È una verità nota – triste o allegra secondo le occasioni – che la realtà sia più fantasiosa della finzione. Ne abbiamo avuto l’ennesima riprova in questi giorni. E ciascuno legga nell’allusione la conferma che preferisce. Tra i compiti della letteratura, però, c’è quello di interpretare la realtà in modo da fornire ai lettori una chiave di lettura – appunto – della realtà stessa. Preziosissimo compito, soprattutto quando latitano altri attori che avrebbero questa funzione per proprio statuto costitutivo. Mi riferisco in particolare all’informazione.
Tutto questo noioso pistolotto serve soltanto per dire che “Tutto come ieri” (da Piemme), la nuova indagine del vicequestore – sempre aggiunto – Nigra è più che un romanzo giallo. Più ancora che nei libri precedenti, la premiata ditta Paolacci & Ronco (all’anagrafe Antonio Paolacci e Paolo Ronco) qui si è impegnata a scrivere un giallo per leggere e invitare a leggere la realtà in cui viviamo.

Attenzione: non sto assolutamente dicendo che il lettore si ritrova tra le mani un saggio o quant’altro (anche se a me personalmente non spiacerebbe affatto dare almeno un’occhiata all’accattivante testo intitolato “La mente rituale e la dimensione sacra del delitto”). “Tutto come ieri” è invece un godibilissimo giallo che rispetta tutte le regole – e i crismi – del genere a cui siamo tanto affezionati, tra delitti, enigmi e piste da seguire.
Nigra e i suoi
Anche in questo caso fanno da corona a Nigra i personaggi che abbiamo imparato a conoscere e ad amare, fin dall’esordio con “Nuvole barocche”. La Santamaria batte la pipa dove le capita, Musso arriva sempre a sproposito (e a sproposito si fermerà un giro…), Virdis perde le staffe e impreca in sardo (cazzu diaulu!), la gatta Calpurnia è elegantemente distante nella sua onnipresenza, mentre l’antipatico Paolin, per fortuna, è in ferie. Intanto il sottocaso che potremmo chiamare “Caccialepori, la dottoressa Badalamenti e il cane guercio” stempera nei toni della commedia all’italiana le tinte fosche che oscurano una Genova infuocata dal sole d’estate.
L’aria ferma, alla Commenda, aveva il peso e l’odore degli eventi irrimediabili. Il sole ormai alto batteva senza pietà e toglieva il fiato, creando una cappa surriscaldata che inaspriva la rabbia e la amplificava in ondate furibonde. Gruppi differenti erano arrivati nella piazza separati, a seconda dei paesi di provenienza, ma ora formavano una massa unica, nel cui mezzo galleggiavano le prime telecamere. Stranieri, genovesi, giornalisti e turisti si muovevano, gesticolavano e vociavano, tenuti malamente a bada da parecchi agenti, mentre i loro colleghi finivano di srotolare i nastri che delimitavano il perimetro”.
Siamo nel 2017. Nigra ha una spalla fasciata ma non è quella a provocargli il dolore più intenso e fastidioso. È il ricordo di un caso irrisolto di sei anni prima la ferita non rimarginata che pulsa sotto pelle. Ma c’è anche il delicato cimento dell’incontro, a Torre del Greco, con i “suoceri”, i genitori del compagno, l’attore Rocco Antonelli, che fa battere i cuori delle donne italiane nel ruolo del “commissario Scognamiglio”. A ciascuno la propria prova del fuoco. In un’eventuale antologia della letteratura italiana su un argomento tanto spinoso, insieme momento cruciale della propria biografia come coppia e stazione della via crucis, non dovrebbero mancare queste pagine. E poi, come se non bastasse, si rifà vivo l’ormai dimenticato – ma non troppo – ex…
Rimestare nel passato
Bello il gioco di concatenazione che lega tra loro i primi capitoli, quando la vittima, il venticinquenne Franco Rosai, come il signore de La Palice, poco prima di morire era ancora in vita. Naturalmente non svelerò nient’altro della trama, se non che entreranno a farne parte personaggi assai vari, tra cui il filosofico Scandar nel ruolo dei “bambini di Sherlock Holmes”, una ragazzina parecchio tosta e il politico genovese Modesti che sta facendo carriera soffiando sul fuoco del malcontento cittadino per la presenza di immigrati percepita come eccessiva. Le pagine dedicate alla scena dell’autobus (nel capitolo 39) valgono un reportage di taglio sociologico su quello che siamo diventati – o siamo sempre stati, a dar retta al giudizio meno autoindulgente.
“Tutto come ieri” rimesta nel passato, di Nigra, ma non solo, tra strizzatine d’occhio al lettore da parte del protagonista e ovviamente degli autori, dietro di lui, e giochi di metaletteratura. Le battute, gli scherzi, le frecciate non servono soltanto a dare sapore alle pagine (a volte con un pizzico di sale, altre di zucchero, altre ancora con spezie esotiche), ma anche a bilanciare il nero del quadro, dove non si capisce se sia peggio la mafia o la politica. Quest’ultima non aveva bisogno del mito della “grande sostituzione” per dare il peggio di sé, ma non si fa certo scappare l’occasione.
Voglio però chiudere con uno spiraglio di luce. Le parole dell’attore Lino Guanciale riportate sulla quarta di copertina (e sulla fascetta) sembrano la dichiarazione di un’autocandidatura: “Paolo Nigra si conferma il personaggio che qualunque attore cosciente dello spirito dei nostri tempi desidererebbe interpretare”.
“Me cojoni. Ma sempre co’ rispetto parlando”, direbbe l’assistente capo Santamaria. Nel frattempo andiamocelo a vedere, (Guanciale, non Nigra!), insieme a Sara Putignano e Lorenzo Grilli, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, in “Zoo” di Sergio Blanco (dal 26 marzo al 5 maggio 2022).
Saul Stucchi
Antonio Paolacci e Paola Ronco
Tutto come ieri
Piemme
2022, 352 pagine
17,90 €