Berlino, ci son stato con Piretto: era tutt’altro che triste e molto grande. Consapevole che non tutti possono godere di questo privilegio che ha concesso a me e a molti altri amici, Gian Piero Piretto, già professore di Cultura russa e Metodologia della cultura visuale alla Statale di Milano, ha pensato bene di scrivere “Vagabondare a Berlino. Itinerari eccentrici tra presente e passato”.
Raffaello Cortina Editore lo manda in libreria proprio oggi (5 novembre 2020, ndr), arricchito dalle belle illustrazioni di Manuele Fior (le mie preferite le vedete più sotto) e da 70 immagini a colori.

Proposito del volume che è diviso in tre parti, dedicate rispettivamente a Consumare, Abitare e Vivere Berlino, è quello di invitare i lettori a perdersi nella capitale tedesca, altro che nel centro di Bologna! Ma sia ben chiaro: “Questo libro non è una guida, né letteraria, né storica, né artistica, né turistica. Ambisce a essere altro, pur consapevole di ciò che non è. Piuttosto un taccuino di strada, una condivisione di esperienze legate a spazi, luoghi, momenti, territori e, perché no, atmosfere”.
Il piacere di scantonare
“Vagabondare a Berlino” è insieme libro di storia, saggio culturale e vademecum per passeggiatori di gamba e di spirito. Ma anche guida gastronomica. Si comincia con la birra Berliner Weiße mit Schuss (con spruzzo) e poi giù di currywurst (con o senza budello), Döner Kebab e grappe al serpente. La lettura del libro fa venire fame e sete: quasi in ogni pagina – almeno in quelle dedicate agli itinerari – si parla di cibo o di bevande. C’è anche una gustosa (…) digressione sulle banane, il sogno dei Tedeschi dell’Est. A proposito: voi sapete cosa sia l’asperula? Io no.

Che si sia già stati a Berlino o meno, poco importa: verrà subito voglia di andarci o tornarci, appena sarà possibile. Nel frattempo il lettore si fa flâneur tra le pagine, seguendo Piretto per le strade, i quartieri, i mercati e i centri commerciali, come quello vietnamita Dong Xuan Center, i sobborghi della capitale. Comprese “tentazioni polacche a un’ora di shuttle da Berlino”. Qui il lettore proverà un po’ d’imbarazzo per il paradosso del divieto della vendita di cuccioli di cane accanto al permesso di commerciare souvenirs apertamente nazisti. Ecco il politicamente corretto in salsa polacca.
Gli itinerari rispondono al suo piacere di scantonare, di non cercare il luogo in sé ma l’esperienza della passeggiata con tutti i sensi ben disposti a captare la vera essenza del posto. Nemica del flâneur è la gentrificazione che tutto appiattisce e riduce a vetrina illuminata, così che una via di Berlino sia identica a una di Roma, Madrid e Tokyo.
Berlino è allo stadio di ricomposizione e l’autore ne ripercorre le varie fasi, il progetto della Grande Berlino (1920), la divisione alla fine della Seconda guerra mondiale e la costruzione del Muro, il suo abbattimento (Piretto prova rammarico per essersi perso le giornate della caduta) e la riunificazione. Ma racconta anche le tappe del suo innamoramento per la città (accantonando la passione per Leningrado – San Pietroburgo).
Oggi Piretto può dire a tutti gli effetti “Ich bin ein Berliner”, pur restando torinese – milanese. Significative sono le parole con cui chiude i ringraziamenti che aprono il libro: “Grazie a Berlino per avermi accolto senza mai farmi sentire estraneo o fuori posto, «Ich will hier heimisch sein, aber nicht zu Hause» (Voglio essere di casa, qui, ma non a casa), parafrasando Joseph Roth”.
Sui passi di Benjamin
Guida d’eccezione alla scoperta di Berlino è stata per lui Nina Kaucisvili, “berlinese molto speciale”, alla cui memoria è dedicato il volume. Ma di pagina in pagina diventa sempre più chiaro che Piretto segue le orme di un altro celebre berlinese: Walter Benjamin. Una sua citazione è tra le più intense – a parer mio – di quelle di cui è ricco il libro, vero scrigno di perle, aforismi e riflessioni.
“La noia è l’uccello incantato che cova l’uovo dell’esperienza. Il minimo rumore nelle frasche lo mette in fuga. I suoi nidi – le attività intimamente collegate alla noia – sono già scomparsi nelle città, e decadono anche in campagna”.

Leggendo “Vagabondare a Berlino” si impara a distinguere un lampione della ex zona “democratica” da quello degli altri settori della città. Si scoprono le differenze tra Bildung e Wanderung, tra flâneur e badaud, tra drüben (di là, laggiù) e hüben (quaggiù). Si viene a sapere che il primo semaforo in Europa venne acceso proprio a Berlino, mentre l’Ampelmännchen (l’omino del semaforo “made in DDR”) “oggi fa bella mostra di sé addirittura su semafori in zone che in passato appartenevano a Berlino Ovest, a dimostrare gli esiti della più insensata globalizzazione spettacolaristica”.
Rispetto per l’altra storia
Piretto non concede spazio ai luoghi comuni, fisici o figurati che siano. Dunque non troverete l’Isola dei Musei con il busto di Nefertiti (motivo per cui sono andato Berlino le poche volte che ci sono stato) ma neppure la banalizzazione della vita quotidiana nella DDR. A questo proposito le pagine sul panorama di Yadegar Asisi dedicato al Muro sono significative.
Troverete invece l’inno allo Späti, il negozio che rimane aperto fino a tardi e alla Kiez-Kultur (spirito di quartiere). E poi tante curiosità, come la storia della finestra solitaria del “Memi”, la Tower Run nel grattacielo Ideal di 31 piani, “la vendetta del papa” sulla torre della TV e la statua del capitano di Köpenick.
Ma soprattutto una galleria di persone e personaggi, da Franz Hessel a Heinrich Zille “Enrico Pennello” e Wilhelm Sült, dalla cantante Claire Waldoff a Lothar in arte “Charlotte von Mahlsdorf”, travestito “moglie di se stesso” che, come la Monaca di Monza, “sventurata” rispose al bussare della Stasi.
Ogni capitolo del libro è introdotto da una citazione che funziona anche come proposta musicale per una playlist che accompagni la lettura di “Vagabondare a Berlino”. Si trova di tutto (ma non Dalla e Milva): da Marlene Dietrich a Nina Hagen, David Bowie e gli U2, dai Lieder di Schubert a “Live in Punkow” dei CCCP.
E poi c’è tantissimo d’altro. Il gigantismo scultoreo (vecchio almeno quanto il tempio di Ramsete II ad Abu Simbel), il “trionfalismo retorico” dell’architettura nazista e di quella sovietica, le diverse interpretazioni del minimalismo e le reciproche influenze tra Est ed Ovest. E ancora: la “gioia di vivere” staliniana, il “Palazzo delle Lacrime” e le stazioni fantasma della metropolitana (ricordo che giusto nel novembre dell’anno scorso Piretto ne ha parlato al Bloom di Mezzago in occasione della proiezione del film “DIE MAUER” di Jurgen Böttcher, DDR 1990).
Si finisce con Kafe und Kuchen, caffè e torta, all’ombra delle lapidi, in uno dei cimiteri cittadini. Perché “tutto ha una storia da raccontare” (Piretto) e “vagabondare è una scienza” (Balzac).
Saul Stucchi
Gian Piero Piretto
Vagabondare a Berlino
Itinerari eccentrici tra presente e passato
Raffaello Cortina Editore
Fuori collana
360 pagine
Con 70 immagini a colori e illustrazioni di Manuele Fior
25 €