Fino al 26 febbraio 2023 si potrà visitare al Palazzo Gotico di Piacenza (nella centralissima Piazza Cavalli) la mostra Egitto svelato. I sarcofagi egizi di Deir el-Bahari. Esposizione e restauro in pubblico. È organizzata da Teodoro Auricchio e Chiara Frigatti, mentre Annalisa Pilato è la responsabile dell’équipe di restauro. Il progetto dell’allestimento è firmato dallo Studio Scognamiglio Solenghi Architetti. È il caso d’iniziare a raccontare la mostra proprio dall’allestimento nello scenografico salone monumentale, riaperto al pubblico come spazio espositivo dopo essere stato utilizzato con altre funzioni.
Il visitatore non trascuri il primo pannello di sala: riporta infatti il testo che spiega il progetto espositivo e ne illustra il percorso. Si rimane sorpresi nel leggere che:
Le piramidi egizie hanno fronti orientati sui quattro punti cardinali e diagonale con angolo costante di 45° sull’asse Nord Sud. Y / 15. Palazzo Gotico è posizionato con asse mediano a 45° rispetto all’asse Nord Sud. La geometria della pavimentazione del salone è posta a 45° rispetto all’asse mediano del palazzo coincidente con l’orientamento delle piramidi”.
Ma che cantanti d’Egitto!
Ci sente dunque in asse e in sintonia con l’antico Egitto, pur lontano geograficamente e temporalmente. Il materiale presentato proviene da diversi prestatori: l’Art and History Museum di Bruxelles, il MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Civico di Crema e del Cremasco, il Museo Civico Archeologico di Bergamo, il Museo di Archeologia dell’Università di Pavia e il Collegio Alberoni di Piacenza.
Questi ultimi due hanno concesso gli unici resti umani in mostra, ovvero due teste mummificate. Quella da Pavia è datata da analisi radiocarbonica all’età romana, più precisamente al I-II secolo d.C., mentre per quella piacentina la didascalia riporta l’indicazione “datazione sconosciuta”, con l’aggiunta di un’annotazione interessante: le tracce di doratura, infatti, suggeriscono di ipotizzare che la testa appartenesse a un piccolo principe faraonico.
A proposito di mummie: alcuni cartelli indicano un percorso per i più piccoli. Li contraddistingue il disegno di una simpatica mummia sdentata. Ci sono poi display che riproducono brevi video in cui degli attori interpretano il ruolo di un tombarolo o di un sacerdote (quest’ultimo ha una vaga somiglianza con il controtenore Anthony Roth Costanzo, il protagonista dell’Akhnaten di Philipp Glass che tra poco tornerà per la terza volta in tournée a Londra).
Ma i miei complimenti vanno in particolare ai pannelli di sala, ben fatti e ricchi di informazioni. A quello a cui è affidata un’introduzione storica, ne seguono un paio che si concentrano sulla regione di Tebe alla fine del Nuovo Regno, attorno al 1000 a.C. e sul ruolo dei potentissimi sacerdoti di Amon. Poi si compie un salto di tre millenni per ritrovarsi alla fine del XIX secolo, quando vennero individuate la Prima Cachette di Deir el-Bahari (1881) e, dieci anni dopo, la Seconda Cachette: un evento importante nella storia dell’egittologia, ma […] anche una vera catastrofe archeologica!”.
Encomiabile, poi, la scelta di esporre in teche inclinate le tavole di mummia che risultano così più “leggibili” dei sarcofagi disposti scoperchiati nella tradizionale posizione orizzontale. Due di esse appartennero a donne di cui non si è conservata l’identità, mentre la terza è riferibile alla cantante di Amon Tauseretempernesu, cui amici e parenti sicuramente si rivolgevano con un più gestibile diminutivo (sui sacerdoti e le sacerdotesse di Amon rimando alla recensione della mostra “Servir les Dieux d’Egypte” allestita nel 2018-2019 al Museo di Grenoble).
Restauri nel tempo
Una sezione è dedicata al tema del restauro. Qui un pannello illustra al visitatore il passaggio dal “restauro mimetico alla visione originale”. I sarcofagi della collezione dell’Art & History Museum di Bruxelles vennero infatti sottoposti a restauro alla fine dell’Ottocento da Armand Bonn che nascose alcuni documenti al di sotto del suo intervento, perché li ritrovassero i colleghi del futuro, come in effetti è stato! (Un video mostra uno di questi momenti particolarmente emozionanti).
Ma è cambiato tantissimo se non tutto nelle tecniche, nelle procedure e nei principi ispiratori nel corso di oltre un secolo da allora.
Le linee del restauro moderno, in piena contrapposizione con quelle ottocentesche adottate da Bonn nel primo intervento, impongono a priori due principi fondamentali: la riconoscibilità dell’intervento e la reversibilità dei materiali utilizzati”.
Sul fondo del salone sono esposti alcuni costumi dell’Aida di Verdi prestati dal Teatro Municipale di Piacenza. Ma è senza dubbio il modulo Europa ad attirare l’attenzione, strategicamente collocato al termine del percorso. Si tratta di una galleria di cristallo lunga ben 16 metri, all’interno della quale trovano posto tre tavoli di lavoro con tanto di telecamere, computer e altri macchinari.
Vi lavorano alcune dottoresse di varie nazionalità che indossano occhiali Google Glass grazie ai quali è possibile seguire il loro intervento in diretta sui monitor. Questo laboratorio di restauro progettato dall’IER proprio per gli interventi in pubblico ha vinto il riconoscimento Visit Brussels Award come nuova concezione espositiva.
Grande successo stanno registrando anche le visite guidate alla mostra. Non perdetevi dunque l’occasione di scoprire Egitto svelato a Piacenza!
Saul Stucchi
Foto Mauro Del Papa
Egitto svelato
I sarcofagi egizi di Deir el-Bahari
Esposizione e restauro in pubblico
Informazioni sulla mostra
Dove
Palazzo GoticoPiazza Cavalli, Piacenza
Quando
Dal 10 dicembre 2022 al 26 febbraio 2023Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 9.00 – 13.00 / 14.30 – 19.00Ultimo ingresso 18.30
Lunedì chiuso
Biglietti: intero 10 €; ridotto 8 €