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Voi siete qui: Arte » Ultimi giorni per farsi stregare dai colori del Mediterraneo di Chagall

5 Gennaio 2010

Ultimi giorni per farsi stregare dai colori del Mediterraneo di Chagall

chagall_ante “Molta della pittura che oggi viene esaltata sarà dimenticata quando le forme e i colori di Chagall daranno ancora gioia all’umanità. Allora si scoprirà che Chagall ha dato uno dei maggiori contributi alla realizzazione della libertà nell’arte”. Così profetizzava Lionello Venturi nel 1945. Le sue parole sono ricordate all’inizio della splendida mostra Chagall e il Mediterraneo ospitata fino al 17 gennaio 2010 nelle sale di Palazzo Blu sul Lungarno a Pisa. Diciamo subito che la sede è prestigiosa, ma il percorso risente inevitabilmente dell’angustia di alcuni ambienti. Capita così di procedere in fila, con una forte limitazione della libertà di movimento e di godimento delle opere esposte. Il vero punto debole dell’allestimento, tuttavia, è la disposizione delle didascalie che in alcuni casi (non rari) si può ben definire assurdo. La lettura delle targhette è disagevole e se ci sono molti visitatori in sala, si finisce col sacrificarne qualcuna per evitare di interrompere continuamente il flusso della visita.
A giustificare però il disagio ci sono ben 150 opere che forniscono un’ottima prova della multiformità del genio dell’artista russo. Troviamo infatti esposti dipinti, sculture, ceramiche e litografie e sono soprattutto i lavori meno noti (dunque NON i dipinti) a sorprendere e ammaliare i visitatori.
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Già dalle prime opere si può osservare che l’artista trasforma il cielo in una tavolozza di mille colori e in un palcoscenico sul quale danzano sirene affascinanti che paiono in perfetta sintonia con altri rappresentanti del mondo animale. Ecco Nizza e la Costa Azzurra nelle prove d’artista. Se Parigi aveva già prodotto una rivoluzione nella sua visione del mondo e dunque nella sua arte, l’incontro con il Mediterraneo fu per Chagall un innamoramento a prima vista che seppe riportarlo in vita dopo le terribili esperienze della guerra e della morte della moglie. L’arrivo nel sud della Francia dall’esilio americano gli ridiede quella gioia di vivere (e non a caso ricordiamo il titolo della celebre esposizione veneziana su Picasso di qualche anno fa) che prorompe prepotentemente nelle sue opere e ben lo si vede in mostra.
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Al fondo del lungo corridoio è esposta la Sposa dei due volti, una delle opere più belle. Dicevamo dei manufatti: spiccano i piatti modellati a stampo, come quelli con la raffigurazione delle fiabe di La Fontaine, come la Volpe e la cicogna e la Volpe e l’uva. Di questa celeberrima favola ammiriamo anche un’acquaforte su carta velina Rives e una gouache e acquerello su carta. L’animale ha uno sguardo malinconico e le fauci chiuse, quasi annichilito dalla distanza incolmabile che lo separa dall’agognato grappolo. Salendo al piano superiore si possono osservare alcune foto in bianco e nero che ritraggono l’artista al lavoro.
Ora è il turno delle splendide storie di Dafni e Cloe, ma non si può non soffermarsi di fronte all’enigmatica scultura double face sulla quale sono scolpiti da una parte un paesaggio e dall’altra una coppia con uccello. La pietra di Rognes ricorda quella morbida di Palmira, rosea e solare.
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In molte opere si può notare una composizione circolare: i soggetti sembrano svolazzare attorno a un centro vuoto, sospinti da un vortice che li fa danzare senza infastidirli. Si vedano per esempio Tempio e storia di Bacco e Il trionfo della musica. Gli innamorati, invece, come nel celebre mito raccontato nel Simposio di Platone, sono due metà di un unico corpo.
Il percorso espositivo prosegue al piano terra con le sale dedicate alla Bibbia. Lo splendido vaso lavorato al tornio con Davide e Betsabea incanta al primo sguardo, anche se collocato in una posizione infelice che ne nasconde buona parte. Il re, con la corona sul capo, suona la sua cetra dando le spalle alla bella Betsabea che, tutta nuda, si gode la luce di uno spicchio di luna. Lo stesso soggetto ispira un piatto modellato a stampo del 1951. I due amanti condividono la corona: il sovrano suona ancora la cetra e lei è a seno nudo. Quasi una sintesi figurativa di arte (musica) e bellezza.
Nel 1931 Chagall si recò in Palestina alla ricerca delle sue radici di ebreo russo. Le opere di soggetto sacro sono particolarmente ispirate, come l’intensa scultura – ancora in pietra di Rognes – del Cristo. La Madonna pare piangere sotto il braccio del figlio in croce: le sue lacrime sono piccole fessure… in pochi solchi l’artista è riuscito a creare un capolavoro che sprigiona tenerezza e compassione!
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L’olio su tela con Abramo e i tre angeli viene realizzato in un decennio, tra il 1940 e il 1950, mentre la Tomba di Rachele è del 1966 e la grande tela del Giobbe è del 1975 (anche qui possiamo notare la composizione “a vortice”).
L’ultima sala ospita collage degli anni Sessanta fino al 1970. Si esce dalla mostra letteralmente impregnati dai caldi colori mediterranei di Chagall e se si ha un po’ di fortuna, può capitare come è successo a chi scrive, di ritrovarli nel cielo di Pisa screziato in uno splendido tramonto invernale.
Saul Stucchi
Informazioni

CHAGALL E IL MEDITERRANEO
Palazzo Blu
via Pietro Toselli 29
Pisa

Fino al 17 gennaio 2010

Orari: da martedì a venerdì 10.00-19.00; sabato e domenica 10.00-20.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)
lunedì chiuso
Biglietto: intero € 8,00; ridotto € 6,50
www.chagallpisa.it

Catalogo: Giunti Arte mostre musei
Info e prenotazioni: Vivaticket tel. 199.285141 (servizio a pagamento)

Informazioni BLU Palazzo d’Arte e Cultura: tel. 050.500197

Didascalie:
Marc Chagall
Le leçon de Philetas (1967)
© by SIAE 2009

Marc Chagall
Le triomphe de la musique (1966)
© by SIAE 2009

Marc Chagall
La mariée à double face (1927)
© by SIAE 2009

Marc Chagall
Le table devant le village (1968)
© by SIAE 2009

Marc Chagall
Abraham et les trois anges (1940-1950)
© by SIAE 2009

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