Qualche settimana fa abbiamo sottoposto al giornalista e scrittore Luigi Mascheroni un questionario “proustiano” sui libri. Dopo aver recensito “L’audacia e l’insolenza. Sul disordine dei nostri libri” (Graphe.it), abbiamo proposto il questionario anche all’autore Massimo Gatta, bibliotecario dell’Università degli Studi del Molise, studioso di editoria del Novecento e direttore editoriale di Bibliohaus. Qui sotto potete leggere le sue risposte.
Quali sono i criteri che regolano la disposizione dei suoi libri?
Quando ho iniziato a comprare libri con una certa regolarità, circa quaranta anni fa, mi interessavo di poesia, delle avanguardie storiche sia artistiche che letterarie, di letteratura napoletana, arte e di poco altro. Poi ho iniziato a invadere sempre più campi e settori, accumulando autori, tematiche, curiosità bibliografiche, mantenendo però sempre uno spiccato interesse per una serie di autori e di ambiti letterari.
Lentamente mi accorsi che gli interessi ormai erano talmente tanti, e diversi tra loro, che la ricerca di libri, opuscoli, cataloghi ecc. andava infittendosi giornalmente. In quegli anni ci fu quindi il passaggio da un normale acquisto di libri, diciamo una decina al mese, ad un abnorme accumulo di carta, compresi tutta una serie di sottoinsiemi legati comunque al libro (ex libris, segnalibri, marche tipografiche, etichette, sovraccoperte).
Napoli, la mia città, era in quegli anni, anche se molto meno lo è ancora, una miniera inesauribile di libri di seconda mano tra i quali non era raro trovare vere e proprie preziosità a prezzi irrisori. Anche la presenza di decine di librerie dell’usato, centinaia di bancarelle, rivenditori, favoriva l’approvvigionamento di materiale di un certo pregio.
Negli anni Ottanta iniziai a interessarmi alla bibliografia e iniziò il mio percorso in quel settore, anche per vari interessi che nel frattempo erano nati per la tipografia privata, l’editoria del Novecento, l’ex libris, l’editoria delle grandi avanguardie, l’editoria aziendale. Oggi, a distanza di tanti anni, e per uno che ha appena mandato in libreria un elogio del disordine libresco (“L’insolenza e l’audacia. Sul disordine dei nostri libri”, Perugia, Graphe.it edizioni), è difficile rispondere a questa domanda.
In una prima fase c’erano nella mia biblioteca dei possibili percorsi tematici, dei settori specifici anche abbastanza ordinati, pur non essendo mai stato un amante della collocazione perfetta e nevrotica. Nella seconda parte sono invece progressivamente saltati quasi tutti i sistemi classificatori e quindi oggi posso tranquillamente e serenamente affermare di non avere alcun criterio per la disposizione dei miei libri, che accumulo con inesauribile felicità e senza pormi alcun problema.
Quanti libri ha in formato cartaceo? E quanti in digitale?
Ho solo libri in formato cartaceo, diciamo ad occhio sui 22/23 mila volumi. Non ho nessun libro in formato digitale. Anni fa alla fine di un corso di alfabetizzazione al libro e alla lettura che tenni coi ragazzi delle scuole elementari e medie i genitori mi fecero un dono, un lettore Kindle, che credo sia ancora ben imballato nella sua custodia.
Qual è la percentuale dei libri non letti?
Questa è una bella domanda che viene fatta di rado. Sarei felice di poter rispondere: circa il 70%, ma la verità è che stiamo purtroppo solo sul 25/30%.
Quanti, invece, sono i libri letti ma non posseduti?
Io lavoro, studio, scrivo, faccio ricerca, pubblico, lavoro come direttore editoriale, come bibliotecario universitario, ecc. UNICAMENTE basandomi sui libri della mia biblioteca, e questo fin dall’inizio.
Non sono mai riuscito a fare ricerca seria in biblioteche pubbliche, e meno che mai a leggere in esse (sarà accaduto in giovane età diciamo una decina di volte), le frequento pochissimo e credo che, almeno in Italia, esse siano spesso un serio ostacolo alla ricerca bibliografica e allo studio; del resto i due celebri scritti di Eco e di Canfora a tale riguardo sono emblematici. E poi resto fedele a quanto scrisse molti anni il grande bibliografo George Thomas Tanselle: i peggiori nemici dei libri sono i bibliotecari.
Quali sono i titoli più importanti che mancano?
Mancano talmente tanti libri che sarebbe frustrante, ed esiziale, farne un pur minimo elenco. Del resto i libri che mi mancano sono gli stessi che alimentano il desiderio, la passione, la speranza di poterli un giorno trovare e acquisire. Quel giorno non arriverà mai, ovviamente, ma questa attesa è molto utile e produttiva, mantiene svegli e attenti.
Quali sono le perdite più gravi?
Nessuna perdita, nessun prestito non restituito, nessun titolo smarrito. Non ho mai perduto una sola pagina, non ho mai prestato alcun libro neppure a mia moglie, preferivo comprarne una seconda copia per dargliela in lettura, non ho mai smarrito un libro un opuscolo un foglio volante.
Ho subito solo qualche piccolo danno materiale, ad esempio a causa del mio amato cagnolino Charly che da cucciolo mi rosicchiò bellamente parte dell’importante volume celebrativo della Skira, che avevo impiegato tempo per avere. Ma Charly poteva fare tutto, era il padrone dei miei libri e la sua scomparsa è stata devastante. Oggi darei metà dei miei libri se lui potesse ancora essere con me.
Qual è il libro più prezioso che possiede?
Non saprei. Non mi reputo un bibliofilo ma un bibliografo e ho sempre acquistato quello che potevo permettermi, cioè molto poco. Diciamo comunque: alcune rarità di Munari, di Croce, un trattato di calligrafia del ‘500 meraviglioso, il celebre volume settecentesco di Gaetano Volpi, una serie di plaquette rare, molte pubblicazioni aziendali, curiosità bibliografiche spesso stampate in pochissime copie, e la più importante raccolta privata di opere di Gino Doria, lo scrittore e giornalista napoletano del quale mi interesso da trent’anni e del quale raccolgo tutto.
Quali sono i 10 libri che salverebbe da un incendio?
Uno solo: le lettere di stampatori italiani del XX secolo che Michele Ugo Buonafina stampò sibi et amicorum in una sessantina di copie col torchio che fu del grande Franco Riva. E poi magari uno solo dei tanti titoli di Angelo Maria Ripellino, del quale credo di possedere tutto il pubblicato, anche in prima edizione, uno dei miei amori letterari degli anni Novanta.
Su quale libro è vergata la dedica a lei più cara?
Non ho libri con dediche, o sono pochissimi. Conservo con molto affetto quelle di Giampiero Mughini, amico e maestro. Tengo anche molto a una dedica di Croce sulla sua rarissima editio princeps del Contributo alla critica di me stesso, che stampò nel 1918 per gli amici in sole 100 copie.
Che fine faranno i suoi libri?
Verranno tutti venduti e dispersi, perché tanti altri potranno così godere per gli stessi motivi. I libri devono, prima o poi, tornare nel maremagnum della vita, passare di mano in mano, essere goduti da più persone possibili. Mai lasciare i propri libri alle biblioteche, ai familiari o ad altre istituzioni pubbliche o private che non saprebbero apprezzarle, oppure non come avremmo desiderato noi.
A cura di Saul Stucchi
Massimo Gatta
L’insolenza e l’audacia. Sul disordine dei nostri libri
Graphe.it
Collana Parva
2021, 112 pagine
8,50 €