«Non sono autobiografia, sono un campione d’esistenza al femminile. Ogni ragazza dell’Occidente percorre infatti fasi “obbligate” dello sviluppo fisico e psichico. Importante, questo modello imposto e comune. Rifletto sul destino della donna e mi domando: da dove proviene la forza prepotente che ci costringe a seguire quel modello? Chi ci impone di recitare, con la convinzione di prime attrici, una parte secondaria nell’esistenza sociale? Chi ci suggerisce di dire “io” a bassa voce? Risalgo ad Eva, la mela e il serpente, e discendo dentro me stessa. Frugo dietro le istituzioni sociali, dietro i tabù del sesso, nell’inconscio maschile. Ma frugo anche nel mio inconscio che pullula di immagini compiacenti, deformate, della Femminilità. E mi sforzo di toccare il fondo, di snidare quanto di ancora inconfessato giace nel ripostiglio della mia bell’anima tradizionale».
Con queste parole Armanda Guiducci descrive la ricerca sull’essere donna presente ne La mela e il serpente. Autoanalisi di una donna (Nottetempo editore, 2025), un saggio che analizza il ruolo della donna nella società italiana.

La mela e il serpente di Armanda Guiducci fu il secondo bestseller del femminismo italiano degli anni Settanta, pubblicato un anno dopo Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti. Uscito nel 1974 per Rizzoli e ristampato nella BUR nel 1976, fu accolto con sconcerto dalla critica, ma il pubblico capì subito per quale motivo era stato scritto.
Il libro si rivolgeva alle donne borghesi e piccolo borghesi, giovani e meno giovani, colte e meno colte, la maggior parte delle quali non aveva mai partecipato a un collettivo femminista e neppure a una manifestazione di piazza. Anche Armanda Guidacci era una outsider: nata nel 1923, studiosa di letteratura negli ambienti del marxismo critico, prima come direttrice di Ragionamenti e poi come segretaria del Circolo Turati di Milano.
L’impatto de La mela e il serpente, capostipite e matrice di una lunga serie di libri sulla la millenaria sofferenza femminile, è stato determinante per almeno due o tre generazioni di lettrici.
Sempre della stessa autrice è stato ripubblicato da Mondadori Due donne da buttare (2024) testo in cui si accostano i monologhi di una casalinga infelice e di un’ex prostituta quasi felice (ma alla fine, abbastanza infelice anche lei). Monologhi che danno voce alla divisione del lavoro imposta alle donne nella modernità: la schiavitù del lavoro domestico e la degradazione del lavoro sessuale. All’origine delle dicotomie moglie-puttana, angelo-strega, madonna-virago.
Guiducci ne La mela e il serpente intreccia tre piani di ricerca: il primo, vero filo rosso della narrazione, è la storia di una donna senza nome, perché non importa il nome: in lei devono rivedersi tutte le donne.
Poi c’è il diario, scritto con il corpo, nel quale Guiducci fa emergere uno dopo l’altro i miseri risarcimenti che la società attribuisce alla donna: il narcisismo, l’infantilismo, la mistica della maternità.
Ci sono infine le voci di altre donne, chiamate a lasciare testimonianza scritta dei loro sogni o delle loro esperienze di madri. E così si passa alla parte più apertamente saggistica che convoca un vasto repertorio di studi specialistici e li discute con la chiarezza della divulgatrice di classe: storia, filosofia, storia delle religioni, linguistica, letteratura, biologia, antropologia soprattutto, da Frazer a Lévi-Strauss, Margaret Mead, Marcel Griaule, Ernesto de Martino.
L’antropologia, si capisce leggendo, è la disciplina che Guiducci ritiene più affidabile e le permette di demistificare il mondo borghese, occidentale, bianco.
Claudio Cherin
Armanda Guiducci
La mela e il serpente
Autoanalisi di una donna
Nottetempo
2025, 396 pagine
19,50 €