
Si è chiusa ieri, 29 maggio, la sezione allestita alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino della mostra “Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo”. Rimane invece tempo fino a domenica 3 giugno per quella esposta presso il Salone delle Guardie Svizzere dei Musei Reali e soprattutto quella allestita al Museo Egizio, quest’ultima visitabile fino al prossimo 9 settembre.
Curatori della mostra sono: Irene Calderoni, Paolo Del Vesco, Stefano de Martino, Christian Greco, Carlo Lippolis, Enrica Pagella, Elisa Panero e Gabriella Pantò. Il progetto scientifico a cui hanno lavorato si è concentrato su tre aspetti:
- distruzione e saccheggio delle opere d’arte
- il potere delle immagini
- il ruolo dei musei tra conservazione / protezione e appropriazione di patrimoni altrui.
Se i primi due temi sono relativamente semplici da affrontare, molto più complesso è il terzo. Nel tempo è cambiato l’approccio dei musei che sono passati da essere promotori di campagne di spoglio più che di ricerca a luoghi di conservazione e studio. È vero però che nel frattempo anche la geopolitica è drasticamente cambiata e (in particolare, ma non solo) quella riguardante le aree del Vicino e del Medio Oriente, oggi più instabili e insicure che mai. Sono pericolose per chi ci abita, certo, ma anche per le opere d’arte, i beni architettonici e culturali che ancora vi si trovano.
A proposito del ruolo dei musei ha detto il direttore del Museo Egizio Christian Greco:
Se è vero, come questo progetto dimostra, che “anche le statue muoiono”, è lecito e doveroso domandarsi che ruolo abbia l’istituzione museale – luogo di conservazione per eccellenza, destinata a farsi testimone dell’arte o delle culture dei secoli passati – in questo processo. I musei concorrono alla morte delle opere che conservano nelle loro collezioni o sono l’ultimo baluardo perché esse possano sfuggire alla fine di un’esistenza messa in pericolo da una miriade di fattori quali oblio, mancanza di risorse, conflitti, disastri ambientali o più semplicemente incuria?
Al Museo Egizio il percorso della mostra si apre con il dialogo tra le fotografie di Mimmo Jodice e alcuni frammenti ritrovati durante gli scavi della spedizione Schiaparelli del 1905-06 nelle tombe di potenti governatori della XII dinastia, presso l’antica Tjebu (Antaeopolis, nel periodo greco-romano, attualmente Qaw el Kebir), a una quarantina di chilometri a sud di Assiut.
Proprio da Assiut proviene invece la statua in legno di un personaggio chiamato Upuautemhat trovata nella tomba di Minhotep, risalente anch’essa alla XII dinastia. Il volto è stato deturpato in tempi antichi dai saccheggiatori che ne asportarono i materiali preziosi con cui erano stati realizzati gli occhi, a dimostrazione che il danneggiamento e la distruzione di manufatti e opere d’arte sono vecchi come il mondo. Ma non serve granché come consolazione.
Le opere d’arte moderne indagano il tema della decontestualizzazione, giocando con il piacere del frammento in confronto o in opposizione all’integrazione vista a volte come falsificazione, con l’opzione della via del de-restauro, ovvero dell’eliminazione degli interventi integrativi.
Dell’artista libanese Ali Cherri (nato a Beirut nel 1976) è esposta l’installazione Fragments II del 2016: su un tavolo retroilluminato sono collocati reperti archeologici acquistati dall’artista nel suo girovagare da una casa d’asta all’altra. I pezzi, privi di didascalia, sono accostati senza rispetto di alcun criterio, con il risultato di essere del tutto decontestualizzati.
“Anche le statue muoiono” è una mostra che fa riflettere sull’estrema delicatezza del patrimonio culturale, ricca di spunti, per esempio sulla trasformazione subita dai beni una volta che entrano in una collezione. In qualche modo sono al riparo, pur tuttavia vengono “compromessi” nella loro identità. Habent sua fata reperta, potremmo dire.
Il catalogo, pubblicato da Franco Cosimo Panini, contiene saggi di Salvatore Settis, Christian Greco, Stefano de Martino, Paolo Del Vesco, Enrica Pagella ed Elisa Panero, Irene Calderoni.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Kader Attia
Arab Spring (2014)
Installazione site specific formata da 16 vetrine museali danneggiate; 10 vetrine 220 x 100 x 100 cm, 6 vetrine 220 x 180 x 100 cm
Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Veduta dell’installazione a Beginning of the world, Galleria Continua / Les Moulins, 2014
Photo: Oak Taylor-Smith - Mariana Castillo Deball
Mshatta-Fassade (2014)
Vernice per tessuti su cotone, guide di metallo, 5,5 × 38 m
Veduta della mostra Parergon, Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart, Berlino, 2014
Courtesy Barbara Wien, Berlino
Photo: Nationalgalerie im Hamburger Bahnhof, SMB / Thomas Bruns - Mimmo Jodice
Anamnesi (2014)
9 stampe True Black Fine Art Giglèe su Photo-Rag 100% cotone, 79 x 360 cm
Collezione Privata, Brescia
Courtesy dell’artista e Galleria Massimo Minini - Ali Cherri
Fragments II (2016)
Manufatti archeologici, uccello tassidermizzato, tavolo, dimensioni variabili
Veduta dell’installazione, Sursock Museum, Beirut
Courtesy dell’artista e Imane Farès
Anche le statue muoiono
Museo Egizio
Via Accademia delle Scienze 6
Torino
Informazioni:
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Via Modane 16
Torino
Informazioni:
Musei Reali
Piazzetta Reale 1
Torino
Informazioni: