Penso che i visitatori della mostra Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, in corso al MUDEC Museo delle Culture di Milano fino al 28 luglio, si possano raggruppare in due schiere: da una parte le persone che recano sulla pelle almeno un tatuaggio, dall’altra quelle senza segni sul corpo, ma comunque curiose di tutto quanto ruota intorno al tattoo.
Bene, con la doverosa premessa che io appartengo alla seconda schiera, dico subito che l’universo del tatuaggio è molto più ampio (geograficamente e storicamente), articolato e interessante di quanto uno possa immaginare. Sono convinto che anche i più esperti troveranno di che stupirsi.
L’esposizione, organizzata da 24 ORE Cultura, ha la curatela di Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni con la collaborazione di Jurate Francesca Piacenti. Presenta un percorso – l’allestimento è firmato dallo studio di design Dotdotdot – che si snoda in sei sezioni.
Sono dedicate rispettivamente alle origini del tatuaggio; alla contrapposizione tra sacro e profano; alle origini del tatuaggio moderno; alle classificazioni di Cesare Lombroso e di altri studiosi; al tatuaggio come elemento apotropaico, terapeutico e sociale e infine all’esperienza di un tattoo-studio.
Il materiale esposto è assai vario: documenti, fotografie, dipinti, oggetti, strumenti per disegnare sulla pelle, video, ma anche frammenti di pelle umana! E qui il ricordo mi è andato al romanzo di Demetrio Paolin “Conforme alla gloria” e alla mostra “À fleur de peau. Vienne 1900, de Klimt à Schiele et Kokoschka”, allestita qualche anno fa al MCBA Musée Cantonal des Beaux-Arts di Losanna.
I pannelli di sala sono fatti fin troppo bene, ricchi di informazioni, dati e curiosità come sono: ci vorrebbero diversi giorni per leggerli tutti! Ciascun visitatore si concentrerà dunque sui temi che riterrà più interessanti e poi magari approfondirà gli altri attraverso il bel catalogo pubblicato sempre da 24 ORE Cultura.
Io, per esempio, ho letto la storia del polinesiano Omai, arrivato in Inghilterra giusto duecentocinquanta anni fa (nel luglio del 1774): destò così grande curiosità da meritarsi di essere immortalato dal pennello di Joshua Reynolds in un ritratto nel quale, peraltro, si vedono soltanto i tatuaggi sulle mani e su una parte di avambraccio (il quadro ha una particolarità: l’anno scorso è stato acquistato dalla National Portrait Gallery di Londra insieme al Getty Museum di Los Angeles: le due istituzioni lo esporranno alternativamente. Attualmente nella capitale inglese, arriverà negli USA nel 2026 in vista delle Olimpiadi del ’28).
Prima mi sono concentrato sull’approfondimento sui tatuaggi che si facevano pellegrini e Crociati; ho letto il pannello sul “tatuaggio infamante”; quelli dedicati ai tatuaggi nell’antico Egitto, nel mondo greco e e poi romano. Impossibile non soffermarsi davanti allo spazio riservato a Ötzi, con l’atlante dei sessantuno segni disegnati sul suo corpo.
In una teca sono esposti “stampini in legno usati per stampare sulla pelle il disegno del tatuaggio, prima di inciderlo con gli aghi, in uso presso il Santuario di Loreto” (per citare la didascalia): datati al XVI secolo, sono stati concessi dalla Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto.
Con calma mi sono messo a leggere le annotazioni che accompagnano i disegni (purtroppo anonimi) di carcerati tatuati, prestati dall’Archivio del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino. Nella legenda “Descrizione e significato dei tatuaggi” sul corpo di Sebastiano Ferrero, si legge per esempio: “Leone (emblema della forza: fece il lottatore)”, tra indicazioni di iscrizioni oscene e ritratti di donne, tra cui un’amante e una meretrice.
Verso la fine del percorso mi sono soffermato in particolare sui ritratti fotografici realizzati dalla fotoreporter algerina Zohra Bensemra. Leggendo le didascalie che li accompagnano ascoltiamo i racconti di quelle donne, alcune delle quali pentite per essersi tatuate quand’erano ragazzine. “Era la regola, era anche di moda. Tutte le ragazze erano tatuate. Per essere bella dovevi essere tatuata, così l’ho fatto”. Con queste parole si era espressa nel 2015 Fatma Tarnouni che all’epoca aveva 106 anni, raccontando di quando si era fatta tatuare a dieci anni. Parliamo dunque di un secolo fa, ma sembra oggi.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Un’immagine dell’allestimento
Foto di Carlotta Coppo - Detenuto tatuato Inizio XX secolo Aristotipo
Courtesy Museo di Antropologia “Criminale Cesare Lombroso” – Università di Torino - Anonimo
Disegno con tatuaggi di Giovanni Mullé
Seconda metà XIX° secolo
Disegno a lapis, tempera e acquerello
Courtesy Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” – Università degli Studi di Torino
Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo
Informazioni sulla mostraDove
MUDECVia Tortona 56, Milano
Quando
Dal 28 marzo al 28 luglio 2024Orari e prezzi
Orari: Lunedì 14.30 – 19.30Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
Giovedì e sabato 9.30 – 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Biglietti: intero 16 €; ridotti 14/12/10 €