Strano uccello il colibrì: sbatte rapido le ali per rimanere perfettamente fermo nello stesso punto a suggere il polline. È quasi una metafora del vivere umano, tanto affaticarsi da mane a sera solo per garantirsi la sopravvivenza. Dalle civiltà precolombiane “i colibrì erano considerati i messaggeri degli dei e volavano tra il cielo e la Terra”. I soprannomi, come e più dei nomi, sembrano determinare il nostro destino, tracciare una strada che percorreremo fino in fondo anche quando crediamo di poter fuggire alla rete che si stringe attorno a noi, di seguire la direzione opposta al pericolo. Sforzi inutili. Gregorio “Colibrì” Sanderi, classe 1966, è un ligure di ponente che ha deciso di catapultarsi dall’altra parte del mondo insieme a un amico d’infanzia per cercare conferma a una loro strana teoria.
Da sempre affascinati dalle pitture parietali preistoriche, i due intendono approfondire l’eventuale legame che accomuna i due continenti separati dall’oceano. Migliaia di chilometri per ritrovare le stesse valli terrazzate lasciate in Liguria, così tenacemente e faticosamente strappate all’incolto da infinite generazioni di contadini, alla ricerca del “disegno delle bestie”: “un cervo con in bocca un’aquila che beccava il cranio di un grosso gatto selvatico che aveva gli artigli su un serpente”. Dalla Val di Prino al Guatemala. È questa la prima parte del nuovo romanzo breve di Marino Magliani, edito da Sironi, “Quattro giorni per non morire”. Nella seconda, in poche pagine (a volte basta una semplice battuta: “cosa credi – domanda un vecchio al protagonista – , che non abbia anche detto che per poco t’ha tolto tutto…”) l’autore scandaglia il rapporto tra il protagonista e suo fratello Gilberto, tanto diversi tra loro quanto solo due fratelli possono esserlo. Gilberto non ha mai lasciato le sue terrazze, come la pietra del torchio che non abbandona mai il solco, mentre Gregorio pensa di esserne uscito. A ricongiungerli è la morte della madre che fa ottenere a Gregorio un breve permesso di lasciare il carcere per partecipare alle esequie. Solo quattro giorni, giusto quelli che trascorriamo su questa terra, per tentare la sorte, la fuga da una morte molto vicina a causa del progredire di una malattia rara contratta in Sud America.
Quattro è il numero della morte: quattro volte il dio Viracocha aveva provato a “dare al mondo una razza perfetta e aveva fallito, distruggendo così ogni volta il creato con terremoti e diluvi”. Al protagonista non restano che due alternative: morire in carcere o fuggire per riparare in America Latina e farsi curare da uno specialista.”Un rouge et noir a Montecarlo. A volte gli sembrava che ce ne fosse d’avanzo”. Rosso e nero, vicini sul piatto della roulette, nella vita sono separati da un abisso. Tornare a Regina Coeli oppure oltrepassare il confine e arrivare all’aeroporto internazionale di Nizza. La ricca e raffinata Costa Azzurra e il paesino dell’entroterra ligure sopra Porto Maurizio che sopravvive grazie all’apporto di elementi esterni (i soldi dei turisti tedeschi che comprano case ormai chiuse da anni, i muratori turchi che le rimettono a posto), così vicini eppure così lontani. Al di là del confine ecco la “Fransa”, il mito dell’altrove da sempre nutrito dai liguri, di scoglio o di roccia non fa differenza. Al di qua c’è invece Lori, l’amore della giovinezza rimasto sempre inespresso e inappagato. Il suo fisico è in parte appassito, ma la passione per lei non si è mai spenta. La Liguria di confine è quella di Francesco Biamonti, ricordato e onorato da numerose citazioni; qui fa da scenario a una storia che tiene incollato il lettore fino all’ultima pagina. Letteralmente.
ALIBI è orgogliosa di annoverare Marino Magliani tra i propri collaboratori. Da pochi giorni è in libreria il suo ultimo romanzo, Il collezionista di tempo, anch’esso edito da Sironi.
Saul Stucchi
Marino Magliani
Quattro giorni per non morire
Sironi Editore, 2006, 156 pagine
€ 12,90
www.sironieditore.it