C’era una volta, in un quartiere borghese di Milano, un uomo che avrebbe voluto credere in Dio ma non ci credeva e che amava le proprie figlie, desiderando la loro felicità. Non avendo fede, lui e sua moglie non sapevano come comportarsi riguardo all’educazione religiosa delle due bambine.
Per esempio capitava loro di citare alle piccole, traducendoli in un linguaggio adeguato, alcuni passi evangelici ed erano soliti allestire nel periodo natalizio, sopra il ripiano di un’antica credenza del soggiorno, il presepe, che pareva loro una delle più alte e poetiche espressioni della creatività umana ma quando venne il momento di iscrivere la primogenita alla scuola materna, ritennero che l’ora di religione rappresentasse una forzatura fuori luogo da offrire a delle menti ancora così acerbe e dunque la esclusero dall’orario delle attività previste.

Accadde che però una sera la bambina scoppiasse accoratamente a piangere durante la cena, protestando perché le venivano negate tutte quelle belle opportunità (disegni, canti e giochi) consentite ai compagni cui quell’ora era stata concessa. I genitori, profondamente dispiaciuti, decisero allora di rimediare per l’anno successivo e di prevedere, onde evitare ogni possibile senso di emarginazione, per entrambe le figlie una completa e tradizionale formazione cattolica.
Quando la primogenita compì nove anni, fu dunque naturale conseguenza di quella decisione iscriverla al catechismo, che l’avrebbe preparata a ricevere il sacramento della Comunione. Sembrò ai genitori che quella scelta fosse dettata dalla generosità e dovesse risultare encomiabile anche agli occhi delle persone di quella parrocchia che loro non frequentavano in alcun modo, tanto più che negli ultimi lustri si andava registrando un progressivo e costante abbandono della pratica religiosa e così ogni nuovo iscritto avrebbe dovuto rappresentare una sorta di piccolo regalo per le donne e gli uomini di fede ma in realtà si sbagliavano.
Subito a metà ottobre fu infatti organizzata una gita domenicale per le famiglie, con destinazione il Sacro Monte di Varese e orario di ritrovo per la partenza appena successivo all’alba. Due giorni dopo il padre, insieme agli altri genitori defezionari, si trovò nella posta elettronica una mail di inusitata durezza contenente anche la minaccia dell’espulsione della bambina dal catechismo e la convocazione a un’assemblea indetta con l’urgenza che si riserva alla più gravi questioni. Sfidando la stanchezza e la pioggia autunnale, l’uomo si presentò dunque puntuale un giovedì sera nella sala per le assemblee parrocchiali.
La disposizione dei convenuti incrementò immediatamente il suo disagio: i parrocchiani, arrivati con largo anticipo, si erano sistemati, sulle sedie da aula scolastica, in modo da formare un ampio semicerchio – in ossequio alla più trita retorica dell’accoglienza e dell’uguaglianza ma probabilmente ispirati anche dalle arene romane – confinando di fatto gli imputati in un ristretto nucleo interno, proprio di fronte ai due grandi accusatori: un giovane prete molto nervoso e una donna.
Fu il sacerdote a prendere per primo la parola, rivelando presto che il proprio nervosismo, nonostante alcune frasi e alcuni accenti sdolcinati, era il prodotto di una intensa rabbia a stento repressa. L’attonito genitore restò profondamente sorpreso dalle argomentazioni utilizzate nel discorso: vertevano tutte sul concetto di accordo, di contratto stipulato al quale non si poteva venire meno e che si doveva accettare e onorare integralmente, suggerendo molta più affinità con tematiche e situazioni tribunalizie che con i motivi di una predicazione.
Venne quindi il turno della donna, che si rivelò essere una suora. Va qui precisato, per amor di verità, che il giovane padre era nei confronti di lei ancor più prevenuto che verso l’isterico sacerdote, per ragioni estetiche e fisiognomiche. La donna possedeva infatti tre caratteristiche fisiche che a lui risultavano a dir poco respingenti: freddi occhi azzurri molto chiari, la mascella quadrata e il collo molto corto.
Se queste peculiarità corporee costituivano il prodotto involontario della genetica e della casualità della natura, non erano di certo da lei state scelte e la ripugnanza che gli suscitavano portava con sé anche una dose di senso di colpa, le medesime attenuanti non potevano essere invocate a proposito dell’abbigliamento, che forse ancor più contribuiva alla repulsione. No, non stiamo parlando di una prevedibile tonaca bensì di un’inverosimile salopette da imbianchino color verde acqua.
Una salopette: da quanti anni non ne vedeva una addosso a un essere umano adulto? Che significato comunicava quell’indumento? Nostalgia di un’altra epoca? Nostalgia dell’infanzia o dell’adolescenza? Desiderio di regressione? Ostentazione di purezza? Tutte queste domande andavano peraltro ad appoggiarsi su una radicata convinzione che l’uomo aveva maturato con il raggiungimento dell’età adulta: ogni plateale divergenza esteriore dalla consuetudine conteneva quasi sempre una gran quantità di disprezzo, verso il proprio tempo e verso i propri simili.
Stiamo però rischiando di divagare troppo, occorre che si ritorni rapidamente alle parole della suora, che risultarono prevedibilmente intrise di un fanatico spirito accusatorio. Riguardo ai concetti espressi, però, al giovane padre non tornavano i conti. Un po’ perché convinto sostenitore del dialogo e un po’ perché lo sguardo della donna che gli si appuntava addosso gli pareva, senz’altro travisando, tutt’altro che privo di bramosia sessuale e lo metteva a disagio, si provò ad argomentare le proprie ragioni e le proprie perplessità.
Le ragioni illustravano il senso delle scelte familiari mentre le perplessità riguardavano i concetti espressi dalla suora. Perché non erano contenti della possibilità che la bambina conoscesse il Dio nel quale riponevano la loro fede? Non si rendevano conto che gliel’aveva affidata in un gesto di libertà, contenente l’ipotesi che potesse deviare (anche biasimandole) dalle posizioni dei genitori?
E quell’accanito insistere sull’assoluta necessità che il percorso dei piccoli fosse accompagnato passo dopo passo dalla partecipazione dei genitori, perché solo genitori credenti e praticanti potevano formare bambini degni di ricevere i sacramenti, non faceva in realtà intravedere in controluce soltanto la fedeltà a una tradizione culturale in luogo dell’irripetibile incontro tra l’umano e il divino descritto dai teologi? Che forse i dodici apostoli o Saulo di Tarso avevano avuto genitori cattolici?
Non avesse mai pronunciato queste parole! Sopra l’accompagnamento di un brusio di disapprovazione si levò come un assolo l’urlo rabbioso di uno dei parrocchiani: Scandalo! Scandalo! Scandalo! (ripetuto appunto ben tre volte). Tu porti lo scandalo in questa comunità! Il nostro giovane padre ne ebbe a quel punto davvero a sufficienza, si alzò, annunciò che avrebbe provveduto a sottrarre la figlia a quell’ambiente malsano, mandò tutti a quel diavolo cui forse già appartenevano e se ne andò.
L’incombenza di cancellare l’iscrizione della bambina toccò l’indomani pomeriggio alla moglie, che sconcertata si vide trattenere integralmente la quota annuale già versata – nonostante non avessero ancora ricevuto la copia del libro di testo appositamente prenotato – perché, come le fu spiegato in modo molto deciso, si stava procedendo a una risoluzione unilaterale di un contratto di fatto.
La coppia fu tentata di lasciar perdere tutto ma poi, per amore della figlia, si rivolse altrove, dove trovò un’accoglienza senza condizioni e un anziano prete sanguigno dalla voce roca che durante l’omelia della Messa di Natale pronunciò un elogio dei regali e del senso di festa che bisogna strenuamente conservare dentro i giorni dell’esistenza.
A dire la verità, alla bambina, che soffriva la confusione, non piacque mai troppo frequentare quel grande e affollato oratorio ma giunse non infelice al termine del proprio percorso, anche grazie alle stecche di liquirizia che poteva acquistare nel piccolo bar interno.
Quanto al nostro giovane padre, una sera di primavera che si trovava con il carrello in coda davanti alla cassa del supermercato venne involontariamente a sapere, dal dialogo tra due anziane signore nei suoi pressi, che la suora con la salopette era fuggita con uno dei parrocchiani. Se adesso i due vivessero felici e contenti non fu cosa oggetto della sua curiosità ma di certo nemmeno del suo augurio.
Giovanni Granatelli
I libri più recenti di Giovanni Granatelli sono Nomi, cose, musiche e città (Arkadia, 2023), Resoconto. Poesie 2002-2022 (Scalpendi, 2023) e Spostamenti. Prose e racconti (Nardini, 2022).