Questa settimana l’editoriale “L’ALIBI della domenica” è dedicato al film sulla mostra di Leonardo da Vinci al Museo del Louvre di Parigi.
Saranno tre o quattro i grandi rimpianti che mi porterò dietro quando arriverà il momento di archiviare il 2020, annus horribilis (“in decade malefica”, verrebbe da chiosare con il poeta Giovanni Lindo Ferretti). Non aver avuto la possibilità di visitare il Museo del Louvre di Parigi è tra questi.
Certo, non duole come l’occasione persa dell’esposizione “Van Eyck. An Optical Revolution” al Museo di Belle Arti di Ghent, LA MOSTRA su Jan van Eyck. In questo caso a mitigare il rimpianto concorrono alcuni fatti: il Museo del Louvre è ancora lì; nell’ultimo decennio l’ho visitato almeno una volta all’anno; ho fatto in tempo a vedere la mostra di Leonardo da Vinci… Proprio a questa mostra colossale è dedicato il film “Una notte al Louvre: Leonardo da Vinci”, diretto da Pierre-Hubert Martin, che sarà proiettato nelle sale italiane soltanto nelle date di lunedì 21, martedì 22 e mercoledì 23 settembre 2020.

È il primo appuntamento della stagione autunnale della Grande Arte al Cinema di Nexo Digital (come sempre, l’elenco delle sale è disponibile sul sito ufficiale). Fanno da ciceroni alla passeggiata lungo il percorso espositivo gli stessi curatori della mostra, Vincent Delieuvin e Louis Frank, “Conservateurs en chef” rispettivamente del Dipartimento di Pitture e del Dipartimento di Arti Grafiche del Louvre.
Leonardo e la pittura
I titoli di coda elencano qualcosa come una cinquantina di opere (comprese le riflettologie a raggi infrarossi) mostrate durante il film. Si tratta di una selezione delle 162 squadernate lungo il percorso, tra cui undici dipinti della ventina attribuiti a Leonardo.
Naturalmente non tutte hanno lo stesso trattamento: su alcuni capolavori la telecamera indugia a lungo per svelarne agli spettatori anche i dettagli più minuti, mentre altri lavori sono inquadrati solo per pochi istanti. I due curatori, infatti, hanno scelto alcune opere attorno alle quali dipanare il discorso su Leonardo. Si sono concentrati soprattutto sulla sua concezione della pittura, considerata come la più elevata e completa forma d’arte.
Le sezioni sono le stesse in cui era articolata la mostra: ombra, luce, rilievo; libertà; scienza; vita. Ma prima d’immergersi nel mondo di Leonardo gli occhi si fanno ammaliare dalla bellezza del Louvre. Le sale si svuotano, le luci si spengono nella Grande Galerie e un drone sorvola l’immenso edificio con la Pyramide illuminata nella notte parigina. E a questo punto devo confessare a me stesso che il rimpianto brucia più di quanto volessi ammettere (ah, ma tornerò!).
Una musica classica accompagna riprese spettacolari. I brani della colonna sonora sono ben scelti: da Marin Marais (ma non interpretato da Jordi Savall come in “Tutte le mattine del mondo” di Alain Corneau) a Johann Sebastian Bach, dall’anonimo di “Per la mya cara” alle “Danze polovesiane” dal “Principe Igor” di Borodin (e qui la mia mente è andata al film “Francofonia” del russo Aleksander Sokurov).
Gli anni a Firenze
L’analisi delle opere non poteva che iniziare dal gruppo scultoreo de “L’incredulità di San Tommaso” di Andrea del Verrocchio. Nella sala ci sono soltanto i due curatori, a differenza di quando ci sono stato io, lo scorso dicembre: facevo fatica a spostarmi da uno studio di drappeggio all’altro, tanta era la folla! Adesso invece la telecamera ha tutto l’agio di soffermarsi su ogni piega, su ogni gioco di chiaroscuro.
Fin dai primi passi nella bottega del maestro Leonardo ha studiato con attenzione, diremmo quasi maniacale, gli effetti della luce. Ad attrarlo era soprattutto l’energia della natura: comprese presto che non poteva essere compressa in una perfezione statica. Da qui la sua tendenza a non finire le opere, a lavorarci per anni se non addirittura decenni, sempre modificando e aggiustando.
Ecco la “Madonna Benois” dal Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Il cosiddetto “Condottiero” di Antonello da Messina fa solo una fugace apparizione, mentre la telecamera corre verso il “San Girolamo penitente”, su cui sono rimaste le impronte digitali di Leonardo. “È l’immagine di un Leonardo da Vinci generoso, intellettuale, aperto al mondo, quella che volevamo difendere qui”, dice Delieuvin riferendosi alla concezione alla base della mostra parigina.
Siamo arrivati davanti ai capolavori assoluti: il “Ritratto di musico”, la “Vergine delle rocce” realizzata per la chiesa di San Francesco Grande a Milano, il “Ritratto di Dama” (noto anche come “La Belle Ferronnière”), presunto ritratto di Lucrezia Crivelli, amante di Ludovico il Moro.
I taccuini di Leonardo
Sappiamo che Leonardo portava sempre con sé un taccuino per annotare le sue osservazioni, mescolando scrittura e disegni. Il motto riportato da Plinio “Nulla dies sine linea” si confà tanto a Leonardo quando a Baruch Spinoza e al suo emulo John Berger. Davvero belle le immagini dei taccuini e dei quaderni leonardeschi che paiono librarsi (è il caso di dire) come gabbiani nelle teche di vetro.
Il percorso si fa via via più intenso. Ecco il cartone con il ritratto di Isabella d’Este (una delle tante promesse non mantenute da Leonardo) e poi la “Testa di fanciulla, detta la Scapigliata”. E ancora il “San Giovanni Battista” che i curatori prendono a modello della tecnica della velatura o “sfumato”. “Nel periodo del componimento inculto i contorni erano uniti tra loro in maniera brusca. Adesso, invece, si dissolvono e permettono alla forma di vibrare”.
Altra opera fondamentale è la “Sant’Anna”, iniziata verso il 1500 e portata avanti per un ventennio, fino alla morte avvenuta nel 1519 ad Amboise. Il cartone – che riporta differenze sostanziali con la versione finale – destò lo stupore dei Fiorentini, ricorda il Vasari nella biografia leonardesca del 1550. Pur incompiuto, la “Sant’Anna” è un dipinto “intriso del singolare movimento della vita”.
La Gioconda
A questo punto si esce dalla mostra per rientrare nelle sale del Louvre. Al buio si percorre la Galleria di Michelangelo, giusto per riconoscere i due “Prigioni”, poi si sale la monumentale Scalinata Daru, alla sommità della quale svetta la Nike di Samotracia, per una volta non circondata dai turisti giapponesi, a cui la statua è particolarmente cara.
Il percorso per arrivare alla Gioconda è un po’ “forzato”, così da mostrare i capolavori dell’arte francese, da “La Libertà che guida il popolo” di Delacroix a “La zattera della Medusa” di Géricault e “Bonaparte visita gli appestati di Jaffa” di Gros. La telecamera entra nella Salle des Etats da dietro, per mostrare un solo istante “Le nozze di Cana” di Paolo Veronese e soffermarsi sulla regina del Louvre, lei, Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. La tavola in pioppo non gode di buone salute (motivo per cui non può più viaggiare): una volta all’anno viene estratta dalla teca in vetro antiproiettile per essere sottoposta a un rigoroso controllo.
Non è stato possibile integrare la Gioconda nel percorso della mostra: ogni giorno vengono (o almeno venivano) da tutto il mondo per ammirarla qualcosa come 30 mila persone, mentre le sale dell’esposizione potevano accoglierne soltanto un terzo. Adesso, ma solo per tre giorni, possono ammirarla al cinema tutti gli appassionati di Leonardo, senza alcuna limitazione, se non quelle imposte dalle disposizioni sanitarie contro il Covid-19.
Saul Stucchi
Una notte al Louvre. Leonardo da Vinci
- Regia: Pierre-Hubert Martin
- Testi: Catherine Sauvant e Pierre-Hubert Martin
- Curatori della mostra: Vincent Delieuvin e Louis Frank
Informazioni ed elenco delle sale: