Antonella e Franco Caprio nascono a Torino ma sono pugliesi – la prima è insegnante, il secondo medico. Spinti dal desiderio di raccontare una storia privata, di famiglia, attraverso la quale però far passare le tracce di un intero mondo, quello di un sud rurale che in pieno Novecento si affacciava al resto del mondo (Lamerica) solo per sfamarsi e qualche volta fare fortuna, hanno scritto un romanzo a quattro mani di onesta vena popolare. Viste le caratteristiche di saga sentimentale che lo connotano, non è escluso che con un editore robusto avrebbe potuto guadagnarsi un certo successo anche commerciale – vale la pena di sottolineare che un piccolo editore se non ha la forza di sostenere e far progredire un’opera dalle buone potenzialità, dovrebbe limitarsi a farsi un nome nell’editoria come talent scout e avere, dopo il suo buon tornaconto, la lungimiranza di cedere i diritti ad altri.
Il segreto del titolo è confidato da una bambina dapprima a un albero di gelso e poi alle pagine di un diario. La bambina fa parte della famiglia Di Lauro, il cui capostipite fa su e giù fra le Murge e gli Stati Uniti, non conclude granché, ma ingravida sua moglie appena può: di lì l’albero genealogico arriva fino a Marianna, malata miracolata e adulta volitiva e tenace, che chiede alla figlia Martina (e sospettiamo che questo personaggio adombri l’autrice Antonella) di trasformare il diario (che contiene la storia toccante di Marianna e dei suoi familiari) in un romanzo. 
Che è quello che leggiamo. La narrazione è dunque in terza persona fino al febbraio del ’64, quando nasce Martina, poi (ma è solo l’ultima parte) si trasforma in prima. La storia ha i tratti dolenti ma speranzosi di un certo meridione cresciuto fra proverbi e superstizioni, ristrettezze economiche e fatiche durissime, storie di emigranti e contadini in affanno, terre arse e scarsità di risorse, guerre che scoppiano improvvise e rientri festosi in famiglia. Ma soprattutto è un storia di donne, donne ingenue che partono all’improvviso per Lamerica e vedere cosa combinano i propri mariti salvo farsi raggirare con comica facilità, e donne che sanno che “una moglie che si rispetti deve saper essere forte e sana, e non trascorrere intere giornate a letto come una capricciosa nobildonna” sebbene la malattia mortale stia per portarsele via. L’andamento del libro nei suoi passaggi migliori è tipico del racconto orale, e a mio avviso, se non mancano le ingenuità stilistiche di un dettato a tratti forzatamente letterario, il romanzo dà il meglio di sé nella mimesi del parlato (che si tratti di opzioni lessicali o dell’intera struttura sintattica) riuscendo attraverso questa via, specie nei dialoghi, vivi e briosi, a tratteggiare i caratteri di un’umanità che gli autori guardano con intensa, partecipata commozione.
Michele Lupo
Antonella e Franco Caprio
Il segreto del gelso bianco
Besa Editrice
2011; pp. 363
18 €