
La nipotina alza gli occhi e le chiede: morirai anche tu?
Di anni, sussurrano ne abbia centocinquanta. Altri sostengono che i novecentotrenta siano vicini.
In Islanda il tempo si ferma. Ad un certo punto si ferma.
Il tuo cuore batte anche se sei vecchissima come me.
Vivi ancora, ma sei stanca. Più stanca del Vatnajökull, risponde Ava.
Non farebbe altro che ascoltare la nipotina leggere Pippi Calzelunghe o La saga del lupo.
Le ricordano quando correva nell’erba.
Le ricordano l’ontano su cui si arrampicava.
E l’invidia, verso suo fratello, che mirava con il pistolino gli altri che si arrampicavano.
La sua vita è, ancora, tra quei bambini gettati da un orfanotrofio all’altro.
Ai quattro angoli dell’isola come se il vento si divertisse a dividerli.
È seduta sul prato della vecchia fattoria.
La sua è una storia di donne. Donne che l’Islanda ha reso forti.
Donne con la corteccia, dice qualcuno.
Dei suoi fratelli, sette li ha presi la spagnola, il mare, l’alcool.
A lei sono rimasti brandelli di vite.
In una mano i fratelli
Nell’altra: un marito che non ha fatto ritorno, una figlia, un figlio postino.
Mancano solo pochi giorni al suo novecentotrentesimo compleanno.
Sa, come gli antichi islandesi, che qualcosa accadrà.
Si sveglierà nella penisola dei licheni.
La visiteranno una volpe, un’aquila, un cervo bianco.
Un urlo di luce squarcerà il cielo.
Aprirà le braccia, sentirà il vento e la luce baciarla per alcuni giorni.
Solo allora entrerà nel sonno della roccia, del muschio, dei licheni.
E, come altri, veglierà sull’isola.
Claudio Cherin
Reykjavík Museum of Photography
Grófarhús, Tryggvagata 15
Reykjavík
Islanda
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