Prosegue il racconto dell’ultima tappa del viaggio di Marco Grassano in Olanda: ancora nel cuore di Amsterdam.
Prendiamo a destra. Un ristorante offre Authentic Italian Kitchen; in vetrina, il cartello BURRATA. Il Café Montmartre, antro buio da malintesa vita notturna parigina. Sfociamo su un tratto di lungofiume interessato da lavori in corso. La pavimentazione stradale è stata rimossa. Nei valichi pedonali, il terreno polveroso è coperto da grandi stuoie di gomma nera, sulle quali passiamo per raggiungere il ponte che ci riporta all’altra riva. Fa abbastanza caldo.

Continuiamo dritti, costeggiando la destra di un canale. Rasentiamo l’Hotel Nes e la Pizzeria Porto Fino. Valicando un ponticello a bilanciere, in ferro grigio, raggiungiamo la sponda opposta e la seguiamo. Come spiegava il libriccino di Utrecht, si lasciano crescere spontaneamente pianticelle nelle commessure dei marciapiedi e a ridosso delle case, oltre che nelle aiuole, a volte piccolissime, che le orlano, e nei vasi disposti vicino agli ingressi.
Entriamo, da un portone, nel Boekenmarkt Oudemanhuispoort, ché così si chiama il posto. Un corridoio a galleria, chiuso da vetrate, si affaccia direttamente sul cortile, come in una scuola. Le botteghe del lato interno sono però tutte sprangate da ante di legno verde, ad arco. In fondo, prima di giungere alla calle parallela, un camminamento selciato tra due edifici, con diversi espositori orizzontali, anch’essi però chiusi. Niente commercio librario, oggi. Pazienza. Sulla destra del passaggio, un negozio di barbiere con l’insegna Kapsalon. A concludere lo spazio si erge un portale, il cui tondo frontone, verso strada, reca scolpiti rozzi occhiali, come quelli di frate Guglielmo in “Il nome della rosa”. Curioso. Ma timpani con bassorilievi di pietra smangiata si trovano, di tanto in tanto, lungo i canali di tutta la parte storica.
Ester suggerisce di andare a visitare il Westerstraatmarkt, nel quartiere Jordaan, che non abbiamo ancora visto. Ci incamminiamo. Raggiungiamo, in pochi passi, il naviglio successivo e lo percorriamo verso Nord. Incrociamo un uomo parecchio somigliante all’Ingegnere Capo del Comune di Ovada, ma non può essere lui, visto che parla in olandese col tizio al suo fianco.
Svoltiamo a sinistra. Proposte gastronomiche internazionali. Un simpatico gioco di parole denomina la friggitoria Chipsy King. Giungiamo di fronte al Palazzo Reale. Sono le dieci e mezza. Il carrillon della vicinissima Nieuwe Kerk attacca a suonare una vivace melodia. In un racconto umoristico di Edgar Allan Poe, gli olandesi appaiono maniaci degli orologi da campanile. Durante i suoi anni di studio in Europa, l’autore deve esserci passato, da queste parti.
Rifacciamo, per un tratto, il percorso seguito andando alla casa di Anna Frank, ma ci manteniamo più a lungo sull’ampia e trafficata via dietro la reggia. Case sbilenche. La pizzeria Ponte Vecchio. Non sono certo i ristoranti italiani a mancare.
Imbocchiamo un vicolo sulla sinistra. Attraversiamo, in successione, quattro navigli, lungo strade pedonali piene di vetrine. A quella di un bar è affisso l’ammonimento: “A gentleman doesn’t kiss and tell!”.

Risaliamo per un tratto la banchina sinistra dell’ultimo canale, fino a trovarci davanti la mole massiccia, squadrata della Noorderkerk. Da qui si srotola l’ampia strada sotto i cui alberi, ancor giovani, sono disposte le bancarelle, per lo più di stoffe e abbigliamento.
Ci infiliamo anche noi nella corsia di mezzo, affollata da islamiche col velo e da donne di colore a capo scoperto, cui si mescolano olandesi anziani che trainano il carrellino della spesa. Pochi, in proporzione, i turisti: forse preferiscono dedicarsi ad altro. Percorriamo l’intera, duplice fila, fra esposizioni di tessuti variopinti. Trovo, su un banchetto di minerali, le pietre di luna, in vendita a soli due euro: ma ormai ce l’ho.
Edifici in mattoni a vista, di sagoma e altezza disuguali. Biciclette appoggiate lungo tutto il marciapiede. Al termine, varco, incuriosito, il portone di un palazzotto dove una freccia, rivolta all’interno, indica una serie di civici (dal 353 al 381), e mi affaccio sul verde di un bel giardino appartato fra i muri, rigogliosamente geometrico.
Riconosco, dall’altra parte del naviglio perpendicolare al mercato, la piscina coperta lambita tornando dalla casa di Anna Frank. Dunque ci eravamo già passati, di qui.
La fermata della metro più vicina è alla Centrale. Ci incamminiamo, proseguendo sulla banchina destra. Una fila di case battello, con tanto di numeri: 62 G, 58 Z, 57, 56 P, 54 F… Le costruzioni, pur con fogge diverse, sono sempre di laterizi non intonacati: caratteristica del quartiere, evidentemente.
Svoltiamo, alla fine, in Palmstraat, che più avanti si fa solo pedonale e ciclabile. Anche qui i marciapiedi e i cigli delle case sono fioriti di vegetazione. Non c’è praticamente edificio che non abbia il suo ciuffo di verde, grande o piccolo, rampicante o autoreggente, si trattasse anche di semplici malvoni erbacei (Althaea rosa). Su una parete, la targa in pietra: “Palma sub pondere crescit”.
Vasi in grande copia pure attorno alle chiatte abitate che troviamo sfociando sulla riva del Brouwergracht, che ci avevano citato durante la crociera serale. Ovunque, in Olanda, compresi gli angoli più bizzarramente urbanizzati, si nota un grande rispetto per le piante.
Trentaduesima parte – Segue
Marco Grassano
Foto di M. Ester Grassano
Didascalie:
Lasciando il mercato per raggiungere il Palazzo Reale
La Noorderkerk