Dalle mie parti, in Brianza, ha destato un certo scalpore la notizia delle dimissioni di Fiorenzo Mandelli – a cui il Presidente della Repubblica Mattarella ha conferito nel 2018 l’onorificenza di Cavaliere “in considerazione di particolari benemerenze” – dal ruolo di custode del Santuario della Madonna della Rocchetta a Paderno d’Adda (LC).
Dalle mie parti e non solo, se è vero che sabato scorso (21 agosto, ndr) la notizia era richiamata in prima pagina sull’inserto Lombardia del Corriere della Sera, con un articolo a firma di Mariavittoria Zaglio dal titolo “Prete e custode, il duello del santuario” che sembra prefigurare scenari alla Guareschi. Ma in questo caso a fronteggiarsi non sono un don Camillo e un Peppone brianzoli.
Per capirci di più, quel sabato stesso ho contattato Fiorenzo, a cui ALIBI Online ha dato spazio negli anni scorsi per raccontare alcune delle sue numerose e varie iniziative per salvaguardare, far conoscere e tenere vivo il Santuario della Rocchetta. È stato proprio quell’impegno, profuso in oltre quindici anni di volontariato, a valergli il riconoscimento del Presidente della Repubblica. La stima, l’affetto e la riconoscenza di tanti turisti, pellegrini e visitatori sono arrivati ben prima e tornano in questi giorni a prestare testimonianza di solidarietà al custode (ormai ex) della Rocchetta.
Un caffè con Fiorenzo
Fiorenzo mi ha invitato a casa sua per un caffè. Stavamo chiacchierando seduti al tavolo del soggiorno da appena un minuto che è squillato il suo cellulare. “È don B.”, mi ha detto. Ho spento il registratore e ho girato lo sguardo verso le pareti della sala, per dargli agio di parlare con tranquillità. Sono rimasto colpito in particolare da due stampe del Monferrato. Nelle dieci pagine quotidiane de “I promessi sposi” – da inizio estate sto rileggendo per la terza volta il capolavoro del Manzoni – mi sono ritrovato nel capitolo XXXII, uno di quelli dedicati alla peste. Mentre osservavo le stampe avevo ancora nelle orecchie le amare esclamazioni dell’autore: “Tanto importava il prender Casale! Tanto par bella la lode del vincere, indipendentemente dalla cagione, dallo scopo per cui si combatta!”.
Naturalmente mi era impossibile non sentire quello che Fiorenzo stava dicendo all’interlocutore. Gli ha riassunto in una manciata di minuti quello che è avvenuto a metà luglio e poi, consigliato dalla moglie che intanto mi aveva portato il caffè, ha spento il telefono, per riprendere il filo dalle reazioni di diversi sacerdoti alla notizia delle sue dimissioni. Vogliono sapere anche loro e si meravigliano che la chiesa della Rocchetta sia stata chiusa.
Gli ho chiesto allora di fare un passo indietro per rievocare l’inizio della faccenda. E il suo racconto è tornato all’ormai famoso “processo” intentatogli a Porto. Quando il parroco, don Emidio Rota, l’ha convocato lì, nonostante lui abiti a Cornate, Fiorenzo si è un po’ meravigliato, ma non tanto da insospettirsi. Il sospetto gli è invece sorto quando, appena entrato nella sala, ha visto disposte otto sedie. Si sono poi presentate tre persone del consiglio economico e altre quattro che Fiorenzo non aveva mai visto prima. Gente che non è mai venuta alla Rocchetta in tutti gli anni in cui lui ne è stato il custode, ha tenuto a sottolineare.
Nonostante abbia un sacerdote in famiglia, non sono molto addentro alle cose della chiesa. Così Fiorenzo ha dovuto spiegarmi che un consiglio pastorale unificato raggruppa le tre chiese di Cornate, Colnago e Porto d’Adda. I due vicari del parrocco, ha aggiunto subito, non sapevano niente della faccenda e ne sono rimasti meravigliati. Secondo Fiorenzo i suoi “accusatori” costituiscono un gruppo ristretto di Porto. Un gruppo molto più ampio gli sta invece manifestando solidarietà, fin da quando si è diffusa la notizia delle sue dimissioni.
Silenzio assordante
Gli ho chiesto se, avuto tempo per far decantare le emozioni, si senta ora più offeso, stupito o amareggiato. Di sicuro gli ha dato fastidio la modalità con cui gli sono state comunicate le novità – tra divieti e richieste – che l’hanno spinto a dare le dimissioni. Ha ribadito più volte di non aver mai ricevuto dal parroco una risposta alle relazioni che nel tempo gli ha mandato, nemmeno un semplice “sì, grazie” a mo’ di riscontro. Mentre lo diceva, mi venivano in mente altre persone che occupano posti di una qualche responsabilità che hanno questa abitudine che qui mi accontenterò di definire “poco rispettosa”.
E prima, invece? C’era un dialogo diverso con il parroco precedente, anche se era più anziano. Ma quale motivazione si è dato per spiegarsi il “processo” che gli è stato intentato? Una sola: l’indivia. E si è accalorato: “Sui giornali esce sempre: «Rocchetta e Fiorenzo. Fiorenzo e Rocchetta». E certo! Se venite anche voi…”. E invece in tutti questi anni è stato Fiorenzo Mandelli a tagliare l’erba, a fare i lavori manuali, a tenere aperta la chiesa, a ricevere i pellegrini…
A quella convocazione gli è stato chiesto di indicare la sua disponibilità, specificando i giorni e gli orari. Fiorenzo ha risposto che con questa stessa richiesta “loro” dimostrano di non capire la situazione. Mi ha infatti spiegato che, a differenza di quanto avviene con le altre chiese del territorio, la presenza di visitatori e pellegrini alla Rocchetta è strettamente legata alle condizioni atmosferiche.
Attraverso le email Fiorenzo ha sempre gestito le richieste di visite, mettendosi d’accordo con gruppi dell’oratorio, pellegrini e visitatori. “Il mio è un volontariato – ha detto loro -. Se mettete dei cartelli con le indicazioni, io sono costretto ad andare là anche se piove per tre giorni e so che non passa nessuno”.
Sotto la neve
La voce si incrinava di emozione quando descriveva i matrimoni che sono stati officiati alla Rocchetta e il suono della campana che lui faceva suonare per l’Ave Maria o l’Angelus del papa. Iniziative a cui è contrario l’attuale parroco che gli ha proibito di accettare richieste di celebrazione di matrimoni e anniversari. Nonostante Fiorenzo abbia cercato di spiegargli le motivazioni, da parte del parroco c’è stata totale chiusura e Fiorenzo ha dovuto adeguarsi. “Di tutte le altre cose, di tutti gli altri lavori il don non si è mai interessato”, ha sottolineato ancora.
“Né in senso positivo, né in senso negativo? Magari con indicazioni di fare o non fare qualcosa…”, gli ho chiesto. Per rispondermi mi ha raccontato un episodio dello scorso dicembre, quando c’è stata una forte nevicata. Appena sveglio, Fiorenzo è partito prestissimo da casa per andare al Santuario a verificare se ci fossero danni.
Consentitemi a questo punto una piccola parentesi: io e Fiorenzo abitiamo nello stesso paese, a soli 800 metri di distanza. Per andare a intervistarlo ho coperto questa breve distanza in auto… “Male!”, mi direte voi. Lo so. Quello che non sapevo – a rivelarmelo è Google Maps – è che da casa di Fiorenzo alla Rocchetta ci sono 7 chilometri e mezzo, con un tempo di percorrenza indicato di un’ora e mezza in condizioni meteorologiche normali. Vi lascio immaginare la difficoltà dopo una forte nevicata.
Fiorenzo però non ha avuto tentennamenti: è andato alla Rocchetta a piedi, munito di pila. “L’è mei andà a pè cumè un barbùn, che ciapà la macchina e andà in dal buròn” (“è meglio andare a piedi come un barbone, che prendere la macchina e finire in un burrone”), diceva suo nonno e lui ne ha messo in pratica il consiglio. Il parroco invece – ha proseguito Fiorenzo – non si è mai interessato, dopo un forte temporale o una nevicata, di sapere se tutto andasse bene alla Rocchetta.
La Rocchetta su Facebook
Un’altra accusa che gli è stata mossa durante il “processo” è di essersi “appropriato” del nome del Santuario per l’omonima pagina Facebook. Fiorenzo ha fatto loro notare che non ha un account Facebook. Non per niente, mi ha spiegato, ma perché non ne ha il tempo, tra la custodia della Rocchetta e l’amata nipotina. Qualche minuto dopo mi avrebbe mostrato due foto che lo ritraggono con lei mentre salgono alla chiesetta, sotto le quali corre questa dedica: “Il mio amore per te, nipote carissima, è raccolto nel mio animo, e depositato, per sempre, nel cuore della Rocchetta”.
La pagina Facebook è stata aperta anni fa da un suo amico per pubblicare le foto delle varie iniziative. Al momento di scrivere questo articolo il gruppo pubblico “Santuario della Madonna della Rocchetta” ha 1121 membri, superato dal gruppo “Io sto con Fiorenzo, io sto con la Rocchetta” che ne ha già 1329, pur essendo stato creato pochissimi giorni fa.
“Comunque la si veda, non è una bella pubblicità”, ho commentato. Fiorenzo era d’accordo con me. Gli sarebbe andato bene se il parroco l’avesse chiamato da solo, per parlarne tra di loro. Invece si è trovato davanti a una commissione esaminatrice. E ora? Prima di tutto si aspetta delle scuse, da parte e davanti alle stesse persone che gli hanno intentato il processo. E poi vuole indicazioni scritte da sottoscrivere tanto lui come il parroco. “E ti sembra fattibile?”, gli ho domandato. “Ah, no. Non penso che il don lo farà”. Gli brucia in modo particolare il non aver potuto difendersi pubblicamente.
Nei primi giorni dopo il “processo” è rimasto come tramortito, confessava la moglie. Lui ha ripreso il racconto dicendo che ha aspettato a scrivere le lettere che ha inviato a diversi sacerdoti e amici. Ci ha pensato bene, ma poi si è deciso perché non vuole essere preso in giro. Si rimprovera soltanto l’ingenuità di non aver chiesto il motivo della convocazione a Porto.
La statua di Leonardo
Anche le rimostranze per la statua di Leonardo da Vinci, posta nel 2019 in occasione dei cinquecento anni della morte del genio rinascimentale, le spiega con l’invidia. L’idea era stata sua, anche se aveva pensato piuttosto a una targa. Fu il sindaco di Paderno a proporre la statua. Insieme andarono a casa del parroco per spiegargli il progetto e ne ottennero l’avallo. Durante il “processo” una parrocchiana si è scagliata contro la statua, contestando aspramente l’accostamento di Leonardo con la chiesa della Rocchetta. “Chi non fa nulla, giudica” è stato l’amaro commento di Fiorenzo.
Durante la nostra chiacchierata, in più occasioni Fiorenzo è tornato sull’argomento delle offerte, sottolineando che le ha sempre rendicontate. Quando arrivavano gruppi di pellegrini e i soldi raccolti erano tanti (anche diverse centinaia di euro), Fiorenzo andava subito a consegnarle in parrocchia, chiedendo due righe di ricevuta. Negli altri casi aspettava di raggiungere una cifra significativa. Ma ha tenuto a ribadire che in tanti anni non ha mai trattenuto un solo euro e ha preferito sorvolare su quanto, invece, ci ha messo di suo per la manutenzione della Rocchetta, perché l’ha fatto per passione e con piacere.
Dopo tanti anni di volontariato, di certo si aspettava un trattamento diverso. Mentre mi mostrava una parte della documentazione che ha archiviato nel tempo, gli ho fatto i complimenti per come la tiene in ordine. Sorridendo ha detto alla moglie che quando passerà a miglior vita lei dovrà consegnare a me quelle carte. “Ce n’è da scriverne un libro!”. Io mi sono schermito ridendo e intanto pensavo alle carte del vescovo Angelo Ficarra arrivate nelle mani di Leonardo Sciascia. Con quelle scrisse “Dalle parti degli infedeli” che si apre con questa citazione di Pascal:
“Il servo non sa quel che fa il suo padrone, poiché questi gli dice soltanto dell’azione, non del fine da raggiungere; e perciò vi si assoggetta servilmente e spesso peccando contro il fine. Ma Gesù Cristo ci ha insegnato il fine. E voi lo distruggete”.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Un ritratto del Cavaliere Fiorenzo Mandelli
- Fiorenzo Mandelli accoglie l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, al Santuario della Madonna della Rocchetta
- Il Santuario della Rocchetta sotto la nevicata del 2020