A Georges Simenon basta una pagina, anzi mezza (la prima), per irretirci nella sua trama. Conferma questa sua impareggiabile dote ne La porta, romanzo concluso nell’estate del 1961 e pubblicato l’anno successivo. Adelphi lo manda in libreria nella collana Biblioteca Adelphi con la traduzione di Laura Frausin Guarino.
Bernard Foy è seduto su una sedia e da una finestra di casa sua guarda giù, nella strada di Parigi che corre sotto il palazzo. Noi siamo lì con lui, anche se ancora ignoriamo chi sia e cosa stia facendo. Sta aspettando. La sua routine quotidiana è stata interrotta. Da cosa e perché? L’inquietudine del protagonista contagia il lettore. «Foy restava seduto al suo posto, a disagio, inquieto, senza sapere esattamente perché.»
Intanto aspetta la visita del dottor Aubonne. Siamo a pagina 12. Nella seguente Simenon descrive in una manciata di righe il microcosmo del condominio in cui vive Foy. Se accettassimo l’implicita sfida dell’autore e ci mettessimo a ritrarre i personaggi che popolano i nostri caseggiati, che ne verrebbe fuori, oltre alla vergogna per il riconoscimento della misera prova?
Di pagina in pagina lo stato di Foy si fa via via più tormentato e angosciato. Ma siamo appena alla numero 16 (quindi non temo di spoilerare troppo) quando Simenon, con un colpo di teatro dei suoi, ci informa che l’uomo ha perso entrambe le mani all’inizio della guerra. Piano piano si è rimesso e ha trovato un nuovo equilibrio, ma gli risulta faticoso uscire dal guscio del suo appartamento. E poi c’è la gelosia. Ecco il tema centrale de La porta.
Foy ne soffre da sempre, ancora da prima di incontrare Nelly che poi sarebbe diventata sua moglie. La coppia vive una quotidianità che è l’opposto di quella della maggior parte degli altri: lui rimane in casa, dove dipinge abat-jour servendosi delle protesi che deve periodicamente sottoporre a revisione; lei invece passa quasi tutto il giorno fuori, perché lavora in una ditta in place des Victoires, ed è come se vivesse un tempo diverso da quello di Bernard.
Nelly non l’ha abbandonato dopo l’incidente, gli è rimasta accanto e l’ha aiutato a riprendersi. Ma un tarlo scava nella mente del marito: «era possibile che per tutti quegli anni lei fosse stata felice con lui e che lo fosse ancora? Stentava a crederlo e se ne tormentava. Negli ultimi mesi, soprattutto nelle ultime settimane, quel dubbio lo tormentava».
Quando è fuori casa, lei gli manca. La lunga giornata di attesa del suo ritorno si srotola in un rituale che si è costruito per evitare di impazzire, lui che è ossessionato dagli orologi e dal tempo. Bernard conosce il rumore di ogni porta del palazzo. Ed è proprio una di queste a celare il mistero che il protagonista non riesce a decifrare.
Chi ama i romanzi di Simenon (l’altra metà del cielo rispetto ai casi del commissario Maigret) sa già all’inizio che sono storie che, come biglie, rotolano verso la buca della tragedia. La formula collaudata non toglie nulla al piacere della lettura. Ma anche in questo caso l’autore riesce a sorprendere e di certo non sarò io a svelarvi come.
I cattivi pensieri di Bernard accentuano l’inquietudine che ne increspa la depressione. Da settimane è «ipnotizzato da una porta, da un pomello di maiolica color avorio, al punto di aver voglia di toccarlo con l’estremità della protesi».
Otello con i moncherini, Bernard si fa Iago di se stesso, a disagio anche per i sogni erotici che Nelly gli confessa. «Aveva mentito. Dunque poteva mentire.» Là fuori, intanto, la vita scorre, con Place des Vosges a fare da frontiera non solo tra III e IV arrondissement, ma tra due mondi, due diverse Parigi (Giuseppe Scaraffia, ne L’altra metà di Parigi. La Rive Droite dedica il capitolo 31 a Simenon che abitò per anni al n. 21 della piazza).
«Un malessere sordo e voluttuoso si insinuava in profondità nel suo corpo e lui aveva voglia di far scoppiare quella sorta di ascesso. Voglia, anche, di parlare a Nelly, di dirle quello che non le aveva mai detto, di liberarsi una volta per tutte di quel groviglio confuso, brulicante, di cattivi pensieri che riaffioravano sempre più spesso.»
Chi di noi aprirebbe quella porta dal pomello di maiolica color avorio? Da lettori, tutti.
Saul Stucchi
Georges Simenon
La porta
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Adelphi
Collana Biblioteca Adelphi
2024, 142 pagine
18 €