Il centocinquantenario dell’unità d’Italia si è lasciato passare a grande velocità fatta eccezione per il solito intrattenimento a uso e consumo dello spettacolo per il quale ogni occasione è buona, compreso quello delle cosiddette istituzioni, inadeguate come e peggio di sempre a dire alcunché di sensato sul Risorgimento – a farne argomento di pubblica discussione e comprensione e non mera occasione di recita retorica. Non sono anzi mancate le espressioni di esibito fastidio, e poco si è fatto per dare ai più gli strumenti per comprendere meglio una storia che dovrebbe essere la nostra.
Suggerisco dunque un paio di titoli per avvicinare la figura più problematica del Risorgimento stesso, l’apocalittico e per certi versi poco italiano Giuseppe Mazzini. Sono due libri che raccolgono testi centrali della riflessione e della propaganda dell’acceso agitatore genovese – sì che il lettore può farsene un’idea più ravvicinata, filologicamente attrezzata, anche, nel volume Cosmopolitismo e Nazione della casa editrice Elliot, molto ben strutturato, a cura di Nadia Urbinati e Stefano Recchia.
Assieme all’altro, Dal Risorgimento all’Europa, ben introdotto da Beppe Benvenuto (per Mursia), con una piccola biografia a cura di Arturo Colombo, propongono uno sguardo diretto sul pensiero mazziniano – in fondo il meno definito fra quelli massimi dell’epoca – attraverso una scelta cospicua di scritti. Emerge certa precarietà teorica delle idee mazziniane soprattutto alla luce di impianti teorici coevi più robusti del suo, e Benvenuto ripercorre con passo svelto ma chiaro la storia della ricezione mazziniana, che si tratti di mera storiografia, di pubblicistica divulgativa o delle stesse temperie politiche che si sono appropriate dell’eredità mazziniana, fino alle paradossali convergenze di fascismo e Resistenza.
L’altro punto di accordo fra le diverse interpretazioni sta nel collegamento indubbio (che Mazzini stesso istituiva come cogente e imprescindibile) fra la patria e la dimensione internazionale – nazionalismo dunque no, almeno nel senso deteriore (posto che un altro sia spendibile) e aggressivo del termine. Forse, Urbinati e Recchia si mostrano più fiduciosi nel carattere positivo di idee a loro avviso incardinate su due principi di base: la democrazia e l’autodeterminazione nazionale, entrambe bisognose tuttavia di una educazione culturale che costituiva una pre-condizione ineludibile.
Così, nell’introduzione al volume della Elliot, il pensiero mazziniano, benché teoreticamente meno coeso, sembrerebbe poter stare a fianco a quello di altre figure politiche importanti dell’Ottocento come Marx o Bakunin (esprimerei qualche riserva al riguardo). Laddove Benvenuto, sulla scia di altre letture storiche, mostra maggiori perplessità riguardo alla possibilità di una ricezione in chiave al tutto democratica del dogmatismo mazziniano – e di sicuro fuori da una prospettiva liberale. Anzi, non mancano elementi di inquietudine rispetto a certi tratti quasi fondamentalisti, vaticinanti e misticoidi che ognuno potrà giudicare da sé leggendo i due libri. Almeno a Mazzini, spregiatore di ogni dissenso interno, avventuroso assai nelle sue imprese, però va riconosciuto di essere fuori dalla peggiore tradizione italiana del disimpegno, della furberia, del “particulare” e della cortigianeria che hanno improntato di sé la nostra storia. “La vanità, la leggerezza, la necessità di crearsi discolpe a’ delitti han fatto a gara per travisare fatti, passioni, costumanze, ed abitudini”. I doveri, prima dei diritti. In Italia, non una roba diffusa. Non foss’altro che per questo, l’ex Carbonaro merita il rispetto di una lettura attenta.
Michele Lupo
Giuseppe Mazzini
Cosmopolitismo e Nazione
(a cura di N. Urbinati e S. Recchia)
Elliot
2011; pp. 344
22 €
Giuseppe Mazzini
Dal Risorgimento all’Europa
(a cura di B. Benvenuto e A. Colombo)
Mursia
2011; pp. 238
17 €