È appena uscito il terzo romanzo di Simone Cozzi, sempre da Panda Edizioni (lo trovate su Amazon e su prenotazione in qualsiasi libreria, oltre che naturalmente sul sito dell’editore veneto). Dopo l’esordio nel 2015 con “La pace inquieta”, seguito l’anno dopo da “Doppio strato”, è il momento de “Lo spazio torbido”.
Il ritorno di Ripamonti
Messo tra parentesi (per il momento?) il Commissario Stefano Turati, l’autore ripresenta il suo primo protagonista, ovvero il Delegato di polizia Vittorio Ripamonti. Dalla metà degli anni Cinquanta che faceva da cornice al secondo libro torna al Ventennio fascista, lasciando però Milano come quinta scenografica principale.
Principale ma non unica perché Cozzi ama disseminare tra le pagine riferimenti e descrizioni dei suoi luoghi del cuore. Il capoluogo lombardo, dove è nato nel 1967, se la gioca con Vedano al Lambro dove ha abitato a lungo e con il Lago di Como (Mandello del Lario, in particolare), ma c’è un fugace cenno anche al Passo della Forcola che si merita la definizione di “mistico” da parte dello stesso protagonista (alter ego dell’autore, almeno sotto alcuni punti di vista).
Trattandosi di un racconto “giallo”, non possiamo né vogliamo svelare nulla della trama. Ci basterà dire che già alla seconda pagina viene annunciato il ritrovamento del cadavere di un uomo nella camera 407 dell’Hotel Principe di Piazza Fiume (ribattezzata Piazza della Repubblica dopo la proclamazione della Repubblica Italiana). La vittima è un medico di nome Giorgio Schmitz. Se siete stati attenti durante le lezioni di italiano a scuola, quel cognome vi farà accendere una lampadina.
Di lampadine, in realtà, dovrebbero illuminarsene diverse altre. Cozzi infatti sfida i suoi lettori con allusioni, citazioni nascoste (come “appetito per la distruzione”) e aperti omaggi. Chi pensate che sia quel commissario francese del quale i colleghi al Quai des Orfèvres stanno festeggiando l’ultimo giorno di lavoro?
Ieri e oggi
Ma quello che interessa maggiormente all’autore – ci sembra di indovinare – è l’analisi introspettiva del suo protagonista. Allo stesso tempo si concentra sul passato per ragionare sul presente, proponendo spunti che germogliano dal confronto diretto tra l’oggi e lo ieri del Ventennio.
L’atmosfera esterna ha chiari rimandi a quella intima. Così il disagio del Ripamonti uomo che “non amava le chiacchiere di circostanza, le confidenze, i pettegolezzi: le dinamiche umane lo incuriosivano tanto quanto lo spaventavano”, si rispecchia nel disagio del Delegato Ripamonti, poliziotto in fondo all’anima, che pensa controcorrente, convinto che sia la giustizia a portare ordine e non viceversa.
Da ormai un decennio aveva sotto gli occhi il triste risultato della massificazione del pensiero individuale; un popolo pigro e pacifico si era improvvisamente identificato in un’ideologia di rivalsa e di violenta autoaffermazione, che si era concretata nella negazione del popolo stesso.
L’acritica uniformità che generava il pensiero dominante, raramente interrotta da qualche mente dubitativa o riflessiva (presenze che venivano subito considerate anomale e nocive), lo terrorizzava.
Non erano tanto le randellate, che in quel periodo venivano tirate a casaccio, a preoccuparlo; era la violenza sulla ragione: quella praticata sul pensiero era per lui la massima forma di violenza, lo stupro della logica. Essere un funzionario di quello Stato era diventato un fardello oneroso dal quale non riusciva a sgravarsi.
Ripamonti si muove nello “spazio torbido” dell’Italia mussoliniana, in una “zona grigia” che è al contempo dentro e fuori le persone prigioniere “della trappola incrociata del controllo sociale” allestita dal regime fascista, causa ed effetto dell’ottundimento delle coscienze.
Si muove, pensa ed agisce come uno scienziato, un osservatore: “Il Delegato era animato da una curiosità quasi darwiniana verso i propri simili. Intendeva capire le regole evolutive, le logiche di accoppiamento e le ragioni endogene che consolidavano i legami fra umani”.
Attorno a Ripamonti ci sono i colleghi e i “suoi” uomini e qualche figura femminile che però non riesce a colmare il grande vuoto che riempie la sua anima.
Saul Stucchi
NB: sabato 27 ottobre alle ore 19.00 avrò il piacere di parlare de “Lo spazio torbido” insieme con l’autore Simone Cozzi alla libreria “Il Libro è” in via Loreto 35/A a Lissone, con letture a cura di Simona Viggianiello e Adamo Miniero e la sottolineatura musicale di Andrea Giussani. Siete tutti invitati!
- Simone Cozzi
Lo spazio torbido
Panda Edizioni
2018, 124 pagine, 13 €