Forse la premessa che sto per fare non è del tutto incoerente con quello che seguirà; almeno questa è la mia intenzione… Qualche giorno fa ho visitato per la prima volta il Museo di Art Brut a Losanna. Si tratta della prima e tuttora più significativa raccolta di opere d’arte “grezza”, ovvero realizzate da persone prive di una tradizionale preparazione accademica e accomunate da esperienze di disagio mentale e sociale. Conoscendo questi criteri selettivi, mi sono approcciato alle opere in qualche modo già condizionato e invece avrei preferito una scoperta più naturale e “neutra”. A parer mio, infatti, le opere d’arte vanno considerate senza alcun “pre-giudizio”, né positivo, né negativo. La stessa cosa vale per gli spettacoli teatrali, tanto più per quello che è in scena fino al 28 novembre al Teatro Litta di Milano e che ho visto ieri sera. Non vi svelerò la caratteristica che rende “eccezionale”, nel senso di fuori dalla norma, il dramma Land Lover. La terra dell’amore. Io non l’ho colta nemmeno dopo gli applausi del pubblico alla fine dello spettacolo e solo a metà dell’incontro con l’autore del testo Gianfranco Berardi, la drammaturga Renata M. Molinari e Franco Quadri, direttore editoriale di Edizioni Ubulibri, tenutosi subito dopo, mi sono reso conto che la cecità non consiste tanto nel non vedere, quanto piuttosto nel non saper vedere (sta qui la tragicità del dramma greco, sintetizzata in modo sublime e insuperabile dalla vicenda di Edipo, stolto da vedente e saggio da cieco). Ma questa “disattenzione” è stata un bene, confermo: in questo modo ho potuto assistere alla rappresentazione senza alcun pregiudizio che avrebbe potuto “compromettere” non tanto la valutazione per la successiva recensione, quanto il godimento dello spettacolo in sé.
Quello che si svolge sul palcoscenico è il racconto della collisione tra quattro asteroidi alla deriva nello spazio infinito della solitudine cosmica. Si avvicinano tra loro, si sfiorano, si toccano e si respingono perché non possono seguire la stessa traiettoria che per poco tempo. C’è il “puttaniere” mammone che ha visitato mezzo mondo senza peraltro riuscire a sbarazzarsi del suo provincialismo da Bassa padana; l’invasato in perenne lotta con il malocchio, dispensatore di consigli e ricette, ma a sua volta insicuro e solo; il trans che vuole abbandonare la strada ed è pronto a fidarsi del primo venuto pur di aver qualcuno con cui vivere e l’esagitata new-age che le ha provate tutte ma ancora non ha trovato il coraggio di liberarsi del Cerbero a tre teste che la imprigiona a casa. Tutti cercano l’amore, declinato ciascuno secondo il proprio bisogno, ma non lo trovano e difficilmente lo troveranno mai. Eppure il finale non arriva su un segno di resa, ma anzi lascia aperto uno spiraglio di speranza o almeno comunica la volontà di un ulteriore tentativo, mentre i faretti illuminano la carrozzina rimasta vuota. Gli handicap, anche quelli del cuore, non sono un alibi.
Saul Stucchi
Land Lover
La Terra dell’amore
Testo e regia Gianfranco Berardi
Aiuto regia Gabriella Casolari
Con Gianfranco Berardi, Gabriella Casolari, Roberto De Sarno e Eugenio Vaccaro
Collaborazione drammaturgica Elle Morano
Scene Grazia Bono e Aldo Zucco
Dal 19 al 28 novembre 2010
Teatro Litta
Corso Magenta 24
Milano
Info e prenotazioni: tel. 02.86454545
Repliche dal martedì al sabato 20.30; domenica 16.30; lunedì riposo
Biglietto: intero 18 €; ridotto 9 €
Foto di Marco Davolio