Il Globe Theatre di Roma (a Villa Borghese) ripropone quest’anno il Giulio Cesare di Shakespeare nell’allestimento di Daniele Salvo, con Giorgio Albertazzi nel ruolo del dittatore. Cinque anni fa la parte era di Massimiliano Sbarsi che impersonava anche Ottaviano, sottolineando – anche se sotto traccia – la continuità nella trasmissione del potere dal patrigno al figlio adottivo, potere di cui entrambi faticavano a conservare una qualche forma di legalità, svuotate ormai le istituzioni della res publica.
Avevo visto quello spettacolo e mi era piaciuto, così come mi ha convinto questa ripresa, solo in parte rovinata da un cortocircuito che ha fatto fare le bizze ai proiettori nella prima parte, inconveniente di cui il regista si è scusato al termine della rappresentazione della prima.
Quest’anno come allora mi sono ritrovato a pensare al ruolo centrale di Cassio nell’economia del dramma, messo in evidenza da un ottimo Giacinto Palmarini che sa sedurre l’ondivago Bruto (Gianluigi Fogacci) e trascinarlo dalla parte dei cospiratori, tutti di nero vestiti per distinguerli dalla massa dei cittadini proni al potere del tiranno. Quando entra in scena nella sua veste bianca e regale, Albertazzi riceve il primo caloroso applauso del pubblico che sottolineerà altri momenti dello spettacolo (a mio giudizio in un paio di occasioni un po’ fuori luogo). Cassio è dunque seduttore e motore del complotto che prende forma in una città spettrale in cui il fuoco la fa da padrone. L’elemento incandescente può forse essere preso a cifra dell’allestimento di Salvo, con il suo doppio valore di forza in grado di forgiare ma anche di fondere e distruggere.
Una menzione particolare la merita poi Melania Giglio, per le straordinarie doti canore che dimostra nel ruolo della maschera del destino (straziante e minaccioso è il suo canto in latino) e per l’interpretazione della nobile Portia. Nel serrato dialogo col marito Bruto esprime al meglio il crescendo di emozioni che si dibattono nell’animo muliebre: dalla (finta) sottomissione all’aperta denuncia dei propri diritti come donna fuori dal comune, in quanto moglie e figlia di due romani d’eccezione.
Anche l’Antonio di Graziano Piazza si evolve sotto gli occhi degli spettatori. Nella seconda parte dello spettacolo, mentre Bruto è alla tribuna, egli – vestito di bianco – entra in scena con il cadavere di Cesare, attirando su di sè l’attenzione senza nemmeno aver profferito parola. “Evviva Bruto” gridano i cittadini e lui li ricambia con uno sguardo di disprezzo. “Sali alla tribuna” lo invitano e Antonio comincia a parlare in tono pacato, sottolineando però con la mano destra le parole più significative della sua orazione e facendo un uso spregiudicato e magistrale dello strumento retorico della paralessi: “Se volessi spingervi alla ribellione…; ebbene, che non sappiate che voi siete i suoi eredi!”. Con pochi giri di frasi riuscirà a conquistarli alla sua causa, a dimostrazione dell’infallibilità della “prima regola di Erodoto” (leggete In viaggio con Erodoto di Ryszard Kapuściński, Feltrinelli, per scoprire le altre…): è più facile ingannare cento uomini che uno solo.
Saul Stucchi
Le foto sono di Tommaso Le Pera
GIULIO CESARE
di William Shakespeare
Regia di Daniele Salvo
con Giorgio Albertazzi, Gianluigi Fogacci, Giacinto Palmarini, Graziano Piazza e Melania Giglio
Globe Theatre
Villa Borghese, Roma
Dal 9 al 26 agosto 2012 (lunedì riposo)
Orario: 21.15
Biglietti: intero 23-13-10 €; ridotto 20-11-8 €
Informazioni e prenotazioni:
Tel. 06.0608
www.globetheatreroma.com