Se ne parlava da tempo: introdurre (o meglio: reintrodurre) il pagamento per l’accesso ad alcuni contenuti forniti dai giornali pubblicati su internet. Il New York Times è ormai pronto a compiere questo passo e potrebbe essere seguito a ruota dai principali quotidiani di tutto il mondo. Nessuno è in grado di prevedere come reagiranno i lettori-utenti e soprattutto se le risorse incamerate dagli editori con questa misura che pare terribilmente impopolare fin dalla partenza riusciranno a colmare le perdite di questi ultimi anni.
Gli introiti legati alla pubblicità, che hanno fornito ossigeno a editori piccoli, medi e grandi, sono in caduta libera e dunque il lettore è tornato al centro dell’attenzione, questa volta come “finanziatore”. Intendiamoci: chi scrive è sempre stato convinto – e lo è sempre di più – che la relazione più corretta e proficua per entrambe le parti è quella che si instaura tra un giornale e il suo pubblico.
Lo stesso vale (varrebbe) per tutte le forme di cultura, che dovrebbero trovare sostentamento in se stesse e non nel buon cuore (che spesso si traduce in “attenzione interessata”) dell’amministratore politico di turno o dello sponsor. Classico, in tutti i sensi, è l’esempio del teatro: un teatro può essere e dirsi davvero libero solo se è sciolto da legami economici con istituzioni, figure, ambienti esterni alla compagnia che mette in scena lo spettacolo e al teatro che lo ospita.
Pura e ingenua utopia, dirà qualcuno. Senza dubbio. Ma la consapevolezza della situazione, dei pericoli che corre un’informazione (un’industria decisamente differente da tutte le altre) economicamente dipendente da altri, degli sviluppi tecnologici occorsi negli ultimi anni, questa consapevolezza – dicevamo – deve essere presente in tutte le discussioni attorno al tema del futuro del giornalismo. Ma anche del suo presente. Anzi, soprattutto del suo presente.
Dall’empireo del New York Times è venuto il momento di rimettere piede sulla terra di ALIBI Online, la testata di turismo e cultura che state leggendo in questo momento. Senza inutili e ipocriti giri di parole confessiamo che ALIBI Online dovrebbe essere una (la) fonte di reddito per chi ne è proprietario e la gestisce (con amorevoli cure e inenarrabili sacrifici), mentre in realtà costituisce soltanto un discreto elenco di uscite e di spese. Niente di allarmante, ma il bilancio è drasticamente chiaro e costringe chi scrive a un secondo lavoro, almeno quest’ultimo pagato.
Chiudiamo questo noioso “pistolotto” sollecitando il parere dei lettori riguardo il futuro di ALIBI Online: è ipotizzabile una scelta come quella del New York Times oppure credete che una testata su internet dovrebbe vivere (o sopravvivere) solo di – eventuale – pubblicità?
Saul Stucchi