’elaboratissimo aspetto appunto “teatrale” dell’opera di Velázquez. Più dissacrante, Vik Muniz, ha rivisto in modo molto personale il capolavoro utilizzando niente di meno che il cioccolato, per poi immortalare il risultato con una fotografia.
Nel secolo successivo l’interesse per l’opera di Velázquez’s si amplia a tutto il mondo, diventando una vera fonte d’ispirazione per gli artisti europei e americani. In verità non solo fonte d’ispirazione, ma anche modello da studiare o nel caso da copiare.
La lista include nomi ben noti come Wilkie, Degas, Renoir, Courbet, Millet, Toulouse-Lautrec, Chase, Whistler e Eakins. Si può dire che ogni età ha interpretato a proprio modo le Meninas riflettendovi le idee e le passioni contemporanee.
La stanza D è dedicate all’iconografia. Nella seconda metà del XX secolo il considerevole aumento delle variazioni sul tema delle Meninas fu facilitato dal ritorno al realismo e alla “figurazione” nell’arte, così come dall’aumento di influenza della Pop Art sul finire degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta. Il ripudio da parte della Pop Art del culto del genio creativo proprio dell’Espressionismo Astratto ha allontanato una nuova generazione di artisti dal concetto di originalità e di espressione individuale come principio guida dell’arte. Qui si dovrebbe aprire un’ampia parentesi sulla pubblicità e sull’uso commerciale dell’arte, ma il discorso sarebbe davvero troppo lungo e complesso. Le variazioni sulle Meninas sono infinite e vanno da una fedeltà pressoché assoluta alla selezione di alcune parti o alla citazione di qualcuno dei numerosi temi che arricchiscono la tela.
Gli artisti presenti in mostra riconoscono la più profonda ammirazione e addirittura un’ossessione per il capolavoro di Velázquez, ma l’utilizzano in modo funzionale all’indagine del proprio percorso artistico.
Per alcuni artisti l’adattamento delle Meninas è servito come un terreno di prova per un’elaborazione stilistica personale mentre per altri il rapporto con le Meninas chiaramente trascende le questioni di stile. Molte opere rivelano ironia, parodia e senso dell’umorismo ed è precisamente a causa delle sue qualità ironiche che il dialogo polemico e la presa di distanze dall’originale che l’opera d’arte derivata viene apprezzata sullo stesso piano del suo modello. L’ironia è la chiave spesso utilizzata per proporre la propria versione (o citazione) dell’opera di Velázquez. Per gli artisti spagnoli degli anni Sessanta e Settanta il confronto con Las Meninas divenne uno strumento per articolare la propria critica al regime di Franco. Le Infante di Antonio Saura, per esempio, appartengono a quello che egli ha chiamato i suoi “dipinti di denuncia”. L’opera El recinte di Equip Crònica, dalla serie “Policía y cultura” è una satira pungente delle condizioni dell’arte moderna sotto il fascismo.
La stanza E è dedicata al fondamentale tema dello Spazio e ospita alcune opere dell’artista concettuale italiano Guido Paolini che trasforma la propria arte in un gioco linguistico dichiarando i materiali del processo artistico essi stessi di valore estetico. Concentrandosi sugli elementi materiali della creazione artistica all’interno dello spazio del suo appartamento, Paolini crea lo spazio pittorico senza il quadro stesso. Questa auto-referenza ai significati artistici viene elevata allo status di opera d’arte e l’ambiente della creazione artistica diventa l’oggetto dell’arte stessa. In questo Paolini allude a un altro aspetto de Las Meninas, che può essere visto come un autoritratto di Velázquez nel suo luogo di creazione. Anche la video-artista Eve Sussman è ugualmente affascinata dallo spazio nelle Meninas e le sue foto la mostrano mentre gradualmente popola lo spazio a sua disposizione con gli attori che recitano i vari personaggi del dipinto di Velázquez.Lo spazio è anche il soggetto dell’artista basco Oteiza, ma in questo caso si tratta di uno spazio negativo, pari alllo svuotamento di materiale che cattura l’essenza di ciò che l’ha attratto delle Meninas.
La stanza F s’intitola invece “Riflessioni”. Con l’ascesa dell’Arte Concettuale negli anni Sessanta e di nuovo negli anni Novanta, e sotto l’impatto del pensiero strutturalista e post-strutturalista, il fascino principale delle Meninas per gli artisti risiede nell’intricato gioco di percezione e riflesso del dipinto e nel ruolo ambiguo dell’immagine riflessa nello specchio. Fondamentale per questa concezione è stato il saggio di Foucault sulle Meninas, scritto nel 1966, che ebbe un profondo impatto su molti degli artisti presenti in questa mostra. I riflessi dello specchio sono diventati per alcuni degli artisti presenti in mostra il soggetto predominante della loro citazione e l’unica relazione fisica apparente con l’originale (si vedano i lavori di Bravo, Arikha, Craig-Martin). Negli anni Novanta gli artisti si sono maggiormente interessati all’aspetto teoretico piuttosto che a quello pittorico, aumentando la distanza dalla rassomiglianza fisica rispetto a Las Meninas, rinforzando in questo modo il dialogo tra la citazione e l’originale.
Si esce dalla mostra con un’accesa voglia di rivedere l’opera che ha ispirato tanti artisti, così diversi tra loro. Il desiderio può trovare soddisfazione solo con una visita al Prado…
Saul Stucchi
Olvidando a Velázquez. Las Meninas
Museu Picasso de Barcelona
Montcada 15-23
Barcellona
Fino al 28 settembre 2008
Tel. +34.932563000
www.museupicasso.bcn.cat/meninas
Orari: da martedì a domenica 10.00-20.00; chiuso il lunedì
Biglietto: mostra temporanea 5,80 €; biglietto cumulativo (mostra + museo) 9,00 €
Catalogo: edito in Catalano e in Castigliano, con traduzione inglese alla fine del volume
Autori: Jonathan Brown, Sònia Villegas, Javier Portús, Susan Grace Galassi, Robert S. Lubar, Gertje R. Utley.
292 pagg.
Editore: Museu Picasso (ICUB)
Didascalie:
Diego Velázquez
La infanta María Teresa de España
1651-1654
Óleo sobre lienzo
34,3×40 cm
The Metropolitan Museum of Art. The Jules Bache Collection, 1949 (49.7.43)
Photograph by Malcolm Varon. Photograph © 1989 The Metropolitan Museum of Art
Joel-Peter Witkin
Las Meninas
New Mexico, 1987
Copia de gelatina de plata virada
84×84 cm
© Cortesía de Joel-Peter Witkin
NB: Le altre immagini rappresentano il giro della stampa durante la presentazione della mostra.
Museu Picasso de Barcelona 2008
Foto: Lafotogràfica