In calce alla sua Cartolina da Madeira avevamo anticipato che avremmo parlato della mostra fotografica di Simone Cozzi Metromorphosis – Cronache di una città che sfugge, allestita alla Galleria Photobastei di Zurigo dal 15 settembre al 1° ottobre 2023 (la mostra ha il patrocinio del Comune di Milano). Lo facciamo intervistando l’autore delle fotografie, scrittore di romanzi gialli e collaboratore di ALIBI Online.
Com’è nata la mostra e perché a Zurigo?
L’idea della mostra è di Francesco Ziosi, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo. Ha visto alcune mie foto su Milano e mi ha chiesto se me la sentissi. In preda a un accesso di narcisismo incosciente, non ci ho messo molto ad accettare quella che, oggettivamente, per me era una sfida importante: in passato ho preso parte, con mie foto, a mostre fotografiche, e ho anche vinto qualche premio. Ma una personale tutta mia non l’avevo mai fatta.
È stata un’esperienza interessante, a tratti faticosa, spesso esaltante, che mi ha dato l’opportunità di vedere lati differenti di questa città strana e non sempre interpretabile. Pensavo di conoscere bene Milano ma, preparando la mostra, mi sono accorto che c’erano aspetti che ancora dovevo approfondire. È stata l’opportunità di una scoperta.
Come e quando hai realizzato le foto?
Ho realizzato circa 4 mila scatti, nell’arco di due anni, scattando nei fine settimana, a volte all’alba, o subito dopo il lavoro. Molti sono venuti inaspettati, mentre mi muovevo per la città per ragioni che esulavano dalla ricerca di inquadrature.
Ce n’è una che ho scattato a Piazzale Corvetto; guidavo verso sud e mi è apparsa la foto: non l’ho “progettata”, mi è apparsa lei; ho letteralmente buttato l’auto su un marciapiedi per riuscire a scattare. Credo che queste foto siano le più veritiere.
Spesso mi ha accompagnato mia figlia Rachele, e devo dire che il punto di vista di una ragazzina di tredici anni è stato utile: le mie fotografie sono sempre ragionate, lei mi ha regalato un po’ di istintività e di voglia di sperimentare.
A volte ho sentito un’intimità quasi commovente con i luoghi, come di recente quando mi sono aggirato per il Giambellino, o quando ho passato un’intera mattina in Piazza Axum cercando uno scatto decente dello Stadio di San Siro, luogo dove, da milanista, ho vissuto momenti bellissimi. Ma quella mattina, era un freddo giorno di primavera, ho visto quel contesto completamente spogliato del pathos sportivo, dei colori, della folla, dell’elettricità che anima le ore prima di una gara; e lo stadio mi è sembrato solo un rozzo esemplare di brutalismo rimaneggiato nei tardi anni Ottanta. Il re era nudo, e la foto che ho fatto racconta esattamente questo istante.
Come le hai selezionate e come saranno esposte alla galleria?
Milano è, più di altre metropoli, una città dove la discontinuità e l’alternanza fra il bello e il trasandato è la regola. Parigi ha una sua uniformità e una struttura; Roma ha uno stile, decadente da secoli, ma inconfondibile e magnifico: il centro è un abbacinante museo a cielo aperto, la periferia molto spesso un inferno. Per non parlare di Venezia.
Milano no: Milano ha questa strana capacità di accostare scorci affascinanti e belli ad angoli sconcertanti. È centro e periferia in ogni via, sciatteria ed eleganza che vanno a passeggio insieme. Ha ferite inferte dalla storia e da gestioni discutibili. Pertanto, il percorso espositivo è volutamente sconnesso, senza una struttura filologica.
Non avevo intenzione di fare una mostra patinata a uso e consumo di un potenziale turista, una carrellata di luoghi simbolici (oggi si direbbe “iconici”, ma questo abusato termine mi fa prudere le mani!): Instagram è piena di foto artificiose, frutto di un uso eccessivo di filtri e di scatti col drone.
Le mie foto sono imperfette, a tratti “sporche”, che seguono lo stile che ho appreso da mio papà, dal quale ho imparato a stampare il b/n e al quale mi accorgo di ispirarmi inconsciamente.
Alcune foto sono opache, altre sgranate. Percorrere questa mostra significa fare una passeggiata in un giorno qualunque per tutta la città. Il filo conduttore è il racconto di questa città non banale, come se stessi passeggiando con un visitatore che non l’ha mai vista e che si limita a osservare senza emettere giudizi di sorta.
Qual è il tuo rapporto con Milano?
Milano è la città dove sono nato, dove è nata mia figlia, dove passo la maggior parte del mio tempo “buono” (quello, cioè, libero dai vincoli del lavoro), anche se da lunghissimo tempo vivo in Brianza. La amo in modo acritico e sanguigno, e vivo con insofferenza le critiche di chi la approccia con prevenzione o di chi nemmeno ci è stato.
Certo, a volte delude, spesso esaspera. Ma è una città che assorbe e coinvolge, che si mette in discussione, che ha il coraggio di osare anche a costo di fallire: ma così facendo è sempre un passo avanti alle altre città italiane, senza che ciò voglia significare per forza una classifica di merito.
Credo che, per moltissime ragioni, fra cui il benessere diffuso, venga spesso giudicata con estrema severità, senza indulgenza, in nome di un pauperismo un po’ bigotto. L’ho raffigurata principalmente in bianco e nero, che è la mia cifra stilistica, come dicevo prima, riservando tendenzialmente il colore alle parti più popolane e periferiche, così come in tre dei miei romanzi ambientati nel primo dopoguerra la raffiguro sotto un’acroma coltre di neve e di ghiaccio, in contrapposizione con i colori di Mandello del Lario, i due poli in cui si muove il Delegato Vittorio Ripamonti, il protagonista.
I tuoi prossimi progetti?
Godermi la presentazione di questa mostra a Zurigo, intanto. Poi abbandonare per un po’ la macchina fotografica e riprendere a scrivere. Il Delegato mi sta già aspettando a pagina 80 della prima stesura di un romanzo che si intitolerà La lista di Socrate.
E poi continuare la collaborazione con ALIBI Online e con i Quaderni di ALIBI, un progetto che mi diverte molto.
Ma un giorno mi piacerebbe fare un’altra mostra personale. Mi interesserebbe fare il racconto di una giornata al mercato: una serie di primi piani a colori dei commercianti davanti alle loro bancarelle e dei loro clienti. Il primo piano, per me non abituato a fotografare esseri umani, sarebbe una grande sfida.
A cura di Saul Stucchi
Metromorphosis – Cronache di una città che sfugge
Informazioni sulla mostraDove
PhotobasteiSihlquai 125, Zurigo (Svizzera)
Quando
Dal 15 settembre al 1 ottobre 2023Orari e prezzi
Orari: mercoledì e domenica 12.00 – 18.00Da giovedì a sabato ore 12.00 – 21.00
Biglietti: ingresso gratuito