Infiniti sono i modi per approcciarsi a una città che ancora non si conosce. Di solito io scelgo di visitarne i musei, non solo perché ne raccontano la storia, ma anche perché ne custodiscono buona parte dei tesori (la pessima qualità dell’aria che respiriamo danneggia statue e altri elementi architettonici almeno quanto i nostri polmoni che però non possono essere musealizzati).
Andando e tornando da un museo guardo per aria alla ricerca di targhe e iscrizioni, rischiando di incorrere in spiacevoli incidenti. Non come cadere nel pozzo e venir deriso da una schiavetta trace, come capitò al filosofo greco Talete, intento a passeggiare con gli occhi insù per studiare gli astri, ma calpestare le “deiezioni canine” diventa un pericolo sempre più incombente oltre che testimonianza “fisica” dei cambiamenti in atto nella nostra società.
Le strade di Fano (PU) sono disseminate di targhe e iscrizioni, a cominciare da quella “in negativo” che ancora si può leggere sulla Porta di Augusto (anche impropriamente chiamata Arco di Augusto). Dedicherò un prossimo articolo a una breve passeggiata epigrafica per la città marchigiana. Qui mi limito a segnalare un reperto conservato nel piccolo Museo Archeologico, ospitato con la Pinacoteca nel Palazzo Malatestiano.
Si tratta di un cippo funerario datato al II secolo dopo Cristo, proveniente dalla stessa Fano. È collocato in posizione non molto felice come meta da doppiare lungo il percorso espositivo. Bisogna piegarsi per leggere il testo latino iscritto nello specchio epigrafico, dando le spalle alla statua dell’imperatore Claudio. Riporto la traduzione dell’iscrizione (CIL XI 6266, dove CIL sta per Corpus Inscriptionum Latinarum, ovvero Corpo o Raccolta delle Iscrizioni Latine):
Agli Dei Mani, al figlio dolcissimo Italico, che visse un anno, tre mesi e diciotto giorni, i genitori Novembre e Onesimo (dedicarono questa sepoltura)”.
Le epigrafi funebri, soprattutto quelle dedicate a bambini e ragazzi, strizzano ancora il cuore, annullando in un istante il mare di secoli che ci separa dall’antichità. Solo un poeta alessandrino come Kavafis o Ungaretti potrebbe comporre un epicedio in memoria di questo bimbo e dei suoi affranti genitori.
Entrato nel Museo che sembrava già primavera, ne sono uscito che era ancora inverno: la nebbia stava calando su Fano. Sono arrivato sul lungomare per trovarmi di fronte un paesaggio alla Luigi Ghirri. Voi dovrete accontentarvi di una mia foto.
Saul Stucchi
Museo Archeologico e Pinacoteca
Piazza XX Settembre 4
Fano (PU)
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