Éric Chevillard racconta cosa c’è dopo la morte, nel suo romanzo più ironico, a tratti sconsolato, poetico e ingegnoso che s’intitola Santo cielo (Prehistorica Editore, 2025, traduzione di Gianmaria Finardi).
Protagonista del romanzo è Albert Moindre: come sa ogni lettore di Chevillard, è colui che ha stilato la lista delle invenzioni con cui Dino Egger (Prehistorica, 2023), avrebbe arricchito il mondo. Ma anche il protagonista di Sans l’orang-outan (del 2007, non tradotto in italiano).

Albert Moindre è da poco morto in un incidente. Il luogo in cui si trova è un interregno, dove, secondo il protagonista, vengono raggruppate le anime più per affinità che per i tipi di morte che hanno subito o per i peccati commessi. Non ci sono fiamme, diavoli o tentazioni, né i prati eterni, i cherubini, che i pittori hanno dipinto.
L’aldilà di Chevillard ha a che fare con Kafka (un Kafka ironico e riconciliato col mondo) e ciò che rimane della vita: elenchi di particolari, che, se non restituiscono la vita di Albert Moindre, ne mostrano i momenti più importanti, ne raccontano i risvolti, le aspettative e le disillusioni.
Dell’esistenza, sembra dire lo scrittore francese, rimangono i particolari. Tutto quel ciarpame, portatore di senso e di vita, che finisce nelle cantine o nelle soffitte, e di cui ci si libera un mattino all’improvviso. Non altro.
La Voce che risponde ad Albert sembra quella (scortese) di un applicato di segreteria in un’amministrazione sovietica e non quella di una guida spirituale, di un angelo custode o di un Dio antropomorfo.
In questo romanzo Albert è descritto come un amante deluso, un marito esasperante, un amico pronto a piccoli tradimenti. L’unica cosa che ha saputo fare è saper riparare i ponti trasportatori – meccanismi complessi e obsoleti (ne restano otto al mondo) che trasportano esseri umani e cose da una riva all’altra – per il resto Albert ha fallito: non è diventato il poeta che sperava, la moglie lo ha lasciato, portando con sè sua figlia. Troppo presto.
Il lettore capisce che il tempo non esiste più, c’è solo attesa e noia in questo (burocratico) aldilà, composto solo da uffici.
Ad Albert, come alle altre anime, è concesso chiedere spiegazioni all’Ufficio delucidazioni, dove viene illuminato sui fatti inspiegabili della sua esistenza (atti mancati, parole non dette, schiaffi presi senza un apparente motivo).
Albert può spiare la vita di chi è ancora vivo, dall’Osservatorio, in cui c’è un telescopio, con cui vedere ciò che stanno facendo le persone che ha lasciato. A tutti i morti è precluso il futuro. Ma all’Ufficio reclami, si può venire a conoscenza dei retroscena poco chiari della propria vita. Ad esempio un’attesa che si è rivelata inutile o il motivo di uno smacco subito.
Infine, c’è un Ufficio retribuzioni, che conferisce una gloria postuma. Questo ufficio si sforza di riequilibrare le gerarchie terrene. Così, nella musica, non ci si sorprenderà di trovare Mozart prima di Beethoven, Wagner più in basso, ma sempre più in alto rispetto a «un musicista tuareg che non ha scritto le sue effimere composizioni».
In questo aldilà tutto è annotato, classificato, giudicato da una burocrazia che pesa il valore delle anime. «A essere premiati sono i meriti. Le gerarchie sono definitive e incontestabili», si legge a un certo punto.
In un oltretomba così disegnato, tutto è controllato, contato, stabilito da un’Autorità i cui obiettivi sono impenetrabili. Davvero qualcuno può pensare che la vita sia lasciata al caso? O al libero arbitrio?
Le grandi questioni – il Big Bang, l’esistenza del male, la persistenza dell’essere, perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla – non sono chiarite. Il perché o il come saranno illustrate alla fine di tutte le fini, dopo l’Apocalisse. «Quando il racconto (delle vite) sarà finito», leggiamo altrove.
Il finale, che non si può svelare, è tutto da scoprire. Per fortuna c’è Éric Chevillard che, con le sue brillanti idee, meraviglia e scompiglia le aspettative del lettore.
Claudio Cherin
Éric Chevillard
Santo cielo
Traduzione di Gianmaria Finardi
Prefazione di Paolo Di Paolo
Prehistorica Editore
Collana Chevillardiana
2025, 171 pagine
17 €