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Voi siete qui: Europa » Giorni vissuti intensamente ad Alcaucín, tra feste e nostalgia

3 Febbraio 2011

Giorni vissuti intensamente ad Alcaucín, tra feste e nostalgia

Alcaucin_ante Per l’ignaro viandante che giunga al bagliore delle sue vie nelle ore più terse del mattino, Alcaucín in Andalusia si svela con la magia di una gradevole sorpresa. Le case piccole, dalle pareti imbiancate a calce (enjalbegadas), strette in gruppo (apiñadas) contro la china (cuesta) della montagna e bulinate a rilievo (cinceladas al relieve) da viuzze ridotte e ripide, ci si presentano con l’iridescenza diamantina di un luogo segreto e felice, una Shangri-la spagnola ove non è ancora giunta l’impronta contaminatrice dei turisti più rozzi (brutos) d’oltre i Pirenei (de allende los Pirineos). I pochi stranieri che vi si trovano sono, come chi redige queste note, appassionati della cultura iberica e rispettosi delle sue peculiarità: si potrebbe quasi dire che appartengano al novero dei molti emigranti forniti da Alcaucín all’intera Europa, i quali, in occasione della Festa Patronale, addormentano i fantasmi della nostalgia con un ritorno riparatore nel proprio villaggio natale.

È bella, per noi, questa “piena immersione” nella vita alcaucineña, nelle lente ore di una aldea che ha saputo recepire le innovazioni tecnologiche dell’Era Elettronica senza perdere le caratteristiche immemoriali della vita in montagna, in un luogo ove è possibile vedere, senza soluzione di continuità, i videoregistratori nelle case e i greggi di capre che i pastori conducono dalle stalle al pascolo, le discoteche e i contadini a dorso di mulo (subidos en sus acémilas), i computers e le zappe. Il forestiero è particolarmente colpito dalla cordialità, dalla disponibilità, dalla cortesia, dal calore umano che queste persone spontaneamente gli dimostrano: cose ritenute, secondo i pregiudizi correnti, difficilmente compatibili con l’isolamento della vita sui monti. È come se qui ti conoscessero da sempre, come se tu da sempre conoscessi il paese. Un altro aspetto assai peculiare lo si ritrova nella cucina, con piatti – semplici ma gustosi – la cui tradizione risale forse al Secolo d’Oro e che nelle città si cucinano ancora a malapena (apenas si se guisan ya), cancellati da nuove mode gastronomiche imposte dalla pubblicità e resi improponibili dal ritmo accelerato di vita.
Alcaucin_1
E parliamo ora della Festa di San Sebastiano, il cui sapore antico ci rievoca istanti perduti nelle paludi indistinte (ciénagas nebulosas) dell’infanzia “ormai favola di fonti” (ya fábula de fuentes). I razzi, con il loro repentino e tonante annuncio dell’inizio dei festeggiamenti, disegnano bianche nuvolette di spavento (blancas nubecillas de susto) nell’azzurro del cielo. Poi la Banda di Benamocarra comincia a percorrere interminabilmente le strade (empieza sus interminables pasacalles): un lungo itinerario che, durante i quattro giorni di festa, la impegnerà in accanite colluttazioni con pasodobles, marce e altri ritmi vernacoli. Questo combattimento finirebbe per estenuare i poveri musicisti se non disponessero del potente e aromatico ausilio di vini, birre e sangrías. E, la notte, ecco che si lacerano le anime dei cantaores, riversando le loro pene, le loro stanchezze, le loro speranze fallite nel lamento profondo del canto, assecondando le vibrazioni secche delle chitarre pizzicate da dita sanguinanti. Queste espressioni di sofferenza, così diverse melodicamente e culturalmente dal tango argentino ma ugualmente nate “per le sei corde” (para las seis cuerdas) dallo stesso dolore di perdita, giungono all’orecchio del forestiero di passaggio e gli rivelano i secoli di patimenti – dal lamento del re moro che perse Granada – sopportati da queste terre: invano cerca di mascherarli la pienezza con cui la gente, qui, si abbandona ai pochi piaceri concessi dalla vita.
Un_momento_di_festaUn altro grande ritorno all’infanzia è quello degli straordinari pagliacci Los Platas: la loro simpatia e la loro profonda umanità ci fanno ridere fino alle lacrime in quella miscela dolceamara così tipica degli spettacoli circensi, in cui allegria e malinconia sono indistinguibili. La nostra viva speranza è che non ci manchino, in futuro, occasioni per ammirare nuovamente la loro arte. Divertenti, secondo la previsione, le barzellette un po’ spinte ma comunque intelligenti del gran humorista Rafael Cosano: ben si innestano sul ramo piccante della comicità iberica, meritorio di tante risate. Assai opportuna l’idea del Comune di offrire sangría a tutti i presenti: bevendo qualche bicchiere (tomando unas copas), e col sangue generoso che l’alcool dà, si stringono e si rafforzano rapporti umani tra persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza, e si disegnano, nelle cellette cristalline della memoria, luminose immagini che sapranno imporsi all’oblio più ostinato (terco).
La processione del Santo Patrono resta in noi come un episodio suggestivo e un carissimo ricordo (recuerdo entrañable): le fiaccole ondeggiano lente le loro lingue infuocate, proiettando mobili ombre cinesi sulle pareti a calce dorate dal riflesso delle fiamme; i canti, mesti e sinceri, paiono scaturire direttamente dall’anima, mentre il ritmo cadenzato delle marce eseguite dalla Banda segna l’andatura dei fedeli…
Molto abili e simpatici i ragazzi del complesso Tejeda Boys; da segnalare lo stacanovismo del sassofonista, che di giorno suona il clarinetto nella Banda e di notte passa a modulare magate sevillanas il cui testo, struggente di nostalgia anticipata o carico di sensuali suggestioni nerudiane, ci reca il ricordo di tanghi nei quali si piange qualche commiato o ci fa rivivere le migliori pagine della poesia di lingua spagnola del nostro secolo: “Cuando un amigo se va, algo se muere en el alma… No te vayas todavía, no te vayas por favor, que hasta la guitarra mía llora cuando dice adiós…”; “Besaba la luna tu cuerpo desnudo… Tu boca en la mía, profundo silencio…” [“Quando un amico se ne va, qualcosa muore nell’anima… Non andartene ancora, non andartene per favore, che persino la mia chitarra piange quando dice addio…”; “Baciava la luna il tuo corpo nudo… La tua bocca sulla mia, profondo silenzio…”].
E la giovane cantante malagueña Noelia, le cui notevolissime virtù vocali, il cui dominio della scena e i cui vellutati incanti (aterciopelados encantos) fanno sospirare tutti gli adolescenti e molti degli uomini che assistono allo spettacolo, materializzando l’appassionato disegno ideale di qualche scintillante brano di prosa nabokoviana…
Scorcio_caratteristico_del_centroPoi la nuova sangría offerta dal Comune di fronte al Municipio, con la contemporanea esibizione del gruppo folcloristico Verdiales de Riogordo che, in abiti tradizionali e cantando in cerchio, come per se stesso, ci ha dato eccellenti prove del suo talento ed esempi rimarchevoli di canzoni popolari. Altri momenti che si sfumano di nostalgia (se matizan de nostalgia) sono stati la rottura degli orci alla fontana (gara al termine della quale l’anziano, malandato e stanco vincitore, oltre ad aver dato allegria ai  presenti, ha avuto il suo giorno di gloria, portandosi in più a casa qualche moneta) e la toccante omelia del parroco, con le sue commosse parole di saluto ai molti figli del paese recatisi lontano per cercar lavoro: le sofferenze e le umiliazioni che essi sono spesso costretti a sopportare possono gravare su di loro fin quasi a schiacciarli, ma nada es definitivo, e persino il dolore presto o tardi si estinguerà nella pace eterna.
Anche l’allegra vendita all’asta del palos di San Sebastiano – in cui chi ha ricevuto una grazia, o deve chiederne una, acquista il diritto di portare in spalla, durante la processione, una delle pertiche che reggono la statua del santo – è stata assai caratteristica, contrappuntata dagli ironici commenti del banditore tesi a far salire i prezzi. È seguito il saluto del Sindaco, don Pepe Béjar, nel corso del quale il primo cittadino ha rilevato con soddisfazione la piena riuscita della festa, con spettacoli e manifestazioni completamente gratuiti grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale.
E, per concludere degnamente i festeggiamenti (los festejos), una serie di splendidi fuochi d’artificio ha bruciato nel cielo i fiori policromi delle sue variegate alchimie piriche, mentre nella notte si scioglievano le ultime vivaci note dei complessi da ballo.
Desideriamo ringraziare il Sindaco, la Giunta, il Comitato Organizzatore per averci offerto una simile esperienza di gioia collettiva. Possiamo garantir loro che ci porteremo fin nelle nostre terre umide e fredde l’immagine accesa di questo sole candente, l’animata dolcezza di questi giorni vissuti in modo così intenso, la pelle dorata e il lucente sorriso delle ragazze dagli occhi alabastrini e dai capelli color miele scuro che percorrevano le vie del paese elargendo sogni di tenerezza (dispensando sueños de ternura), mentre il sole tramontava a lenti gradi dietro la linea retta di un monte piatto come un vassoio (bandeja) sul quale il cielo sembrava posare le sue progressive sfumature dorate che si incupivano nel rosso per poi disperdersi nell’oscurità della notte. Assieme alle nostre felicitazioni al Comune e al Comitato, rimpiangendo fin d’ora (añorando desde ya) le dolci immagini che ci permangono vivide negli occhi, vogliamo testimoniare (dejar constancia de) il nostro ardente desiderio di tornare: speriamo che (ojalá) la vita ci consenta di soddisfarlo.
Marco Grassano

NB: Questo articolo fu pubblicato in spagnolo, col titolo (echeggiante Hemingway) Unos días vividos intensamente, sul periodico della provincia di Malaga “La comarca” nel settembre 1989. Viene qui “riadattato” in italiano, lasciando in lingua originale (o riportandole tra parentesi) le espressioni più caratteristiche.
Le foto sono tratte dal sito dell’Ayuntamiento de Alcaucín.

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