Paco Ignacio Taibo II inizia a scrivere nel 1976 quella che sarebbe diventata una vera e propria serie gialla con Héctor Belascoarán Shayne come protagonista. Giorni di battaglia è la prima indagine, oggi riproposta dalla casa editrice La Nuova Frontiera, con la traduzione di Roberta Bovaia. Inizia con una citazione della Genesi e finisce con il pianto desolato e un’esclamazione colorita sulla solitudine del protagonista.
In questo primo libro (lo scrittore spagnolo naturalizzato messicano ne scriverà altre dieci di avventure con lo stesso investigatore) racconta di come Héctor Belascoarán Shayne sia nato nel 1944, sia il figlio maggiore e abbia una sorella, Elisa, reduce da un divorzio, e un fratello, Carlos, impegnato a sinistra. Héctor fino a trent’anni è stato l’ingegnere supervisore alla General Electric di Città del Messico e un marito.
Poi, d’improvviso, lascia il lavoro; si allontana dalla moglie Claudia; affitta un ufficio “da detective” (dividendolo, prima, con un idraulico, poi, anche con un tappezziere e con un ingegnere, che si occupa di fogne), studia i serial killer; e partecipa addirittura al quiz di Televisa nel quale vince 64mila pesos; prende un diploma per corrispondenza e si getta per le strade (con una .38 sotto l’ascella) alla ricerca del Cervelo (e non Cervello, come ci si aspetterebbe) che ha strangolato dodici donne in due mesi.
Il doppio cognome Belascoarán Shayne deriva dai genitori spagnolo-irlandesi. Héctor vi tiene moltissimo, lui è un “tipo”, leggermente depresso (i casi lo renderanno inoltre orbo da un occhio e claudicante per un chiodo nella gamba zoppa e pieno di cicatrici nel corpo e nello spirito).
Politicamente legato al partito marxista ma si sente anche un forte «esistenziale» e «un mezzo anarchico», Héctor fuma Delicados con filtro, beve cola, indossa un impermeabile di gabardine; ha anche una fidanzata “fantasma” con la coda di cavallo), ingurgita tacos e donas, va spesso al cinema per pensare, dorme pochissimo ma appagato (è insonne per amore).
Giorni di battaglia è prima di tutto una riflessione sul potere, però. E soprattutto sulla dittatura, che schiaccia il mondo dei più fragili in questo caso delle donne. Il sistema, che la dittatura porta con sé, è quello di una protezione, soprattutto per quanto riguarda le donne. Ma una protezione che non permette di avere una vita indipendente, libera e consapevole.
Insomma, le donne non possono essere che protette. Se escono fuori dalla routine (casa, chiesa, famiglia) e reclamano la loro libertà, come stanno facendo le donne in tutto il mondo, vengono uccise, perché pericolose. Ogni pagina del romanzo racconta questa oppressione. Lo stato comprime e sopprime gli uomini, li «imprigiona». Non gli permette di vivere appieno la propria vita.
Héctor riflette, gira per la città, fa ipotesi che poi scarta. Continua il suo cammino. Mentre non può non constatare che «il mondo andava piano piano alla malora … il mondo si trovava nel centro della bufera». Con amarezza, non può non constatare che «la morte era sopraggiunta all’imbrunire». Non ha indizi sufficienti e le donne uccide dal Cervelo sono diverse per età, ceto sociale, interessi e mestieri. Apparentemente non c’è nulla che le avvicini, se non il fatto che siano donne.
Quello che ne viene fuori è che il mondo in cui vive è un mondo fatto di corruzione e di violenza.
Lentamente le circostanze si rivelano favorevoli, dopo aver battuto piste morte: trova anche una «donna dalla coda» che, dopo avergli raccontato la sua storia ‒ una storia di famiglia atroce e crudele ‒ lo guida attraverso la città fino al colpevole.
Paco Ignacio Taibo II inizia quasi per gioco, ma ben presto si rende conto che solo con il genere giallo può restituire un ordine (apparente) e una giustizia (palliativa) che il Sistema si rifiuta di dare. Allora, oltre ai tic del protagonista e l’ammiccare con gli appassionati del genere, entra in nuova prospettiva: quella che racconta ‒ con una scrittura essenziale e senza alcun filtro, senza alcun abbellimento ‒ la società messicana (fatta di scioperi, di manganellate, di soldati, di operai e di giovani donne uccise da un presunto serial killer).
Lo scrittore osserva e analizza il contesto storico con grande attenzione, senza togliere nulla all’avventura, cercando di indirizzare il lettore verso quanto accade intorno a lui.
Sarebbe bello credere che la narrazione, per lo scrittore messicano, sia un «luogo fatto per mettere ordine nel caos». Ma la malinconia, che domina il libro, non permette al lettore di credere in questo. Il romanzo non è fatto per mettere ordine a nulla. È stato inventato per divertirsi, per creare casino, per goderne, per rimestarlo. Non per rimediare, come ebbe a dire lo scrittore in un’intervista. Semmai la scrittura è uno “spazio” in cui fare altre domande, sempre nuove, sempre più inquietanti. E avvicinarlo al reale, pieno di parentesi, buchi, ellissi. Senza la possibilità di spiegare tutto.
Claudio Cherin
Paco Ignacio Taibo II
Giorni di battaglia
Traduzione di Roberta Bovaia
La Nuova Frontiera
Collana Liberamente
2023, 224 pagine
16,90 €