Nella recensione dello spettacolo teatrale Gilgamesh. L’epopea di colui che tutto vide di Giovanni Calcagno, visto al Teatro Carcano di Milano, ho segnalato che il primo elemento che mi ha colpito sono stati i video di Alessandra Pescetta. Ho deciso di contattare la videoartista (regista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica) per chiederle qualche approfondimento sulla sua attività. La ringrazio per la disponibilità con cui ha risposto all’intervista che potete leggere qui sotto.
Vuoi raccontarci un po’ di te e della tua formazione?
La mia formazione inizia da giovanissima nello studio di un pittore veronese, poi continua all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Lì, grazie agli insegnamenti del videoartista Fabrizio Plessi mi sono appassionata alla videoarte. Le mitiche lezioni di Carlo Montanaro mi hanno poi fatto innamorare del cinema sperimentale.
La scelta decisiva di intraprendere la via del cinema e della videoarte è nata quando, in un cineforum di Venezia che frequentavo assiduamente è stata programmata una rassegna su Tarkovskij e Kurosawa. Una volta uscita dal cinema, tutto mi apparve mutato, qualcosa era cambiato definitivamente in me. Gli occhi delle persone mi sembravano più grandi e profondi e ogni minima fessura sui muri della città mi sembrava un immenso passaggio. Ho così acquistato una telecamera da cui non mi sono più separata: non potevo fare a meno di concentrare il mio campo di visione e osservare ogni minimo dettaglio del reale, cogliendone l’immensa potenza micro-cosmica.
Anche Peter Greenaway è stato per me un maestro, anche se virtuale: amavo le sue sfide, le sue composizioni e il suo rapporto con la pittura. Poi Bill Viola, il liquido amniotico, la dilatazione del tempo.
Dopo un periodo da autodidatta ho frequentato la scuola Fare Cinema di Marco Bellocchio, un altro mio maestro che è sempre un importante punto di riferimento per me, il maestro Gio’ Fronti e ancora Cristobal e Alejandro Jodorowsky, la psicomagia che mi ha influenzato molto.
Come sei arrivata a questa produzione?
Dopo anni di videoclip e l’esordio nella pubblicità che all’inizio è stata una vera fucina di sperimentazione, i miei lavori sono diventati sempre più eclettici e il desiderio di fonderli con altre discipline era sempre più grande. Così sono nate le mie prime videoinstallazioni, che oltre ad avere una vita autonoma sullo schermo, nascevano per concerti o per spettacoli teatrali.
Una di quelle che ho amato di più è stata concepita per lo spettacolo Orcynus Orca di Claudio Collovà. Nelle profondità del Mediterraneo una sposa nuotava alla ricerca del proprio sposo tra i corpi inermi di soldati annegati. Da queste videoinstallazioni è nato il cortometraggio L’ombra della sposa che oltre essere stato in concorso a Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia (2017) ha vinto il Nastro d’argento per la sperimentazione.
Giovanni Calcagno l’ho conosciuto nel 2000, ha interpretato il protagonista di un mio cortometraggio e da lì è diventato il mio compagno di vita e di arte. Insieme abbiamo fondato La casa dei santi producendo e dirigendo molte opere di teatro, videoarte e cinema. Gilgamesh è sempre stata una grande passione di Giovanni che ha messo in scena diverse versioni accompagnate dalle mie opere video, come in quest’ultima occasione.
Quali sono state le richieste / indicazioni che hai ricevuto?
Giovanni mi ha proposto di creare delle immagini simboliche che potessero sintetizzare tre grandi temi dello spettacolo (la nascita, il sogno, la lotta/la morte). I video in alcuni momenti introducono lo spettatore ad uno di questi temi, e in altri interagiscono con gli attori stessi.
Così la prima video composizione, la nascita, è stata ambientata in un deserto in cui il soffio della voce dell’attore, in questo caso quella magnifica di Luigi Lo Cascio, ci introduce nella città di Uruk dopo il diluvio. La vibrazione del suo alito fa spostare i granellini di terra mista a cenere, rivelando i tesori del passato che riaffiorano dai visceri della terra fino alla tavoletta di lapislazzuli nella quale è incisa la storia di Gilgamesh.
Nella seconda parte dedicata al sogno profetico, Vincenzo Pirrotta si sdraia all’interno di un cerchio di pietre e sogna. Alle sue spalle in video, appaiono “i sognatori”, creature seppellite nel grembo terrestre risvegliate dalle profezie proferite dall’attore/narratore. La terra vibra e crea disegni interpretabili come oracoli.
Infine, la video composizione dedicata alla lotta/morte coincide con la morte di Enkidu, l’amico più caro a Gilgamesh. Nella vita di Gilgamesh, quello è un momento in cui il passato non ha più senso. Così ho riprodotto un mare di fuoco che a poco a poco trasforma ineluttabilmente qualsiasi cosa in cenere.
Che tecniche e strumenti hai utilizzato? Quali difficoltà hai – eventualmente – affrontato?
In questo genere di progetti amo immergermi profondamente e completamente nel processo pratico e creativo: in questo caso dall’andare a raccogliere le polveri, le terre, i pigmenti, le foglie, le pietre, fino a trasformarle in contesti scenografici, anche stavolta con l’aiuto di Elisabetta Gambarin.
Tutte le inquadrature sono state girate in Live action, senza effetti in post produzione, sono reali. La tecnica realizzativa è il risultato di anni di ricerca affinata nella quale con l’ottica macro stimolato il soggetto attraverso l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra si crea un dialogo o un conflitto.
Le difficoltà spesso diventano motivo di nuove scoperte, quindi fanno parte della sperimentazione. Quando giro, lascio sempre un margine al caso, all’improvvisazione, sono convinta che gli elementi vogliano manifestarsi senza troppe imposizioni. Mi piace ascoltare, sorprendermi, gioire di questa manifestazione.
Ci sono state reazioni al tuo lavoro per Gilgamesh?
Lo spettacolo ha avuto un impatto forte e positivo sul pubblico e sono contenta di averne potuto contribuire alla buona riuscita del progetto grazie ai video che, a quanto mi dicono, si sono integrati molto bene con la narrazione dell’epopea.
Prossimi progetti?
Sto terminando il mio secondo lungometraggio 100 preludi prodotto da Revok Film, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission (protagonista maschile Giovanni Calcagno) e scrivendo nuovi progetti tra il cinema e la lirica.
A cura di Saul Stucchi