Finalmente ci sono riuscito: ho visto lo spettacolo spagnolo Magnani aperta a Madrid, a casa dell’attrice Arantxa de Juan. Ne avevo parlato mesi fa a proposito di Etty – Con le parole che danzano nel cuore di e con Francesca Caratozzolo e di Terra di Rosa di e con Tiziana Francesca Vaccaro, entrambi visti in abitazioni private in Brianza, a pochi chilometri da casa mia.
Lo scorso aprile, durante un’intensa settimana a Madrid il cui obiettivo principale era assistere all’opera Gloriana di Benjamin Britten al Teatro Real, ho fatto un tentativo per vedere se ci fosse posto per una delle recite di Magnani aperta. Come indicato sul sito, ho inviato un SMS e atteso. Non avevo grandi speranze, visto il successo riscosso dallo spettacolo, ma sono stato fortunato: dopo qualche minuto ho ricevuto un messaggio con le indicazioni per raggiungere la casa di Arantxa e l’invito ad essere puntuale (né prima delle 20.45, né dopo le 20.55!).
Naturalmente sono arrivato con largo anticipo e ho atteso seduto nella piazzetta di Calle de la Luna che venisse l’ora giusta. Quando sono salito al quarto piano e si è aperta la porta dell’appartamento ho potuto constatare che gli spettatori erano già quasi tutti arrivati. Nei minuti che hanno preceduto lo spettacolo ho avuto tempo di dare un’occhiata al soggiorno, mentre l’hi-fi suonava musica napoletana: canzoni come Io te vurria vasà interpretata da Lina Sastri e ‘O surdato ‘nnammurato. In un angolo ho notato lo spartito del brano Ciccio formaggio di Gigi Pisano e Giuseppe Cioffi, messo lì per ricordare gli spettacoli che la Magnani e Totò mettevano in scena nella Roma del 1944.
L’appartamento è molto grande, con finestre che danno sulla Gran Vía, la via Veneto di Madrid.
Insieme a me c’erano una ventina di persone, tra cui un gruppetto venuto da lontano. La mia vicina di sedia veniva addirittura dal Paraguay (ma si trovava in città per partecipare al primo World Opera Forum che si stava svolgendo al Teatro Real: ecco dove l’avevo già vista!).
La prima parte dello spettacolo si tiene nella camera da letto di Arantxa. Lei dorme. Quando si sveglia, tossendo e piagnucolando, si mette a sedere e sulla nuca si ferma il crocifisso che porta alla collana.
Quanto sei bella Roma canta. Fuori dalle finestre si ammira una spettacolare vista di Madrid al tramonto. Accende una sigaretta e dice alla cameriera: “Non chiamarmi signora, chiamami Anna, o Nannarella, come fanno tutti”.
Gli spettatori stanno ammassati su tre file di sedie, come se la vegliassero sul letto di morte. Io invece, sto in piedi attaccato alla parete, insieme a un altro.
Poi si torna nel soggiorno. Ho giusto il tempo di dare una sbirciata alla grande libreria, dove un ripiano è pericolosamente incurvato sotto il peso dei volumi. Scorgo un’edizione della Medea di Euripide e un romanzo di Amin Maalouf.
Roma è come un pueblo, una grande famiglia, riprende l’attrice. Peccato per i paparazzi che non la mollano e vogliono immortalarla in questo momento di debolezza. Apre la finestra e si mette a urlare come se fuori davvero ci fossero fotografi e reporter (“Chissà cosa dicono i vicini!”, ho pensato).
E dagli improperi passa a inanellare ricordi di una vita vissuta intensamente, tra copioni, star del cinema, incomprensioni, rivalità e gelosie. Apre un piccolo scrigno e ne estrae una foto e poi il maglioncino del figlio Luca, malato di polio. La giovane cameriera (interpretata da Nerea Portela) è una presenza riservata, quasi muta, una spalla, il pubblico indispensabile a una donna che rimane attrice anche in casa sua.
Nel suo personale Amarcord tornano spesso Roma città aperta e il nome di Roberto, ovviamente Rossellini. Imita anche Totò, ma sono i giornalisti il suo chiodo fisso, avvoltoi che non hanno rispetto di nulla. È la stampa (la puta prensa!) che l’ha trasformata in un mostro, non perdonandole di essere una donna che dice sempre la verità. È pericolosa la donna che non ha bisogno di un uomo accanto a sé, che si tiene informata, che gode, che si prende quello che vuole!
Lei si è sempre battuta per la parità di paga. Ha chiesto e ottenuto di ricevere lo stesso compenso di Marlon Brando (al bar, dopo lo spettacolo, riferendosi a questo passaggio parlerà di Aldo Fabrizi: la menzione di Brando è stato un lapsus o ha scelto di citare un nome più noto al pubblico spagnolo?).
Di fronte allo specchio Anna – Arantxa si confessa: ci sono giorni che non si può vedere e altri che si trova simpatica! Ma le piacciono le sue rughe: ci ha messo una vita a farsele venire (è forse la frase più celebre di Anna Magnani).
Si sente un animale in trappola e cerca rifugio in un bicchiere di vino bianco. La separazione con Rossellini le brucia ancora. Ma ci sono anche altri drammi, come la morte del figlio del regista. Se ti muore un genitore, resti orfano, ma in cosa ti trasformi quando ti muore un figlio? (è la stessa, angosciosa, domanda che si pone Sergio del Molino del suo libro Nell’ora violetta (La hora violeta, nell’originale spagnolo).
Per fortuna ad Anna non manca il senso dell’umorismo, per prendersi una piccola rivincita sull’altra (e l’altra, in questo caso, è Ingrid Bergman…). E poi Tennessee Williams, l’ambasciatore americano a Roma e il premio Oscar come miglior attrice protagonista per La rosa tatuata (il primo assegnato a un’attrice italiana, nel 1956. Sei anni più tardi lo prenderà Sophia Loren, per un ruolo che avrebbe dovuto essere suo…).
Tra amanti e colleghi è sempre rimasta fedele al suo pubblico, rifiutando ruoli che non sentiva credibili e anche ora che comprende che la fine è vicina non vuole tradirlo. Fino alla fine recita il ruolo di donna emancipata; anzi, ha vissuto più che interpretato le storie delle donne che è stata sul grande schermo.
Alla fine dello spettacolo Arantxa mi ha invitato a bere una birra con altre due persone in un bar lì vicino. Durante la piacevole chiacchierata ha tenuto a sottolineare che tutto quello che dice in Magnani aperta è frutto delle parole di Anna Magnani. Parola di Arantxa de Juan.
PS: lo scorso 5 aprile Arantxa de Juan ha recitato Magnani aperta alla Real Academia de España a Roma. Chissà se un giorno porterà lo spettacolo anche a Milano, magari prima di portarlo a Montevideo…
Saul Stucchi
Le foto sono rispettivamente di Ana Romero (la prima) e di Gonzalo Mayoral (le altre due)
Magnani aperta
In spagnolo
- testo e regia di Arantxa de Juan
- con Arantxa De Juan e Nerea Portela
- portiere: Pablo Villacieros
- Luci: David Omedes
- Quadri: Darío Alvarez Basso
- Scenografia: Manu Berástegui
- Musica: Juan Sánchez
Informazioni: