Ieri sera al Piccolo Teatro Studio Melato è andata in scena la prima milanese de Il fuoco era la cura del collettivo Sotterraneo, dopo il debutto in prima assoluta al Teatro Metastasio di Prato che produce lo spettacolo insieme al collettivo, al Piccolo e a Emilia Romagna Teatro ERT. Si potrà vedere fino a domenica 26 maggio, per chi ha prenotato per tempo i biglietti, ormai esauriti per tutte le repliche.
La recita di ieri è stata accolta da calorosi applausi del pubblico e da qualche perplessità di chi scrive queste righe. Credo che l’entusiasmo si spieghi con l’apprezzamento per il ritmo veloce, il registro ironico, l’energia dei giovani interpreti. A pensarci bene sono più o meno gli stessi elementi che non mi hanno convinto in questa proposta liberamente ispirata al celebre romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, uscito poco più di settant’anni fa, nel 1953.
Quanto è cambiata la nostra società da allora? Quanto la nostra democrazia (“e chi ce l’ha”, chioserebbe Rino Gaetano, ma alla musica tornerò tra breve)? Si è realizzata la catastrofica profezia di Bradbury? Che i libri siano in pericolo e i loro autori pure è drammaticamente evidente. Non ultimo lo dimostra l’attentato a Salman Rushdie che ha appena pubblicato un’opera – Coltello – per raccontare l’attentato subito nel 2022, a causa del quale ha perso un occhio e rischiato la vita.
Qua e là per il mondo si bruciano libri, non solo metaforicamente. Mettere al bando titoli contrari alla propria ortodossia è pratica ormai sdoganata e uno dei tanti campi di battaglia in cui si combattono le guerre culturali di oggi. Che sono le stesse di ieri e di sempre. Lo ricorda anche la carrellata di roghi celebri, da quello del faraone “eretico” Akhenaton a quello dei nazisti nel 1933, passando per Savoranola, prima carnefice e poi vittima della cura del fuoco.
Il collettivo rilegge il romanzo distopico alla luce deformante dei nostri dispositivi che mettono in circolo fake news, avvelenando i pozzi della convivenza civile. Due schermi propongono versioni della realtà, o sue interpretazioni, alternative. A quali il pubblico, ogni singolo spettatore, crede?
Suddiviso in tre parti, anticipate da un prologo e chiuse da un epilogo, Il fuoco era la cura mi è parso una sequenza di quadri staccati tra loro, con piccoli balletti a fare da cornice. Ho trovato eccessivo il ricorso ai brani musicali, peraltro tutti molto efficaci, selezionati perché ispirati a opere letterarie, come Moby Dick per l’omonima canzone dei Led Zeppelin e Alice nel Paese delle Meraviglie per White Rabbit dei Jefferson Airplane.
Le canzoni a teatro, a mio modesto parere, andrebbero centellinate cum grano salis perché rischiano di falsare il sapore dello spettacolo (è quello che succede, di solito, nelle recite scolastiche, in cui si pecca per eccesso di effetti e sottolineature).
Molti gli spunti su cui il lavoro invita a riflettere, a cominciare dal libro che ciascuno di noi sceglierebbe se dovesse prendersi il compito di salvarlo dalla distruzione («Profondo è il pozzo del passato. O non dovremmo dirlo imperscrutabile?» è l’incipit del mio), per proseguire con i cambiamenti della lingua. Mi riferisco, per esempio, all’uso della n-word nella traduzione italiana del film di Truffaut su cui ci si sofferma in una scena (ma il film è un punto di riferimento costante). Ma anche all’edulcorazione in “stronza” del più greve pute con cui Flaubert insulta la sua eroina, consapevole di averle regalato un’immortalità a lui negata.
In tutto questo gran parlare di libri (salutare, sia chiaro!), mi è venuto da pensare a un tratto – per la prima volta – che il Piccolo Teatro Studio sarebbe una biblioteca stupenda. Ma per ora i libri sono soltanto nel foyer, selezionati dai protagonisti della stagione teatrale. Toni Servillo, che stasera andrà in scena allo Strehler con Puccini, Puccini, che cosa vuoi da me? di Giuseppe Montesano, ha scelto I promessi sposi. Come inizia lo sappiamo tutti. Per ora.
Saul Stucchi
Foto di Masiar Pasquali
Il fuoco era la cura
liberamente ispirato a “Fahrenheit 451” di Ray Bradburycreazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
con Flavia Comi, Davide Fasano, Fabio Mascagni, Radu Murarasu, Cristiana Tramparulo
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
abiti di scena Ettore Lombardi
suoni Simone Arganini
coreografie Giulio Santolini
oggetti di scena Eva Sgrò
tecnica Monica Bosso
amministratrice di compagnia Luisa Bosi
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Piccolo Teatro Studio Melatovia Rivoli 6, Milano
Quando
Dal 21 al 26 maggio 2024Orari e prezzi
Orari: martedì, giovedì e sabato 19.30mercoledì e venerdì 20.30
domenica 16.00
Durata: 90 minuti senza intervallo
Biglietti: intero platea 40 €; intero balconata 32 €