Terza e ultima parte del reportage di Roberto M. Polce sulle città polacche dopo gli Europei di calcio di quest’anno; le prime due potete leggerle rispettivamente qui
La vera scoperta per gli Italiani è senz’altro Poznań, di cui praticamente nessuno, a parte i polonisti, fino agli Europei di calcio aveva mai sentito parlare. Eppure è una città antichissima, ritenuta la culla della civiltà polacca, il luogo dove è sorto il primo nucleo dello Stato attorno a cui si riunirono le varie tribù polacche sparse fra i fiumi Bug e Odra diventando nazione. Qui, a Poznań e a Gniezno, nei suoi immediati dintorni, è avvenuto il battesimo della Polonia, nel 966, data che segna l’ingresso del Paese nella storia d’Europa.
Di Poznań si dice che sia più vicina a Berlino che a Varsavia: è vero, anche se solo per una manciata di chilometri, ma Poznań, anche quando, dopo le spartizioni, fu annessa alla Prussia, conservò sempre un’anima profondamente, irriducibilmente polacca, contrastando con tenacia ogni tentativo di germanizzazione. Finché nel 1918 poté rientrare trionfalmente in seno alla Polonia tornata a essere indipendente dopo 130 anni di scomparsa dalla carta politica d’Europa.
Saranno stati i secoli in cui si è trovata sotto il dominio prussiano, o per una mentalità che le è propria, fatto sta che Poznań dal resto della Polonia continua a essere vista come un po’ tedesca, efficiente, dedita al lavoro e agli affari (non a caso qui esisteva in epoca socialista, ed esiste tutt’oggi, la più importante fiera internazionale del Paese), seria e compassata, ricca e anche un po’ avara. Anche qui però gli Europei hanno fatto un piccolo miracolo, in entrambe le direzioni. All’interno, perché a Poznań è piaciuta parecchio la pacifica invasione di Italiani e Irlandesi (un po’ meno i Croati), al seguito delle loro rappresentanze nazionali.

La città in quei giorni pulsava di vita e di colori, di allegria e buonumore, e i poznaniesi si sono lasciati volentieri trascinare nel festoso vortice, spogliandosi delle loro proverbiali compostezza e rigidità. Nel contempo i visitatori (e con essi anche i connazionali rimasti in patria grazie ai racconti diretti o alle relazioni dei giornalisti) hanno scoperto un vero gioiellino – uno scrigno d’arte, di atmosfera e buone vibrazioni – celato nel cuore dell’Europa di cui prima nessuno sospettava neanche l’esistenza. Hanno scoperto una città vecchia piacevole e ricca di monumenti di pregio, su cui spicca uno dei più bei municipi della Polonia, opera peraltro di un architetto d’area italiana, il luganese Giovan Battista Quadro.
Hanno scoperto una delle più interessanti riconversioni industriali d’Europa, quella dello Stary Browar, il Vecchio Birrificio, oggi divenuto un immenso, affascinante centro che mescola sapientemente commercio e cultura. Per non parlare dell’area del lago artificiale Malta, il parco ricreativo più grande e piacevole della città, dove rilassarsi o seguire importanti eventi sportivi acquatici in ogni stagione, e la regione intorno, quella Wielkopolska, o grande Polonia, dove natura e cultura si intrecciano per il piacere del visitatore goloso.

In conclusione, tornando ai Campionati Europei da poco conclusi, va detto che non solo gli stranieri hanno visto o toccato con mano che la Polonia è ormai un Paese europeo a pieno titolo, ma i polacchi stessi, grazie a questa pacifica invasione di tifosi-turisti allegri e colorati, hanno a loro volta imparato qualcosa – per esempio che un altro tifo è possibile, lezione quanto mai importante per un Paese dove il tifo tende sempre allo spigoloso, per non dire al violento.
Ormai la festa è finita, le fan-zone e gli stadi si sono svuotati, le nazionali e il loro seguito di sostenitori sono ripartiti, e stadi, alberghi, autostrade, stazioni, aeroporti sono rimasti. La Polonia ha dimostrato e mostrato al mondo di essere un altro Paese rispetto a quello che il mondo si immaginava. Non solo. Ha dimostrato, soprattutto a se stessa, di essere in grado di farcela, se solo lo vuole. Mai come oggi il detto popolare “Polak potrafi” (“Un Polacco ce la fa”) è diventato così vero, messo alla prova in un compito grande e importante come quello dell’organizzazione e gestione dei Campionati Europei di calcio. All’inizio, i Polacchi stessi qualche dubbio sulle proprie capacità lo nutrivano. Invece oggi, possono dire con orgoglio che sì, quando un Polacco vuole, ce la fa.

Come è finito il Campionato sui campi di calcio, lo sappiamo. La Polonia non ha superato il girone eliminatorio, e pazienza, la gente lo ha accettato sportivamente, e nelle partite successive ha cominciato a tifare per questa o per quella nazionale, in genere preferendo i Paesi per cui storicamente ha sempre provato simpatia, ossia i Paesi con cui non confina direttamente e con cui non ha conti storici da regolare – e dunque né Russia, né Germania, né Repubblica Ceca, per esempio. Possibilmente mediterranei – non a caso i Polacchi vengono talvolta definiti i meridionali del Nord, questione di feeling e di affinità – e quindi Italia e Spagna, in particolare. Forse davvero mai come in questo caso l’importante non era vincere, quanto partecipare. E la Polonia, di fronte al mondo ma anche di fronte a se stessa, questi Campionati Europei 2012, già solo per avervi partecipato e averli saputi organizzare al meglio, li ha senz’altro vinti.
(fine)
Roberto M. Polce
Prima parte: Poznań, Danzica e le altre perle della Polonia dopo Euro 2012
Seconda parte: Gli Italiani hanno scoperto le città della Polonia. Grazie al calcio
DIDASCALIE:
© Roberto M. Polce
Giornalista e fotografo, Roberto M. Polce dal 2007 al 2011 è stato photoeditor e condirettore del web magazine fotografico di viaggi Vie dell’Est dedicato ai paesi dell’Europa centro-orientale, in particolare alla Polonia. È autore della guida turistica Polonia edita dal Touring Club Italiano. Con Morellini ha pubblicato Polonia. Usi, costumi e tradizioni, giunto alla terza edizione, e le guide Breslavia, Łódz e Danzica e la Pomerania. Nel 2012 è stato insignito della medaglia di Benemerito della Repubblica Polacca “per la sua attività volta a rafforzare la posizione della Polonia in campo internazionale”. Oggi vive stabilmente a Danzica, in Polonia.