Devo decidermi a contarle, una buona volta, aiutandomi con fotografie e diari di viaggio. Ma se dicessi che quella di oggi è stata la decima visita all’Acropoli di Atene, azzeccherei il numero esatto o comunque ci andrei vicinissimo (magari sbagliando per difetto).
Ricordo di essere sempre salito, in ciascuno dei miei soggiorni più o meno lunghi nella capitale greca, sulla sommità della collina che è il cuore della città moderna come lo è stato per quella antica. Il simbolo più noto della civiltà ellenica e il sito archeologico più visitato. Mai come oggi, mi verrebbe da aggiungere, appena rientrato in hotel.

Sapevo che avrei condiviso la visita con centinaia di persone (ho letto da qualche parte che il limite giornaliero è di ventimila visitatori, ma non so se la notizia è aggiornata…) e la folla di ieri allo spettacolare Museo dell’Acropoli mi aveva già dato un assaggio della situazione che avrei trovato oggi.
Eppure non si ha davvero contezza del fenomeno dell’overtourism finché non si è in coda per entrare – nonostante si sia già in possesso del biglietto, visto che è necessario pre-acquistarlo sul sito, scegliendo l’ora d’ingresso – e ci si immette nel serpentone umano che sale lentamente dalle pendici fino al Partenone, ideale meta dell’ascesa.

Il prezzo del biglietto intero è di 30 € (20 € per il Museo dell’Acropoli, 12 € il Museo Archeologico Nazionale, poi ci sono gli altri siti archeologici, come l’Agorà, l’Agorà romana, la Biblioteca di Adriano…): nel 2018 – l’ultima data di cui ho un riferimento certo, avendone preso appunto allora – costava 20 €.
A offuscare la magia della visita, almeno per chi è di ritorno e non può più godere dell’effetto sorpresa, non è tanto (non solo, comunque) l’aumento del prezzo – ma è vero che accedere ai musei greci sta diventando sempre più problematico per chi non abbia diritto a una qualche forma di riduzione – quanto il turismo di massa sommato a una gestione che in questo momento non pare all’altezza della bellezza del sito.
Molte aree sono recintate con del semplice nastro colorato come luoghi del delitto, inaccessibili alla visita. Il Partenone è in perenne stato di restauro, con ponteggi che ne compromettono la lettura (e il godimento). La cementazione di gran parte del percorso ha fatto gridare allo scandalo i puristi. Non sono tra costoro, ma devo riconoscere che adesso sembra di camminare su uno dei marciapiedi della città, è non lo intendo in senso di complimento.
Un paio di distributori dell’acqua – con temperature massime attorno ai 34° C – erano fuori servizio. Il vento particolarmente forte ha costretto i custodi a bloccare l’accesso ad altre aree, come la punta estrema della piattaforma, su cui svetta e sventola la grande bandiera greca. Ho potuto arrivare fino alla targa che ricorda l’eroica impresa di Manolis Glezos e Apostolos Santas che la notte del 30 maggio 1941 salirono di nascosto sull’Acropoli per ammainare la bandiera nazista, issata da oltre un mese (dal 27 aprile).

Spero che alla prossima occasione l’Acropoli mi si ripresenterà al meglio del suo fascino, quello che emana sempre quando la si guarda da sotto e da lontano. Come adesso che è illuminata da una luna che è quasi piena (lo sarà domani, sabato 9 agosto).
Saul Stucchi
Acropoli di Atene
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