
“Nel 1808 furono acquisite per via pacifica duecento opere della famosa Galleria Borghese, cedute dal principe Camillo Borghese, marito della bella Paolina Bonaparte, per una somma di otto milioni di franchi versati in parte sotto forma di possedimenti nel Piemonte e nella Slesia. Si trattava però quasi esclusivamente di sculture, perlopiù antiche, e di alcune moderne come il monumento marmoreo con statua equestre di Sigismondo Malatesta”. Così scrive Paul Wescher nel suo saggio I furti d’arte. Napoleone e la nascita del Louvre (Einaudi, da anni ormai fuori catalogo). Il passaggio è quasi un inciso e la ragione è ben comprensibile: in questo caso Napoleone – che nel frattempo aveva fatto carriera (e che carriera!), elevandosi in pochi anni da generale di armata a imperatore dei Francesi – aveva messo mano al portafoglio invece che alla spada: fuor di metafora, aveva pagato al cognato una somma molto ingente per arricchire quello che doveva diventare il museo più bello del mondo e che naturalmente portava il suo nome.

Dopo Waterloo e in seguito agli accordi del Congresso di Vienna molte opere sottratte dalle truppe francesi in mezza Europa ripresero la via di casa, a cominciare dalla quadriga di San Marco a Venezia. Rimase invece al Louvre perché regolarmente acquistata la collezione Borghese di cui fanno parte una sessantina di pezzi che “tornano” a casa in occasione della bella mostra I Borghese e l’antico, allestita alla Galleria Borghese di Roma fino al prossimo 9 aprile. In alcuni casi ritrovano proprio il posto che occupavano in origine, mentre in altri sono collocati in una sala diversa per l’inamovibilità di capolavori assoluti come la Paolina Borghese del Canova e l’Apollo e Dafne del Bernini (che pure in passato hanno “viaggiato” all’interno della splendida dimora). Il cosiddetto Vaso Borghese, di scuola neo-attica (datato al 40-30 a.C.) ha il posto d’onore al centro del Salone d’Ingresso, ma in origine stava nella prima sala, da tempo riservata alla principessa Paolina nelle sensualissime forme di Venere vincitrice (consiglio la lettura della breve ma interessantissima monografia che Fernando Mazzocca dedica all’opera, edita da TEA Arte), mentre il Fauno con scabillo torna – ancora per poco – al “suo” posto.

I pannelli didattici raccontano la storia di tutti questi spostamenti, dando conto delle varie fasi dell’arredamento delle singole sale, ricostruite anche grazie ai disegni tardo settecenteschi di Charles Percies: alcune riproduzioni in gigantografia sono collocate a fare da sfondo alle statue originali, permettendo l’immediato confronto tra passato e presente. Come sempre capita con le mostre allestite alla Galleria, le decorazioni delle sale e gli oggetti della collezione permanente “dialogano” con quelli dell’esposizione temporanea: è impossibile dedicarsi soltanto a questi ultimi. Così il braccialetto in oro realizzato da Jean Baptist Claude Odiot in stile “Retour d’Egypte” (s’intende del generale Bonaparte dalla campagna egiziana, fallimentare dal punto di vista politico-militare, ma con conseguenze indelebili per la cultura e l’arte europee) esposto in una piccola teca della I sala può essere preso a prova della lungimiranza di Napoleone, ben consapevole che la conquista del passato non è meno importante di quella del presente per l’immaginario collettivo. Nella sala IV (detta degli Imperatori) c’è un’alternanza di ritratti storici e figure mitologiche, con una Venere vincitrice (sconfitta però dalla divina Paolina!) tra i corrucciati fratelli imperiali Lucio Vero e Marco Aurelio, mentre sul lato opposto i busti di Roma e Diana fanno compagnia a una Venere marina.

Sorprendente la sala Sala V che ospita l’Ermafrodito dormiente, tornato nella collocazione che aveva prima del trasferimento parigino, mentre in origine era relegato al piano superiore su un cassone di legno con coperchio a nasconderne la conturbante nudità, così come l’Ermafrodito stante (e “stante” si presta in questo caso a una fin troppo facile battuta) veniva occultato in un vano ricavato nello sguincio della finestra perché la sua visione era riservata soltanto a selezionati ospiti della villa. Le scene mitologiche raffigurate sul soffitto aggiungono ulteriori sollecitazioni a questo piccolo scrigno dedicato all’eros.
Saul Stucchi
I BORGHESE E L’ANTICO
Fino al 9 aprile 2012
GALLERIA BORGHESE
Piazzale Scipione Borghese 5
Roma
Orari:
dal martedì alla domenica 9.00-19.00; lunedì 13.00-19.00
Biglietto: intero 13,50 € per mostra e Galleria Borghese, compreso diritto di prevendita ‐ la prenotazione è obbligatoria
Prenotazioni: tel. 06 32810 – www.ticketeria.it
Informazioni:
www.mondomostre.it
Catalogo: Skira
DIDASCALIE:
Sileno e Bacco fanciullo (particolare)
I‐II sec. d.C, replica da un originale di Lisippo (seconda metà IV sec. a.C)
marmo – h. 190 cm
Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines
© 2011 Musée du Louvre / Thierry Ollivier
Vaso Borghese
Scuola neo‐attica 40‐30 a.C. ca
Marmo pentelico ‐ l. 172 cm
Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines
© 2003 Musée du Louvre / Etienne Revault
Venere marina
160 d.C. circa, replica della Venere
Capitolina, da un originale del III sec. a.C.
Marmo – h. 180 cm
Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines
© 2006 Musée du Louvre / Daniel Lebée et Carine Deambrosis
Ermafrodito dormiente (particolare)
Replica antica di un originale greco del 150‐140 a.C. ca. attribuito a Policleto
marmo lunense ‐ Marmo ‐ lunghezza 169 cm; larghezza 89 cm
Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines
© 2011 Musée du Louvre / Thierry Ollivier