
Tema molto interessante, svolgimento piuttosto deludente. Così potremmo sintetizzare all’estremo l’incontro tenutosi ieri sera nella Sala della Passione del Palazzo di Brera, dal titolo Classico e anticlassico. Quarto di una lunga serie di appuntamenti organizzati dalla Soprintendente Sandrina Bandera e dal critico d’architettura Luca Molinari ha avuto per ospiti Mario Bellini e Vincenzo Trione.
Chi però si aspettava un dibattito tra i due relatori sulla dialettica classico – anticlassico nell’architettura italiana (o più in generale nell’arte e nella cultura del nostro Paese) è rimasto deluso. Il pubblico in sala infatti ha assistito a una – peraltro interessante – introduzione di Molinari a cui hanno fatto seguito le presentazioni, con tanto di slide, di Trione e Bellini. Il primo ha illustrato genesi, installazione e opere della mostra Post-Classici ospitata l’anno scorso al Palatino e al Foro Romano, soffermandosi soprattutto sugli ostacoli organizzativi che ha dovuto superare (“ah, gli archeologi che vogliono a tutti i costi preservare il cuore della romanità! Che Giove ce li conservi!”, veniva da pensare al modesto cronista con la laurea in storia romana nel cassetto). Critica e pubblico gli hanno dato ragione e tutto è bene quel che finisce bene, diciamo, memori della spettacolare installazione di sculture di Mitoraj ai Mercati di Traiano (un neo-neo-classico nel tempio del classico?) e dell’altrettanto riuscito matrimonio tra la scultura classica e gli spazi moderni della Centrale Montemartini, sempre a Roma.
Mario Bellini, da parte sua, ha ripercorso a tappe forzate la sua pluridecennale carriera, mostrando con immagini come a ogni sua opera classificabile come “classica” ne sia seguita, immediatamente o dopo diversi anni, ma senza una precisa scelta intenzionale, un’altra etichettabile come “anti-classica”. Il suo primo lavoro in assoluto, un tavolo realizzato nel 1962 (fresco di laurea e che subito gli valse il Premio Compasso d’Oro), era quanto di più classico si possa immaginare, mentre il tavolo a cui sta lavorando in questi mesi è ai suoi antipodi. Confrontando tra loro opere e progetti del suo studio Bellini ha affrontato per immagini più che per tesi e teorie il tema del rapporto tra classico e anticlassico. Fino ad arrivare al meraviglioso “velo” con cui ha ricoperto la Cour Visconti del Louvre, sotto il quale sono conservati i manufatti dell’arte e della civiltà dell’Islam.
Prossimo appuntamento a Brera il 2 aprile: Cino Zucchi e Gabriella Belli dibatteranno (si spera) su “Progetto, programma, committenza”.
Saul Stucchi