Sul quotidiano El País di qualche giorno fa (3 novembre, ndr) un articolo a firma di María Martín dava conto dei risultati della collaborazione tra la Spagna e i suoi principali soci africani. Eloquente il titolo: “Il controllo della polizia in Africa ha frenato la partenza verso le Canarie di 8.000 persone”, illustrato da un altrettanto chiaro sottotitolo: “Il Ministero dell’Interno aumenta le sovvenzioni ai governi dei paesi di origine dei migranti”. A prima vista sembrerebbe un successo. La realtà è decisamente più complessa e problematica (ma anche più interessante).
Lo sospettavo da tempo, ma è stato un recente corso di aggiornamento dell’Ordine dei Giornalisti a cui ho partecipato ad aprirmi gli occhi su un’area del pianeta di cui ignoravo quasi tutto. Tra i relatori del corso intitolato “Il Niger e l’emergenza nella regione del lago Ciad”, tenutosi online lo scorso 9 settembre, c’era Andrea de Georgio, giornalista freelance e Associate Research Fellow presso l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
Un valido strumento
Rimasto colpito dalla sua testimonianza, ho deciso di approfondire il tema con uno strumento che consiglio ai lettori di ALIBI, ovvero il libro che de Giorgio firma insieme a Marco Aime: “Il grande gioco del Sahel. Dalle carovane di sale ai Boeing di cocaina”, appena pubblicato da Bollati Boringhieri nella collana “Saggi”.

È un agile “guida” suddivisa in cinque capitoli:
- La terra
- L’acqua
- Il libro
- La frontiera
- La città
Non è naturalmente una guida turistica, bensì una sorta di codice per interpretare “una striscia lunga 8500 chilometri, vasta circa 6 milioni di chilometri quadrati, che attraversa dodici Stati (Gambia, Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Camerun, Ciad, Sudan, Sud Sudan ed Eritrea), definita più dalle sue caratteristiche climatiche, ambientali e sociali che non da quelle geografiche o politiche”.
Su quella immensa area si giocano più partite che vedono coinvolti, oltre i paesi summenzionati, numerosi altri partecipanti: dalla Francia alla Russia, dalla Cina all’Italia. Gli autori citano una celebre opera di Peter Hopkirk dedicata al Grande Gioco tra gli imperi zarista e britannico per il dominio sull’Asia. Il Sahel è il nuovo Afghanistan, oggetto delle mire di tanti attori non sempre riconoscibili (e quasi mai presentabili).
In 150 pagine scorrevoli e di godibile lettura sono presentati al lettore i momenti salienti della storia di questi paesi e soprattutto dei popoli che li abitano, i loro rapporti con gli Europei (ma non solo), le caratteristiche geografiche, climatiche e demografiche. Scopo del libro è fornire “chiavi interpretative” per superare i preconcetti e contribuire “a far uscire dalla coltre di alterità e lontananza queste terre ricche di cultura, ridondando loro la dignità storica, politica e umana che meritano”.
Fenomeni in atto
La crisi ambientale è uno dei problemi più gravi che si trovano a fronteggiare i paesi del Sahel. Ma nel libro si possono individuare molti altri fenomeni, in corso da decenni o da secoli, che rischiano di trasformare quest’area in una polveriera e/o in un deserto completamente inospitale. Sono spesso indicati da parole con il suffisso “-zione”.
Eccone alcuni: la militarizzazione dell’intera aerea che ha come effetto – paradossale ma neppure troppo – la destabilizzazione; l’africanizzazione del jihadismo saheliano che ha avuto nel Mali la sua culla; la regionalizazzione e l’etnicizzazione del conflitto in quel paese (“somalizzazione” del Mali). Altri fenomeni sono di portata anche maggiore e potenzialmente più pericolosa: la radicalizzazione e l’islamizzazione, spesso come risposta alla globalizzazione culturale; la politicizzazione etnica (i conflitti etnici sono una bomba a orologeria). L’Europa risponde con l’esternalizzazione delle frontiere: ecco la chiave per comprendere meglio l’articolo con cui ho aperto questa recensione.
E ancora: la lottizzazione e la parcellizzazione della terra a cui alcuni tentano di rispondere con la riappropriazione collettiva; il pericolo della ricolonizzazione economica; l’urbanizzazione; la criminalizzazione dei “prestatori di servizi agli stranieri”, accusati di essere “trafficanti di uomini”; la modernizzazione digitale, in particolare nell’agropastorizia. Ma scoprirete anche qualcosa sull’arachidizzazione del Senegal e sulla creolizzazione delle culture urbane saheliane.
“Nel deserto tutto si muove”: purtroppo anche gli ostaggi dei rapimenti (sempre più frequenti e redditizi), le armi – devastanti gli effetti del collasso della Libia – e la droga, di cui oggi i paesi del Sahel non sono soltanto tappe di transito ma anche basi di raffinazione e luoghi di consumo: con un ulteriore effetto destabilizzante.
Spunti di riflessione
Numerosi gli spunti di riflessione proposti dal libro. Per esempio il concetto africano di spazio (più sociale che fisico); il tema della frontiera e del controllo del territorio; il ruolo (tra successi e fallimenti) della cooperazione, ma anche quello dei media occidentali, quasi sempre distratti; il destino del lago Ciad, da “fertile lago a palude infestata” e feudo di Boko Haram che in lingua hausa significa “l’istruzione occidentale è peccato”. Bella la descrizione della navigazione sul fiume Niger, così diverso dal Congo immortalato da Conrad in “Cuore di tenebra”.
Emergono poi alcune figure come Yacouba Sawadogo, “l’uomo che pianta gli alberi” andando contro la tradizione, e il predicatore Amadou Kouffa, di origini peul (i peul sono 100 milioni sparsi in 20 paesi, spesso vittime di discriminazione).
Anche se la maggior parte delle pagine sono dedicate ai mali che affliggono il Sahel e la chiusa del libro è tragica, non mancano tuttavia note positive e di speranza, come l’effervescenza culturale: “Un’onda artistica che da Dakar, Bamako, Ouagadougou irradia il Sahel attraverso decine di festival di musica, letteratura, cinema, teatro, danza, fotografia, moda che stanno ridisegnando i confini non soltanto artistici dell’Africa e dell’intera Umanità globalizzata”.
“Le città saheliane contemporanee si presentano così come dei laboratori sociali a cielo aperto in grado di reinventarsi, proponendo alternative sostenibili e radicali al vivere odierno e contribuendo a scardinare rigidi paradigmi dicotomici come città-campagna, o centro-periferia, a cui sfuggono realtà più liquide, diffuse e in divenire”.
A noi il compito di imparare a “leggere” questa realtà in veloce divenire, grazie a libri come “Il grande gioco del Sahel” di Aime e de Georgio.
Saul Stucchi
PS: il libro verrà presentato a BookCity sabato 20 novembre alle ore 18:30 presso l’Heracles Gymnasium in via Padova 21 a Milano. Con gli autori dialogherà la giornalista Ilaria Roberta Sesana.
Marco Aime e Andrea de Georgio
Il grande gioco del Sahel
Dalle carovane di sale ai Boeing di cocaina
Bollati Boringhieri
Collana Saggi
2021, 160 pagine
18 €