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Voi siete qui: Biblioteca » “Il pulcino di Kant” di Giorgio Vallortigara

10 Ottobre 2023

“Il pulcino di Kant” di Giorgio Vallortigara

Nel volume Pensieri della mosca con la testa storta, il neuroscienziato Giorgio Vallortigara suggeriva la “tesi abbastanza estrema”, parole sue, che “le forme basilari della vita mentale non necessitino di grandi cervelli”. Non è dunque per spiegarci quanto siano più intelligenti delle mosche che Vallortigara ha impiegato alcuni anni della sua attività al CIMeC di Rovereto a studiare il comportamento dei pulcini, attività i cui risultati ha illustrato in un libro recente, adelphiano come l’altro, Il pulcino di Kant.

La ricerca piuttosto si inscrive nel solco di un lavoro pluridecennale portato avanti da Vallortigara e altri neuroscienziati sul tema della coscienza (e della conoscenza) nel raffronto fra vario mondo animale e specie umana. Benché possa apparire sorprendente, attraverso lo studio delle capacità cognitive dei pulcini impariamo molte cose che riguardano i neonati.

Giorgio Vallortigara, Il pulcino di Kant, Adelphi

Ne vien fuori per esempio che se il movimento riveste un ruolo importante (essendo l’abilità di riconoscere entità animate imprescindibile per orientarsi nel mondo, individuare pericoli o partner sessuali), già discernere i tratti di un volto è un fenomeno che accomuna specie lontanissime, e, questa la convinzione di Vallortigara, in virtù di meccanismi innati.

Ne intuì qualcosa Douglas Spalding, “l’eroe scientifico” di Vallortigara, che a metà dell’Ottocento spostò il problema delle origini della conoscenza dalla metafisica alla biologia, scoprendo che “la capacità di volare dei pulcini era già lì bella e pronta”, pur senza alcuna esperienza.

Nel libro, Vallortigara riporta le fasi del lavoro in laboratorio che dimostrano come la mente del pulcino appena nato abbia una struttura biologica sufficiente per leggere e correttamente interpretare i segnali dell’ambiente circostante. Non solo; dalle osservazioni comparate con i neonati e in virtù di un antenato comune risalente a trecento milioni di anni fa, le due specie paiono condividere schemi mentali simili per riconoscere per esempio delle facce, per lo più determinanti nell’imprinting, attraverso pochi punti allineati a mo’ di triangolo rovesciato.

Le due specie reagiscono allo stesso modo ai movimenti e alla velocità di ciò in cui s’imbattono, con la differenza che i pulcini (“specie a prole precoce”) sembrano più rapidi, più pronti – si direbbe, più coscienti – di quanto non siano i bambini (“specie a prole inetta”). I pulcini insomma riconoscono da subito volti, si orientano benissimo nello spazio e a modo loro sanno fare di conto.

Tali esordi, ossia l’individuazione corretta delle “tracce di una presenza animata” e le risposte conseguenti, hanno naturalmente a che fare con la costruzione di un apparato cognitivo successivo, e questo ci conduce a una questione cruciale.

Lo abbiamo più volte mostrato su ALIBI occupandoci di vari libri sull’argomento: gli studi che intrecciano etologia e neuroscienze occupano un ruolo centrale nelle odierne esplorazioni sui tema della coscienza e della conoscenza ma Vallortigara, che nel settore è un nome di primo riferimento a livello internazionale (Il pulcino di Kant è uscito prima negli Stati Uniti), ci ricorda non solo che lo stesso apprendimento (l’approccio empirico) deve poggiare su un qualche “meccanismo di istruzione filogenetico”, ma che non di rado questi studi possono avere ricadute su un piano pratico per noi umani.

Accade per esempio per i disturbi dello spettro autistico, laddove intervenire molto presto per sperare in una prognosi favorevole sarebbe fondamentale. I test utilizzati con i pulcini per registrare anomalie comportamentali di fronte agli agenti animati sono adattabili anche ai bambini. Non proprio una faccenda trascurabile.

Michele Lupo

Giorgio Vallortigara
Il pulcino di Kant
Illustrazioni di Claudia Losi
Adelphi
Collana Biblioteca Scientifica
2023, 171 pagine, 77 illustrazioni b/n
20 €

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