Ieri sera (lunedì 25 ottobre, ndr) Benedetta Craveri ha presentato il suo nuovo libro, “La contessa. Virginia Verasis di Castiglione” (Adelphi), al Teatro Franco Parenti di Milano, dialogando con la giornalista e scrittrice Caterina Soffici.
Quello che segue è il resoconto della piacevole chiacchierata che ha preso avvio dalle foto che scorrevano alle loro spalle, molte delle quali riprodotte nell’apparato iconografico del volume. Perché quelle immagini? La contessa di Castiglione (al secolo Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini) è oggi famosa soprattutto per le sue foto, ha esordito la Craveri.
Le fotografie
Virginia si è fatta ritrarre per quarant’anni dallo stesso fotografo, Pierre-Louis Pierson, prima per immortalare la propria bellezza, poi come una sorta di diario clinico della deriva mentale di cui era vittima. Secondo gli storici della fotografia i suoi ritratti costituiscono l’inizio del vero ritratto fotografico moderno. Lei stessa era regista, scenografa e costumista dei suoi scatti, non soltanto il soggetto.

L’autrice ha poi rievocato gli esordi della contessa, dalla nascita a Firenze, all’arrivo a Torino nel 1855. La capitale del regno sabaudo era una città bicefala: da una parte c’era un’aristocrazia bigotta e chiusa in sé, ma Vittorio Emanuele aveva mantenuto in vigore lo Statuto Albertino, la costituzione promulgata da suo padre, e la stampa era libera.
Quando Cavour e Vittorio Emanuele comprendono che Napoleone III è il loro unico alleato possibile, non esitano a “infilargli” nel letto la giovane Virginia. Firmati gli accordi di Plombières, lei verrà messa da parte perché ormai superflua. Ma non si arrese, anzi decise di investire tutto nel proprio fascino. Un po’ mitomane e megalomane, se non protagonista, fu di sicuro una coprotagonista della storia d’Italia e ne fu sempre consapevole.
La Soffici ha ricordato che la contessa era famosa per essere famosa e per certi aspetti fu una precorritrice delle attuali influencer. Era una seduttrice seriale che usava gli amanti per i suoi fini. Impressionante non è il numero dei suoi amanti, ha commentato la Craveri, quanto piuttosto l’atteggiamento con cui teneva testa a chiunque, dall’Imperatore in giù. Era proterva, glaciale e feroce nei confronti degli uomini. Si impose per la sua sgradevolezza. Il suo stile era quello del disprezzo che fu la vera chiave del suo successo.
Aveva il temperamento di una vera attrice e sapeva tenere la scena. Il problema è che non si sa mai cosa c’è dietro di lei, come con i grandi attori. L’autrice lascia infatti a ciascun lettore il compito di decidere chi fosse veramente la contessa di Castiglione. Per lei rimane un enigma.
Il libro
Ma com’è nata l’idea di scrivere il libro? La Craveri ci è arrivata un po’ per caso. Alcuni anni fa si tenne un convegno su Costantino Nigra, per il quale le venne chiesto un intervento sulla contessa. Scrivendone un ritratto, rimase affascinata dal personaggio (immagino che il testo sia “La contessa di Castiglione, storia di un mito”, pubblicato in “L’opera politica di Costantino Nigra”, a cura di U. Levra, il Mulino, 2008).
Il Risorgimento italiano non doveva essere proprio la “cup of tea” di Roberto Calasso, ha detto l’autrice, tuttavia ha accettato di pubblicare il libro (che esce ne “La collana dei casi”).

Nel corso della presentazione sono stati toccati diversi aspetti della movimentata vita della contessa. Il figlio Giorgio – che fece ritrarre in “fotografie terribilmente ambigue, come quelle delle ninfette di Lewis Carroll” – fu l’unica vera vittima, mentre gli amanti la usavano tanto quanto lei usava loro.
Il solo uomo con cui la contessa si tolse la maschera che indossava sempre fu il principe Poniatowski che però si comportò con lei come un lenone. Lei – che aveva orrore della parola “amore” – gli scriveva in italiano, farcito di toscanismi. A tutti gli altri, compreso il figlio, si rivolgeva invece in francese.
Virginia era una provocatrice. Voleva recuperare i favori di Napoleone III per essere liquidata, per farsi dare i soldi. A quel tempo tutti speculavano con quella attività che oggi chiamiamo insider trading. Anche lei cercava di farlo e quando non ci riusciva, andava a letto con i banchieri per carpire informazioni preziose. Aveva l’ossessione dei soldi. Era una giocatrice d’azzardo che si divertiva ad aumentare sempre la posta in gioco, indifferente al fatto che vincesse o perdesse.
I balli a corte
Per quanto riguarda il gusto del travestimento, ha detto la Craveri, il Secondo Impero fu proprio l’epoca dei travestimenti. E lei eccelse nel costume dell’epoca studiando attentamente i pittori contemporanei e copiandone le pose. Aveva un talento straordinario, ma anche il culto della propria bellezza.

L’invito ai balli di corte era esteso a un gran numero di persone. Erano cerimonie sontuose, seguitissime dai giornali che raccontavano chi c’era e com’era vestito (vestita), e dai loro lettori. Erano di moda in particolare i balli in maschera, specialità nella quale eccelleva la contessa. Quando partecipò a uno di essi vestita da Regina d’Etruria e i giornalisti, facendo un errore, la confusero con un’altra bellezza, fu per lei l’affronto più grave. In quell’occasione indossò gioielli di scena ispirati alla Collezione Campana che Napoleone III aveva acquistato per il Louvre, lanciando così la moda della riproduzione di gioielli antichi.
A un certo punto scomparve dalle scene, è il caso di dire. Fu la sua ultima grande rappresentazione. Dieci anni dopo la sua morte, Robert de Montesquiou ne lanciò il mito scrivendo “La divine Comtesse”.
La contessa di Castiglione aveva un “io debordante” ha detto la Craveri. “Oggi la chiameremmo bipolare”. Nelle lettere dei genitori emerge la loro preoccupazione per la sua condizione psichica.
“Ma è davvero riuscita a essere libera?”, ha chiesto la Soffici a chiusura della presentazione. “Sì, ma è rimasta prigioniera di se stessa”, ha risposto l’autrice. La contessa di Castiglione si è messa in scena fino alla fine.
Saul Stucchi
Benedetta Craveri
La contessa
Virginia Verasis di Castiglione
Adelphi
La collana dei casi, 141
2021, pp. 452, 20 ill. b/n e col.
24 €
In copertina:
Pierre-Louis Pierson, Il Ballo all’Opera (la contessa di Castiglione in piedi in abito bianco, ripresa di spalle, riflessa in uno specchio), 1861-67.
Collezione Gilman, dono della Howard Gilman Foundation. Metropolitan Museum of Art, New York.
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