“L’ALIBI della domenica” è dedicato allo spettacolo “Diplomazia”.
Diciamolo subito: è un gran piacere tornare a teatro e vedere, finalmente, una sala gremita. Eravamo uno spettacolo noi stessi spettatori, l’altra sera alla prima ripresa di “Diplomazia” al Teatro Elfo Puccini di Milano, dopo le nove rappresentazioni dell’anno scorso, interrotte a causa del Covid-19. Così i calorosi applausi che hanno salutato gli attori alla fine della recita erano anche un po’ una manifestazione di gioia e di riappropriazione di uno spazio comune (questo è il teatro, non altro).
Ad allietare gli animi contribuiva anche un altro scampato pericolo, horribile dictu: la distruzione di Parigi, tema della pièce “Diplomazia” di Cyril Gely, andata in scena per la prima volta al Théâtre de la Madeleine della capitale francese nel 2011, per poi diventare un film diretto da Volker Schlöndorff (2014), su sceneggiatura dello stesso Gely.
Così scrive Agnès Poirier nel capitolo “La lotta” del suo avvincente libro “Rive Gauche. Arte, passione e rinascita a Parigi 1940-1950”, edito in Italia da Einaudi con la traduzione di Andrea Sirotti:
[…] i tedeschi intendevano andarsene con un vero e proprio big bang. Hitler voleva vedere Parigi distrutta, una Parigi in rovina. Il generale Dietrich von Choltitz, che il Führer aveva personalmente nominato comandante della Groß-Paris il 7 agosto, aveva ordinato ai genieri dell’esercito di piazzare cariche di demolizione in tutta la città. Tonnellate di dinamite furono collocate sotto ognuno dei quarantacinque ponti di Parigi, la centrale elettrica e l’acquedotto, e sotto i monumenti più famosi. La Tour Eiffel, il Louvre, l’Arc de Triomphe, l’Eliseo, l’Opéra, l’Hôtel des Invalides, il Palazzo del Lussemburgo e il Senato francese erano tutti destinati alla distruzione”.
Il destino di Parigi
La scena all’Elfo Puccini rappresenta l’ufficio di von Choltitz nell’Hotel Meurice. Siamo alla vigilia di quella che poi sarà la liberazione di Parigi. Il generale è accaldato e soffre di asma, ma continua a dare ordini ai suoi sottoposti, con germanica determinazione. Che là fuori le cose stiano andando male per la Germania ai suoi occhi di militare non è una giustificazione per venir meno alla missione che gli è stata comandata. A un certo punto, però, si vedrà comparire davanti il console generale della Svezia – paese neutrale – Raoul Nordling. I due intavoleranno un’intensa discussione sul destino di Parigi.
Elio De Capitani interpreta il generale tedesco, Ferdinando Bruni è il console svedese. I personaggi incarnano due punti di vista e obiettivi opposti: distruggere versus preservare Parigi. Allo stesso modo sono in forte contrasto i colori degli abiti che indossano: alla scura divisa da ufficiale nazista risponde il chiaro completo del diplomatico.
Antitetiche sono anche le modalità di espressione: il generale è (almeno all’inizio) assertivo, intransigente e severo nei toni, mentre il console è ironico, suadente e “morbido” quanto l’altro è “duro”. Devo confessare che un poco mi ha spiazzato il tono leggero, quasi da commedia, con cui Bruni / Nordling affronta la missione – quasi impossibile – di salvare Parigi.
Un console socratico
Quello che si svolgerà tra i due sarà una sorta di dialogo platonico sul tema della responsabilità. Nelle prime fasi d’ingaggio il console invita l’avversario (peraltro più interessato a far pervenire alla moglie in patria una tavoletta di cioccolato che alla conservazione del Museo del Louvre!) a “tenere aperta una porta sul futuro”.
In un intenso saliscendi retorico metterà in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per cercare di convincere il generale a non macchiarsi di un delitto contro l’umanità e la cultura. Imbevuto di maieutica socratica, farà leva di volta in volta sulla logica, sui sentimenti, sul concetto di utile, sui richiami al vero dovere e non alla cieca obbedienza agli ordini di un pazzo furioso (non solo nella fase finale della sua parabola, sia detto per inciso).
Che poi, forse – a prestare fede ai dubbi espressi da Ian Buruma nella recensione al film su The New York Review of Books, intitolata “The Argument That Saved Paris” – il generale von Choltitz non abbia preso la decisione finale per nobili motivazioni quanto piuttosto per coprire il suo “sordido passato”, poco cambia nella sostanza. E dunque a lui, e a Nordling, va il nostro sentito ringraziamento per poter dire ancora “We’ll always have Paris”.
Saul Stucchi
Foto di Laila Pozzo
Diplomazia
di Cyril Gelytraduzione di Monica Capuani
regia Elio De Capitani e Francesco Frongia
con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Michele Radice, Alessandro Savarese, Simon Waldvogel
luci Michele Ceglia
suono Luca De Marinis
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Teatro Elfo Puccinicorso Buenos Aires 33, Milano
Quando
Dal 14 ottobre al 14 novembre 2021Orari e prezzi
Orari: da martedì a sabato 20:30domenica 16:30
lunedì riposo
Durata: 90 minuti
Biglietti: intero 33 €; ridotto 17,50 €